[b]un progetto per salvare il manoscritto

Testata: La Stampa
Data: 29 agosto 2008
Pagina: 40
Autore: Francesca Paci
Titolo: «I Rotoli del Mar Morto dalle grotte al web»[/b]

[b]Da La STAMPA del 29 agosto 2008:[/b]

In un piccolo laboratorio fotografico israeliano, le pareti dipinte di grigio con una speciale vernice antiriflesso e il termometro inchiodato a 20 gradi, il professor Greg Bearman, un ex ricercatore della Nasa, ricompone i tasselli di duemila anni di storia.

Sotto il potente obiettivo da 75 mila dollari scorrono, uno dopo l’altro, gli oltre 15 mila frammenti dei Rotoli del Mar Morto, il più antico manoscritto conosciuto dell’Antico Testamento, 900 documenti risalenti al III secolo avanti Cristo. Scienziati e tecnici impiegheranno almeno due anni per immortalare i caratteri, talvolta invisibili a occhio nudo, e altri tre per trasferirli in rete: nel 2013 i preziosi reperti, scoperti mezzo secolo fa da un beduido in un grotta nel deserto di Giuda, saranno online, disponibili per gli studiosi e i curiosi di tutto il mondo come l’Enciclopedia Britannica, utopia del sapere globale senza frontiere geografiche né temporali.
All’inizio nessuno pensava a Internet. «Il progetto è nato per soddisfare un’esigenza di conservazione» racconta Pnina Shor, responsabile dell’Israel Antiquities Authority (), la sovrintendenza archeologica israeliana. Un intervento di mera salvaguardia, monitorare il processo di decomposizione. L’80 per cento dei Rotoli è composto da pergamena, il resto da papiro, materiali organici, sensibili a batteri e umidità, facilmente deteriorabili. La dottoressa Shor li paragona a pelle umana: «Ogni volta che i manoscritti vengono esposti alla luce perdono qualcosa, si alterano». Colpa del tempo, dell’inchiostro, dell’intervento dei primi studiosi incauti nell’utilizzare lo scotch per fissare gli angoli dei documenti sulla lavagna luminosa.
Poi, davanti alle migliaia di fotogrammi ingranditi ad altissima risoluzione con macchinari che non sprigionano calore, il professor Bearman e i suoi collaboratori del Kings College di Londra hanno pensato che il cerchio potesse chiudersi, l’archetipo del linguaggio umano e l’esperanto postmoderno del web: «Scannerizzeremo tutte le immagini e le metteremo online». La più antica versione biblica al completo, a eccezione del libro di Ester. Il pensiero di Isaia, i testi apocrifi, salmi, inni, la descrizione dettagliata dei riti ebraici all’epoca di Gesù, tutto quel che oggi è visibile unicamente dentro lo Shrine of the Book, il padiglione dell’Israel Museum di Gerusalemme che custodisce i Rotoli.
La collezione era stata fotografata una sola volta negli anni Cinquanta, a raggi infrarossi. La richiesta da parte di atenei, musei e istituti archeologici è pressante. Il mese prossimo il Jewish Museum di New York ospiterà un’esposizione di sei Rotoli, decine di scuole hanno già prenotato la visita. Ma viaggiare nello spazio non si addice alla scrittura che ha sfidato con successo il tempo. L’Israel Antiquities Authority scommette sulla tecnologia. «Presto un liceale di qualsiasi Paese potrà osservare da vicino uno dei più studiati manoscritti esistenti» nota Jonathan Ben-Dov, docente di studi biblici all’Università di Haifa, uno degli esperti coinvolti nel progetto di digitalizzazione da molti milioni di dollari. Basterà un computer per leggere le parole di due secoli fa, un portatile di quelli che ormai non mancano più neppure nelle case dei beduini come il pastore che le scovò incastrate tra le rocce sabbiose

 

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