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[b]Il Teatro Olmetto di Milano presenta due spettacoli dedicati alla cultura e alla tradizione ebraica.[/b]

Per oltre un mese, con la serie di due spettacoli “Testimonianze” , in scena al Teatro Olmetto di Milano, si intrecciano gli sguardi verso due aspetti diversi del mondo ebraico: quello del presente, osservato attraverso le parole dello scrittore [b]David Grossman[/b] da cui è tratto lo spettacolo “[b]La guerra che non si può vincere[/b]”, in prima nazionale dal 14 al 27 gennaio, e quello del passato, con “[b]Affittasi monolocale zona ghetto – memorie[/b]”, in scena dal 2 al 17 febbraio, grande prova d’attore di Eugenio de’ Giorgi.

Gli occhi e le parole di un grande scrittore del nostro tempo, [b]David Grossman[/b], autore del libro “[b]La guerra che non si può vincere. Cronache dal conflitto tra israeliani e palestinesi[/b]” e l’energia teatrale di [b]Eugenio de’ Giorgi[/b] si incontrano per raccontare al pubblico la realtà di Israele. “[i]Un capitolo importante della mia ricerca teatrale è sicuramente incentrato sul quotidiano, sul presente, sulla Memoria di oggi[/i] – scrive de’ Giorgi. "[i]Questo spettacolo nasce dalla necessità di far conoscere la realtà di Israele non attraverso i media, che troppo spesso falsano l’informazione, scambiando la realtà dei fatti con la personale visione delle cose, ma attraverso la visione di uno dei più grandi scrittori contemporanei[/i]”.

Il libro raccoglie 34 articoli in cui lo scrittore racconta la tragedia del conflitto tra arabi ed ebrei dopo il 1993, individuando una sola strada possibile per costruire la pace: “[b]il dialogo, l'incontro, il riconoscimento del diritto dell'altro[/b]”. Lo spettacolo, con la drammaturgia e la regia di Eugenio de’ Giorgi, ha come filo conduttore la storia di un ragazzo, un militare, che racconta alla sorella minore i suoi sogni, le sue speranze, le sue ambizioni, il suo futuro.

Una vita normale e, proprio per questo, straordinaria, dove in sei quadri vengono ritratti la vita di un luogo, Tel Aviv, di una famiglia, di un popolo, anzi, di due popoli che non riescono a dialogare, di una guerra che è diventata “la guerra”.

Al contrario, in “[b]Venezia 1516, affittasi monolocale zona ghetto – memorie[/b]”, Eugenio de’ Giorgi, in veste di autore ed unico interprete diretto da Massimo Navone, si tuffa nella Venezia del ‘500 per passare in rassegna una carrellata di personaggi legati alla storia del Ghetto. All’interno di una scenografia firmata da [b]Emanuele Luzzati[/b], de’ Giorgi impersona diverse figure, dal frate domenicano Tommaso Torquemada, responsabile della cacciata degli ebrei dalla Spagna, al marrano e indigente Giuseppe Francoso, che si fece battezzare quattro volte, a Leone da Modena, il più famoso e discusso rabbino veneziano, alla poetessa Sara Copio Sullam, detta “la bella ebrea”, al profeta Nathan di Gaza, che a Venezia si spacciò per il falso Messia Shabbataizvi. In una giullarata divertente e provocatoria, con l’ironia dei comici dell’arte, senza dimenticare i toni e i colori dello humour yiddish, vengono così rappresentati due temi di grande rilievo storico e sociale: la segregazione e la persecuzione degli ebrei. In modo del tutto inedito e provocatorio.

[i](Fonte: www.teatro.org)[/i]

 

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