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[b]Dalla cultura alla politica, dal Salone del Libro a Informazione corretta. Scrittore, intellettuale, rivoluzionario, idealista, o…? Qualche dettaglio, magari poco noto, per raccontare come sei divenuto ciò che ora sei.[/b]

Da quando ho incominciato a ragionare mi sono reso conto di alcuni aspetti della società nella quale vivevo che andavano contro il mio modo di intendere la vita. Ho cominciato con la professione, che mi ha consentito di diffondere la cultura americana che è stata una delle passioni delle mia vita grazie all’incontro con Fernanda Pivano. Insieme a quella americana è arrivata subito dopo quella ebraica, l’altro grande interesse che ho avuto fin da ragazzo. Il passo verso Israele è stato conseguente. Il mezzo per fare cose concrete è stata la politica, negli anni ’70 con il partito radicale, che mi ha insegnato cos’è la democrazia liberale. Ho anche fondato nel ’71 il Fuori !, il primo movimento di liberazione omosessuale in Italia, perché non stavo a mio agio nei panni ipocriti che ero costretto a indossare. Come si fa con le insalate miste, si mischia il tutto, e si guarda al risultato. Ma il giudizio, come è ovvio, non spetta a me darlo.

Il tuo impegno, o meglio, la tua "scelta di vita" nei confronti di Israele. Dagli anni '80 ad oggi, tra soddisfazioni e incidenti, come e in che quale prospettiva si e' evoluta? Fino a quale punto ha avuto, e ha, riflessi su un'opinione pubblica ormai preconfezionata?
Ho sempre cercato una posizione equilibrata, non essendo fra quelli che amano ad occhi chiusi. Per esempio, mi ha sempre dato fastidio sentirmi dire che sono amico degli ebrei, come se si potesse amare o odiare al plurale. Essere amico di Israele per me vuol dire difenderne le ragioni, non tessere elogi. Che avolte sono meritati a volte no. Ma in Italia, un paese dove è possibile tutto e il contrario di tutto, c’è una cosa sola che non è consentita: difendere Israele. Si è visti male da quasi ogni parte politica e anche nel campo ebraico si corrono rischi mica male. Gli ebrei non hanno ancora capito che ottengono il rispetto della società solo in due casi: il 27 gennaio, giornata della memoria, nella quale gli ebrei in questione sono solo quelli sterminati e se, quando si parla di Israele, se ne mettono in evidenza critiche e condanne. Non pochi accettano, in cambio dell’accettazione sociale.

Parliamo di Informazione Corretta. Nell'ambigua situazione politica e culturale italiana di oggi, "correggere l'informazione" quale significato assume nel profondo? E quali restano i maggiori rischi di un'informazione che, almeno credo, resta sempre troppo manipolata?
L’esperienza di Informazione Corretta, che in pratica significa leggere tutte le mattine quello che esce sui nostri media su Israele, Medio Oriente e arabo, è stata ed è molto istruttiva. Mi ha fatto capire, e riconoscere – ma era già preparato da esperienze precedenti – come il pregiudizio anti ebraico sia un’erba maligna difficile da estirpare. E che, senza Israele, gli ebrei, a meno di rinunciare alla propria identità/dignità, tornerebbero ad essere dei cittadini di serie B. Per questo, pur conoscendo e guardando con occhio critico alla società israeliana, ho scelto di metterne in evidenza più i meriti che i difetti. I quali ci sono, ma diventano ben poca cosa se guardiamo a Israele nel suo insieme. In un secolo che ha conosciuto solo guerre e distruzioni, l’unico miracolo è la rinascita dello Stato ebraico. Certo, con difficoltà ed anche errori, ma questo fa parte della storia di ogni Stato.

Rimanendo nel contesto italiano, come si presenta attualmente la visione nazionale di Israele, e della situazione mediorientale? Come pensi potrebbe mutare nel tempo, anche in merito alle "relazioni pericolose" della politica estera italiana?
Smetterla con l’ipocrisia degli eufemismi, smetterla con gli “ Israele nonostante”, smetterla di attaccare gli amici di Israele e firmare gli appelli che riuniscono il peggio della “cultura” italiana anti-israeliana (penso all’appello contro Magdi Allam, firmato anche (per fortuna pochi) ebrei.

Abbiamo visto che chi sostiene Israele viene spesso incolpato di ledere l'identita' dell'Islam diffondendo accuse generalizzate, inattendibili o comunque "di parte". Ma in realta', esiste davvero il rischio di superare il limite della correttezza informativa, scadendo in una sorta di "fondamentalismo occidentale"?
Credo che il “fondamentalismo occidentale”, sempre che esista ancora rispetto alla sua storia passata, sia niente in confronto al pericolo del fascismo islamista. Invece di aiutare la parte moderata dell’islam, la nostra società occidentale si allea con quella parte dell’islam che mira alla distruzione del nostro sistema di vita. Che non sarà perfetto, ma un paradiso rispetto al califfato mondiale che le varie sigle del terrorismo islamista vorrebbero edificare.

In un panorama così controverso, come si delinea il ritratto dell'Unione Europea? Istituzione eterogenea, impotente e dominata dal pregiudizio, dalla paura e dai sensi di colpa, o potenziale tratto d'unione tra Medio Oriente e Occidente?
Vale la prima ipotesi. L’Unione europea soffre gli stessi mali dell’Onu, che è un organismo dominato da una maggioranza di Stati del terzo mondo. L’UE, anche se in modi differenti, non dà alcun contributo all’affermarsi della democrazia, non riuscendo a vedere nel fascismo islamico, quel pericolo che rappresenta. In questo campo l’attuale politica estera del governo italiano è illuminante. Severa con Usa e Israele, cieca e sottomessa a Iran, Siria e dittature varie.

Un pensiero finale, se vuoi, per tutti quanti stanno dalla parte di Israele… che mi auguro non siano pochi.
Non remare contro, dare invece una mano.

Elisa M. Mino
Milano 29/07/07

 

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