[img]/new/e107_images/newspost_images/fiamma_nirestein.jpg[/img]

[b]
Dal GIORNALE del 26 ottobre 2007, un articolo di Fiamma Nirenstein[/b]

Forse ha aspettato troppo il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon quando, in un rapporto per il Consiglio di Sicurezza, mercoledì ha dichiarato «sconcertante e in piena contraddizione con i termini della risoluzione 1559» il fatto che gli Hezbollah abbiano «ricostruito e persino aumentato la loro capacità militare» rispetto a quel luglio del 2006 in cui trascinarono Israele in guerra.

Questo ha significato per il sud del Libano, scavi, mura, rifugi, corridoi, missili e uomini dal confine siriano per conto della Siria e dell’Iran: niente di invisibile. E forse è tardi, a un mese dalle elezioni in Libano, anche per l’altra denuncia di Ban Kimoon quando nel rapporto tratta del legame della Siria con organizzazioni terroriste in Libano come Fatah al Islam affiliate ad Al Qaida. Queste informazioni rappresentano, insieme al riarmo di Nasrallah, un forte grido d’allarme sul futuro del Libano manipolato dalla Siria e dal suo sponsor iraniano. Beirut, tartassata da delitti che hanno decimato le schiere politiche antisiriane, è soggetta a un rischio fatale per la sua democrazia. Ban Ki-moon con il suo documento sembra avvertire la Siria che l’occhio del mondo intero è su di lei e sui suoi alleati dentro i confini del Libano. Bene, ma sarebbe stato meglio se l’Onu avesse monitorato nel tempo l’Unifil, la forza internazionale incaricata di mantenere il cessate il fuoco, di disarmare gli Hezbollah nel sud del Libano e sorvegliare la sua trasformazione in partito politico. Nasrallah è di nuovo pronto alla guerra che minaccia a ogni discorso. Nel luglio 2005, aveva più di 20mila missili, ora può averne di più. Abbiamo scritto spesso sul palese riarmo degli Hezbollah, sul passaggio dal confine siriano. È avvenuto sin dal giorno in cui la guerra è finita. È stato testimoniato in ogni modo. Ma già un anno fa, a settembre, Romano Prodi dopo una telefonata con Bashar Assad annunciava le promesse del Presidente siriano che gli garantiva di bloccare i confini. Non era vero. Gli Hezbollah hanno goduto dell’omertà dettata dalla paura, lo ha denunciato anche il leader druso Walid Jumblatt parlando dell’Unifil: «Un accordo alla libanese, gli hezbollah restano là, armati ma nascosti così da dare l’impressione che l’esercito ritorni sovrano». Nasrallah ha continuato nel disegno di sovvertire la democrazia del Libano per garantire l’egemonia islamista sciita e parallelamente rendere alla Siria un servizio minacciando il governo. Tutto questo basandosi sulla forza demagogica del richiamo anti- israeliano. Gli Hezbollah sono forti di un curriculum terrorista internazionale, di grande popolarità, di un vero e proprio esercito: Massimo D’Alema si è esposto oltre il limite che consentono le regole della comunicazione lasciandosi fotografare a braccetto con loro esponenti a Beirut, forse per propiziare un atteggiamento non aggressivo verso i nostri 2450 soldati. Ma gli Hezbollah non hanno per questo cessato di prepararsi alla prossima guerra; hanno mentito promettendo di ritirarsi dal sud del Libano. Già il 23 agosto scorso, Nasrallah dichiarava tranquillo ad Al Jazeera che gli Hezbollah sono in grado di «colpire qualsiasi angolo di Israele». Nel frattempo fonti israeliane certificavano che gli Hezbollah avevano mosso le katiushe nei villaggi, nascondendole nelle strutture pubbliche e private. La Forza Internazionale ha battuto le zone aperte cespugliose e non invano: vi ha trovato fortificazioni, bunker, gallerie in 33 locazioni diverse, le «riserve naturali» abbandonate. Ma da là, le strutture tecniche più importanti erano passati nei villaggi. I missili a lunga gittata sono invece stati sistemati a nord del fiume Litani, ma si cerca di farli passare anche al sud. Mentre l’Unifil distruggeva le vecchie strutture, gli Hezbollah attaccarono il veicolo blindato spagnolo su cui furono uccisi sei soldati. Nello stesso momento una visita strategica di Nasrallah, Bashar Assad e Ahmadinejad a Damasco, risistemava la strategia della tensione che si affaccia oggi minacciosa alla vigilia del prossimo summit di Annapolis. GliHezbollah armati fino ai denti rappresentano una miccia accesa nel Medio Oriente e in Libano. Gli uomini contrari al dominio siriano sono stati uccisi non solo con agghiacciante determinazione, ma con la sfacciataggine che punta sull’omertà. Il fatto che il segretario generale Ban Ki-moon scriva con una specie di preghiera: «La Repubblica Araba Siriana e la Repubblica Islamica dell’Iran che mantengono stretti contatti con le parti cooperino inequivocamente… per il bene del Libano e di tutta la Regione» è un ordine, oltre a un grido di dolore che non si rivolge più all’Unifil, ma ai responsabili diretti della violenza. Questo nel giorno in cui gli Stati Uniti inaspriscono le sanzioni. L’esercito libanese ieri, e per la prima volta dalla fine della guerra, ha sparato: presi di mira, tre aerei israeliani in ricognizione. C’erano già state proteste libanesi e dell’Unifil contro voli simili, ritenute autentiche provocazioni. Eppure, è difficile pensare che i voli di ricognizione siano una provocazione peggiore del riarmo degli Hezbollah, contro cui Israele si guarda bene dal reagire.


 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.