Il Giornale – Il Riformista

05.05.2008

[b]cronache e opinioni

Testata:Il Giornale – Il Riformista
Autore: Paolo Guzzanti – Gian Marco Chiocci, Luca Rocca – Alessandro de Angelis
Titolo: «L'antisemita in fiera – Tam tam anarchico in rete contro la Fiera di Torino «Sarà guerra ad Israele» -»[/b]

Da Il GIORNALE del 5 maggio 2008, un editoriale di Paolo Guzzanti:

La Fiera del Libro di Torino dedicata al sessantesimo anniversario dell’esistenza di Israele sta per essere inaugurata, giovedì prossimo, dal Presidente della Repubblica quasi in incognito perché così hanno deciso i poteri armati no-global e il sito Indimedia allo scopo di impedirne la celebrazione. Già abbiamo assistito alla vergogna neonazista rossa delle bandiere israeliane bruciate e alla non meno inaccettabile contestazione del Presidente della Camera Fausto Bertinotti: adesso l’Italia dovrebbe subire l’umiliazione di vedere un grande evento culturale e di amicizia con lo Stato ebraico, sabotato da gruppi che usano l’intimidazione nei confronti delle istituzioni.
Intanto, l’Università di Torino ha deciso di ospitare un “convegno” di nemici di Israele. Più che esterrefatti, siamo depressi: il clima ci ricorda quello che precedette i fatti di Genova del 2001 quando il governo Berlusconi insediato da poche ore si trovò di fronte al doppio attacco militare di no-global, black bloc e altre bande, e di una provocazione all’interno delle forze di polizia. Oggi la celebrazione della nascita di Israele è diventata un elemento di separazione fra nuovo e vecchio antisemitismo da una parte e mondo libero e liberale dall’altra. Israele è sotto un continuo attacco militare, politico e propagandistico da parte delle forze che non puntano a promuovere la pace e uno Stato palestinese, ma alla sparizione di Israele dalla faccia della terra e in questa azione va inquadrato l’assedio della Fiera a Torino.
A Torino non si festeggerà però l’angoscia in cui vive un piccolo popolo, ma la sua preziosa produzione di cultura in letteratura, nelle arti e nelle scienze: si pubblicano più libri in Israele in un solo mese di quanti ne escano in un anno nell’intero mondo arabo. Ora a noi sembra che questo inaccettabile assedio, questa sfida all’ordine pubblico travestita da solidarismo filopalestinese, debba essere efficacemente contrastata dalle istituzioni, dal governo ancora in carica, oltre che dal mondo della cultura. È vero che siamo in un momento di transizione governativa ma proprio per questo pensiamo che al Presidente Napolitano tocchi il compito di chiedere al governo di fare il suo dovere per impedire ai nemici di Israele di mettere a segno una vittoria indecente, usurpando e calpestando i diritti e gli spazi della democrazia.

Sempre dal GIORNALE la cronaca di Gian Marco Chiocci e Luca Rocca sul "tam-tam" in rete contro la Fiera di Torino:

