[b]05.08.2008
un'intervista di Michael Sfaradi

Testata: L'Opinione
Data: 05 agosto 2008
Pagina: 0
Autore: Michael Sfaradi
Titolo: «Miniciclo di film israeliani alla Casa della Memoria»

Da L'OPINIONE del 5 agosto 2008:[/b]

Negli uffici appena restaurati del “Pitigliani”, ente culturale della comunità ebraica romana all’arco de’ Tolomei, nel cuore della capitale, ho il piacere di incontrare le signore Micaela Vitale responsabile delle attività culturali dell’ente stesso, e la signora Pupa Garribba che oltre ad essere un esponente di spicco dell’Associazione Nazionale Ex Deportati, che ha sede nella Casa della Memoria, è da sempre legata al “Pitigliani” da legami di affetto. Il “Pitigliani” e la “Casa della Memoria”, hanno collaborato alla rassegna di film israeliani che si è tenuta nel mese di Luglio.

Come è nata l’Idea della rassegna cinematografica alla “Casa della Memoria”?
P. Garribba: La nostra associazione, è un punto di riferimento culturale molto importante, un luogo d’incontro dove si possono sgretolare quei pregiudizi dovuti alla mancanza d’informazione, ed è per questo che ho pensato che una rassegna di questo tipo potesse essere una giusta idea per interessare il pubblico a certe tematiche.
Per noi che andiamo nelle scuole a spiegare ai giovani cosa furono le leggi razziali e la Shoà, è stato facile rendersi conto che nonostante si parli molto di ebrei ed ebraismo, lo si fa senza cognizione di causa e, alla fine, se ne sa sempre poco e male. L’idea del miniciclo di film Israeliani in lingua originale, sottotitolati in italiano, nasce dall’esigenza di mettere in luce delle tradizioni e degli spaccati di vita. Il “Pitigliani” non solo ha accettato l’idea, ma ha collaborato attivamente al progetto mettendo a disposizione i tre film che sono stati proiettati, e nonostante la “Casa della memoria” non faccia attività nel mese di Luglio, c’è stata un’affluenza di pubblico davvero inaspettata che ci ha lasciato positivamente sorpresi. A questo va aggiunto che la vera pubblicità sull’evento è stato il passaparola fra amici e parenti e, nonostante il caldo e gli orari non ideali delle proiezioni, c’era sempre in sala un folto pubblico interessato.

M.Vitale: Tengo a precisare che noi del “Pitigliani” abbiamo sempre puntato molto sul cinema come mezzo di comunicazione, perché qualunque film è un momento di aggregazione che cattura l’attenzione di tutti e dei giovani in particolare.La proiezione diventa così motivo per socializzare, confrontarsi e dà stimolo alla discussione, alla riflessione ed al dialogo.

P. Garribba: Lo scorso inverno abbiamo tentato un esperimento, raccontare la Shoà attraverso il cinema. Sono stati proiettati film e documentari, i primi due hanno affrontato l’argomento in generale e lo sterminio degli Zingari in particolare, mentre le altre pellicole hanno raccontato i tragici eventi dalle persecuzioni razziali allo sterminio nazione per nazione: Francia, Polonia, Ungheria. C’è stata una risposta eccezionale da parte delle scuole, infatti più di settanta istituti hanno aderito all’iniziativa e molti sono stati gli studenti che hanno assistito alle proiezioni.

Potete spiegare quali sono i criteri di scelta dei tre film rappresentati alla rassegna cinematografica di Luglio?
M. Vitale: I film sono stati scelti in base a tre aspetti sociali: immigrazione, gioventù e donna. Il primo “ La sposa siriana”, era già uscito nel circuito commerciale, mentre gli altri due “La tromba nello Uadi”, (tratto dal romanzo omonimo di Sami Michael edito dalla Giuntina Editore) e “Due minuti da Paradise” fanno parte del nostro archivio. Il “Pitigliani”, ogni anno, fa sottotitolare un numero di film che vengono usati a seconda delle necessità e dei temi nelle rassegne cinematografiche che organizza fin dal 2002. Nei film israeliani, tranne rari casi, i dialoghi sono semplici, con frasi brevi ed alla portata di tutti, questo perché Israele è una nazione di immigranti e i registi vogliono che chiunque possa seguire le storie con facilità. Vorrei sottolineare inoltre che la totalità del cinema prodotto in Israele, a tutti i livelli e non importa l’argomento trattato, è finanziato dallo stato. Non esiste nessuna auto-censura preventiva, e la cinematografia non punta alla spettacolarità, agli effetti speciali o alla cassa, ma ad una produzione che deve essere vista per il valore delle storie che racconta e per il messaggio che vuole comunicare, il frutto di questo modo di fare cinema sono dei film che lasciano sempre allo spettatore qualche cosa su cui riflettere.
Storie che fanno vedere la realtà quotidiana dove la gente, contrariamente a quello che si pensa, non vive nell’angoscia, ma passa l’esistenza, nella gioia o nei dolori, come la passerebbe in qualsiasi altra parte del mondo.

Progetti futuri?
M. Vitale: Noi come Pitigliani continuiamo con il cinema israeliano, organizzeremo dal 15 al 19 Novembre 2008 un festival con una ventina di Film.

Nuovi o già visti in passato?
M. Vitale: Non nuovi, ma interessanti, fra gli altri “La Banda”, “Beaufort” (tratto dal romanzo “Tredici Soldati” di Ron Leshem edito da Rizzoli Editore) o “Meduse” che ha vinto la telecamera d’oro al festival di Cannes. Per i 60 anni di Israele abbiamo quattro filoni: la cinematografia presente, la storia della cinematografia israeliana, il mito di Israele (cioè film che parlano di Israele ma che sono prodotti all’estero) e il quarto filone sarà rappresentato dai documentari. Se consideriamo che con soli sei milioni di abitanti Israele vanta una dozzina di scuole di cinematografia, abbiamo la misura di quanto questa arte sia importante, vivace e presente all’interno della cultura israeliana. Per finire c’è da sottolineare che il punto di forza del Pitigliani è il suo direttore artistico, che oltre a vivere in Israele è un cineasta che sceglie per noi il meglio della produzione.

 

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