[b]Iniziativa araba: Olmert è disponibile alla trattativa
[/b]Dalla STAMPA del 31 marzo 2007, una cronaca di Aldo Baquis:

Ehud Olmert ha finalmente buone notizie per gli israeliani. «Sogno che entro 5 anni faremo la pace con tutti i nostri nemici», ha detto in una serie di interviste nell’imminenza della Pasqua ebraica.
Da mesi attorno a sé il premier vede di frequente volti mogi. L’inconcludente guerra in Libano con gli Hezbollah, il radicarsi del controllo di Hamas nei Territori, gli scandali politici ricorrenti nei palazzi di potere a Gerusalemme sono alla radice della crescente impopolarità del suo governo, in generale, e sua in particolare.

Ma adesso il vertice della Lega araba e l’iniziativa di pace saudita possono forse influenzare gli umori degli israeliani. Olmert è stato veloce a cogliere l’occasione per lanciare una ventata di ottimismo e per «dettare» i titoli dei giornali. «Pace in 5 anni», esclamava ieri a tutta pagina Yediot Aharonot, principale tabloid di Israele.
«Accadono cose che non accadevano in passato», ha osservato. «Il vertice arabo di Riad e il fitto dialogo fra me e il presidente palestinese Abu Mazen fanno parte di un’attività politica intensa, che certamente dischiude opportunità politiche».
Dall’Arabia Saudita, ha aggiunto, «giungono idee interessanti». Se fosse organizzata una conferenza internazionale sarebbe disposto a partecipare, anche se Israele, ha ribadito, ritiene essenziale un dialogo diretto con i palestinesi che può effettivamente essere puntellato dai Paesi arabi moderati. C'è un Medio Oriente che sta cambiando, ha detto ancora Olmert agli israeliani. Dopo un lungo letargo il gigante saudita si sta risvegliando e vuole essere protagonista. Il suo stimolo immediato, nella visione israeliana, è l'insieme di attività iraniane in Iraq, Libano e Gaza. I Paesi arabi moderati comprendono che la minaccia, anche per loro, non è Israele ma l'Iran di Ahmadinejad.
Eppure – ha proseguito Olmert – la strada delle trattative e della pacificazione non è ancora spianata. I palestinesi, innanzi tutto, «devono uscire dall'angolo del fondamentalismo estremista in cui si sono cacciati, che li ha separati dal mondo». Il premier Ismail Haniyeh, ha dichiarato Olmert al settimanale Time, ha versato un milione di dollari a un gruppo armato palestinesi affinché compia attentati: dunque «è un terrorista». Il presidente Abu Mazen è invece un interlocutore gradito a Israele. «Ma il suo problema è che rappresenta una corrente di minoranza nello Stato palestinese», ossia al-Fatah.
Un altro ostacolo grave è rappresentato, agli occhi di Olmert, dalla richiesta araba di risolvere la questione dei profughi palestinesi sulla base della risoluzione 194 delle Nazioni Unite.

Sarebbe stato più corretto scrivere sulla base della loro interpretazione della 194, che in realtà chiede una soluzione del problema dei profughi nell'ambito di un accordo di pace, non l'ingresso di milioni di profughi (e discendenti) arabi (ci sono anche i profughi ebrei) in Israele

Per Israele invece la pace deve avvenire fra uno Stato ebraico omogeneo e uno Stato palestinese: nessun governo di Gerusalemme accetterà mai l'ingresso nel proprio territorio di profughi palestinesi.
In Israele le interviste (in cui Olmert ha anche vantato i successi economici e sociali conseguiti dal suo governo in questi 12 mesi) sono state viste come un tentativo di risollevare gli indici di popolarità, prima della pubblicazione ad aprile di un rapporto negativo sulla gestione della guerra in Libano. Agli opinionisti che già discutono del dopo-Olmert, il premier in carica ha voluto far presente che con un’economia in espansione e con accordi di pace dietro l'angolo sarebbe un vero peccato se fosse costretto a gettare la spugna.

[b]www.lastampa.it

http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=6&sez=120&id=19999
[/b]

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.