L’Antiterrorismo, è inutile nasconderlo, qualche preoccupazione ce l’ha. L’ultimo monitoraggio sulle sigle antagoniste e antimperialiste che via internet e via radio si stanno mobilitando per boicottare la Fiera del libro di Torino «dedicata» a Israele, dà segnali poco rassicuranti. I primi sono arrivati già da qualche giorno su Indymedia. «Israele terrorizza i civili con i raid aerei». «Boicotta e contesta la fiera dedicata a Israele», si legge in quello che rimane nel sito della sinistra antagonista. L’allarme è alto. Sono previsti: quattro gruppi anarchici sospettati dei disordini a Genova e Napoli nel 2001; i reduci del «Gramigna» di Padova (enclave delle nuove Br sotto processo a Milano); i centri sociali che hanno solidarizzato con i compagni dell’Aquila schieratisi a fianco dei cugini eversori veneti; le varie entità no global in sintonia con i compagni del «Sud Ribelle» recentemente assolti a Cosenza per le violenze del G8. I punti di raccordo locali per tutti sono il «Network Antagonista Torinese», l’«Askatasuna», il «Csoa Murazzi», il «Collettivo universitario autonomo», il «Collettivo studenti autorganizzati», il «Comitato di solidarietà con il popolo palestinese». Più che scontri eclatanti, si temono azioni isolate, incursioni mirate ad opera di «cani sciolti». In più l’Antiterrorismo fa notare come il clima si sia ulteriormente surriscaldato nel capoluogo piemontese a causa di un’incursione di elementi di estrema destra all’esterno della «sezione A.Gramsci» dei Carc, formazione già sott’inchiesta per associazione sovversiva. I punti di ritrovo e di concentramento sono più d’uno per i contestatori che si sono affidati a pullman e treni, come quello organizzato dal «Coordinamento no guerra» in partenza dalla stazione centrale di Milano. Digos e Anticrimine dei carabinieri aggiornano di ora in ora una situazione che si qui ha visto bandiere con la stella di David bruciare insieme a quelle americane. Per non dire poi dei convegni sulla presunta «pulizia etnica» ai danni della Palestina con la partecipazione del discusso intellettuale islamico Tariq Ramadan. A completare il puzzle
, e a preoccupare gli addetti ai lavori, l’arrivo lunedì 12 maggio di Beppe Grillo. L’invito alla manifestazione inaugurata giovedì prossimo dal presidente della Repubblica, bersaglio eccellente preso di mira proprio a Torino dal comico genovese nel suo ultimo «Vaffa day», è stato accompagnato da una raccomandazione: «Ben venga Grillo, purché lanci un appello alla lettura e non tenga un comizio». Tornando alla Fiera del libro e alla decisione di ospitare Israele nel suo sessantesimo anniversario della nascita, l’idea di disturbare l’evento è stata caldeggiata dall’anima più radicale della sinistra antagonista. Indymedia e il centro sociale Askatasuna, ha invitato i alla mobilitazione. Come ai vecchi tempi. Nonostante i divieti disposti dal questore, gli speaker del sito invitano a piantonare gli ingressi del Centro Fiere e a concedere il bis del primo maggio quando alcuni esponenti di «Free Palestine» hanno prima contestato Fausto Bertinotti per la sua partecipazione alla Fiera, poi hanno fatto un falò con le bandiere israeliane e americane. Concederanno il bis?

Dalla prima pagina del RIFORMISTA, un'intervista a Piero Fassino

Condanna il boicottaggio contro Israele: «Iniziativa sciagurata». E condanna le forme di violenza che si sono verificate al corteo del primo maggio, proprio nella sua Torino, dove un gruppo di autonomi ha bruciato bandiere americane e israeliane, e ora annuncia nuove mobilitazioni. E loda l'iniziativa di questo giornale che uscirà incartato dalla bandiera con la stella di David: «Buona iniziativa, che ribadisce quanto sia importante sconfiggere qualsiasi tentativo di negare Israele». L'ex segretario dei Ds Piero Fassino sarà alla Fiera del Libro: «Dedicarla alla nascita di Israele ha un grande valore politico. Così come ce l'ha la presenza di Napolitano, primo dirigente del Pci che negli anni Ottanta visitò Israele». E ci sarà con lo spirito di chi, a sinistra, non si considera un'eccezione per questa posizione: «La sinistra riformista ha risolto ogni rapporto col sionismo da tempo. Le ambiguità riguardano la sinistra radicale, o almeno le sue aree manichee e minoritarie».
Fassino, in una conversazione col Riformista , parte dalla cronaca, per nulla rassicurante: «Il boicottaggio è un atto sciagurato. Innanzitutto perché si boicotta la Fiera del libro, ovvero dello strumento insostituibile della convivenza civile, del dialogo e delle relazioni. Poi perché risulta ancora più assurdo se rivolto contro scrittori che ogni giorno affermano libertà, tolleranza e pace come Amos Oz, David Grossman, Abraham Yehoshua». Ma, per Fassino, il boicottaggio è intollerabile perché, al fondo, c'è un preciso obiettivo politico: «Ha l'esplicito significato di negare l'identità di Israele e il suo diritto di esistere». E un altrettanto grave errore di analisi: «L'idea che in Medio Oriente siano in conflitto un torto – la pretesa di Israele a esistere – e una ragione – l'aspirazione palestinese ad avere una patria – è sbagliata. In Medio Oriente ci sono due ragioni. Israele ha diritto a vivere senza paura dei propri vicini; e i palestinesi hanno diritto a vivere in un loro Stato indipendente. Solo riconoscendo entrambi i diritti, entrambi potranno avere soddisfazione. Tant'è che ogni soluzione di pace ruota intorno al principio due "popoli, due Stati"». Questo, spiega Fassino, si può realizzare «solo se ognuno riconosce il diritto dell'altro». E qui sottolinea il tema su cui ha tracciato una forte innovazione, a sinistra, da segretario dei Ds: non basta dire "due popoli, due Stati", ma "due democrazie". Spiega Fassino: «La democrazia è l'elemento decisivo. Proprio il rapporto con Israele ha infatti prodotto una dialettica tra Abu Mazen e Hamas attorno a questo tema. Chi oggi boicotta offre una sponda a chi una pace la impedisce».
Poi qualche ricordo. Fassino si è speso molto, sin dai tempi della federazione torinese del Pci a non considerare il sionismo estraneo alla cultura politica della sinistra. E oggi rifiuta l'immagine di una sinistra terzomondista che solo in tempi recenti avrebbe avrebbe scoperto la causa di Israele: «La sinistra – prosegue Fassino – nasce come movimento di liberazione sociale. Il sionismo come movimento di liberazione nazionale. Tra i due movimenti c'è un intreccio profondo. La prima tessera di Herlz, alla fine dell'Ottocento, aveva l'immagine di un bue che trainava un aratro su un campo verso il sol dell'avvenire. Chi non sapesse che quella era la tessera del movimento sionista la penserebbe come tessera di quello socialista». E aggiunge: «È la sinistra di tutto il mondo che si batte per lo Stato d'Israele dopo la seconda guerra mondiale. Pensi che nella federazione del Pci di Torino nel dopoguerra c'era una locandina con un piroscafo: il Pci raccoglieva fondi per il viaggio degli ebrei verso il nascente Stato di Israele». Il rapporto sinistra-ebraismo, dice Fassino, incomincia a incrinarsi «quando Stalin decapita i gruppi dirigenti dei paesi satelliti con l'accusa di essere sionisti perché ebrei ma soprattutto precipita quando il Medio Oriente diventa uno degli scacchieri dello scontro Usa Urss e gran parte della sinistra si schiera con i paesi arabi».
La sinistra italiana, sin dagli anni Ottanta, ha iniziato una profonda revisione: «A metà degli anni Ottanta organizzammo a Torino un convegno: "Medio Oriente: esiste anche una questione ebraica". Poi ci fu la storica visita di Napolitano, primo esponente del Pci ad andare a Israele sempre in quel periodo». Per non parlare del viaggio di Occhetto, di cui Fassino stesso fu l'artefice, circa un mese dopo la nascita del Pds: «Fu una visita importante, in cui Occhetto disse: il sionismo è un movimento di liberazione nazionale, la sinistra deve riconoscerlo e sostenerlo. Tenga presente che la risoluzione Onu di qualche anno prima definiva il sionismo una forma di razzismo». Oggi, almeno per quel riguarda il Pd, la linea è chiara: «In Medio Oriente ci sono due ragioni da riconoscere». Parola di Fassino.

 

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