[b]Almeno cinque ostaggi israeliani nel centro ebraico di Mumbai sono stati massacrati. Nelle operazioni delle squadre speciali indiane sarebbero stati uccisi anche tre terroristi. L'ambasciata israeliana riferisce che erano almeno sei i cittadini israeliani sequestrati dai terroristi.

Da pagina 4 de Il GIORNALE, l'analisi di Fiamma Nirenstein "Siamo sordi e ciechi alla minaccia integralista
Dalla prima pagina del GIORNALE, l'analisi di Paolo Guzzanti "La metastasi del terrore"
Da L'OPINIONE, l'articolo di Michael Sfaradi "Ebrei, bersagli mobili nel mondo"
Da pagina 8 del CORRIERE della SERA "Il blitz perfetto dei terroristi venuti dal mare", di Guido Olimpio: [/b]

[b]Da pagina 4 de Il GIORNALE, l'analisi di Fiamma Nirenstein "Siamo sordi e ciechi alla minaccia integralista[/b]":

Mentre scriviamo, a più di 24 ore dal suo inizio, l’attacco terroristico di Mumbai è ancora in atto, come per rappresentare quello che il mondo intero vive ormai da parecchi anni senza rendersene conto: una vera guerra del terrorismo contro tutto quello che viene ritenuto parte dell’egemonia occidentale, tutto ciò che appare un ostacolo sulla strada della vittoria della Jihad mondiale. L’ammirevole India, il grande protagonista democratico del subcontinente asiatico, spaccato e povero ma fieramente avviato sulla via della democrazia e dello sviluppo, è in questo momento il teatro della marcia terrorista che, se non ci affretteremo a combatterla, lambirà le nostre porte. Lo scontro tra islamici e indù, sempre latente con una minoranza di 160 milioni di musulmani, è tornato a galla nel 2002, quando i musulmani hanno subito severe repressioni: ma l’attuale conflitto per il Kashmir con il Pakistan è di fatto condito di moltissime venature fondamentaliste, che hanno reso i giovani islamici massa di manovra per i più grandi disegni jihadisti.
Gli obiettivi strategici del terrore e persino le sue scelte estetiche sono state, negli anni passati, puntuali: a New York le Twin Towers, il sogno e l’ambizione economica americana; a Gerusalemme la vita quotidiana, università, autobus, supermarket, quello che gli ebrei, dopo secoli, hanno chiamato Patria; a Londra e a Madrid le subway, vie di comunicazione verso la modernità e l’integrazione europea. In quegli attacchi è stato usato soprattutto l’esplosivo; a Mumbai invece è stata occupata la città manu militari con le armi automatiche; ben dieci sono stati i luoghi prescelti, l’ambizione di vittoria è stata suprema, l’esplosivo è stato fatto brillare durante tutta la giornata, i morti e i feriti sono stati disseminati ovunque, fra indiani e stranieri, senza discriminazione purché fosse morte, Al Qaida e i suoi alleati hanno messo in scena a beneficio dei media l’occupazione territoriale islamista di un Paese in bilico, hanno indicato l’India confusa e atterrita come un facile terreno di conquista una volta sconfitta l’influenza occidentale e la componente indù. Al Qaida, e non da sola, si è presentata con la grande ambizione di sovvertire la strada dello sviluppo e di una combattuta democrazia di un Paese che, con tutte le sue controversie, non si è abbandonato alla satrapia o al patteggiamento col terrore, come invece hanno fatto l’Afghanistan e il Pakistan.
Non dimentichiamo che i terroristi hanno cercato di isolare, fra gli ostaggi, americani, inglesi e israeliani; e che hanno mescolato i grandi obiettivi locali (ospedali, stazione, persino una stazione di polizia), i grandi alberghi internazionali e anche la “Casa” degli Chabad, un centro religioso ebraico. Che può esserci di più espressivo? Con chi non ce l’hanno i terroristi islamisti? Dove sono i loro limiti? Quali limiti morali circa i diritti dei civili non sono disposti a superare? Siamo tutti nel loro mirino ed è vero oggi ciò che Bin Laden proclamò già nel 1998: una grande guerra contro i Crociati e gli Ebrei. Da allora, siamo ancora sordi e ciechi.

[b]Dalla prima pagina del GIORNALE, l'analisi di Paolo Guzzanti "La metastasi del terrore": [/b]

E questa è la risposta a tutti coloro che quando sentono parlare di terrorismo islamico, di Al Qaida e di guerra contro l'Occidente, sbuffano, infastiditi come se avessero di fronte a sé il ridicolo anziché la tragedia. Da mercoledì abbiamo la prova ulteriore che il terrorismo è ovunque, può colpire ovunque, a Madrid e in India, in Africa e negli Stati Uniti, in Inghilterra e in America Latina dove ha la sua rete di alleanze. Dire Al Qaida, dire Bin Laden, dire organizzazione terroristica dell'odio, provoca malumore: finché il sangue non scorre a fiumi, finché la segatura non copre quel che resta di un essere umano, di una famiglia, siamo abituati a negare, a minimizzare, ridurre, sorridere persino. Che errore.

L'Occidente è di sua natura tollerante, polimorfo, multietnico, afflitto da sensi di colpa, pieno zeppo di moschee e cantieri di moschee, tenero con chi vuole applicare la sharia islamica anche in Europa, soddisfatto quando sente che Olanda, Danimarca, Svezia sono Paesi che si stanno islamizzando. Eppure, la guerra che seguita a far versare sangue è una guerra contro l'Occidente, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, Israele e poi anche contro di noi, il ventre molle dell'Occidente. Eppure l'Occidente ha dato dignità e valore giuridico, oltre che morale, ai diritti dell'uomo, della donna, della famiglia, dell'infanzia. L’Occidente ha creato le organizzazioni internazionali e, persino, l'Occidente è stato capace con la guerra in Kosovo, di bombardare un Paese cristiano per difenderne uno musulmano.

L'Occidente, noi, siamo fatti così. E se qualche regista imbecille sostiene che l'11 settembre gli americani se lo sono fatto da soli e che tutti gli ebrei erano scappati via in tempo dalle Torri Gemelle, noi – alcuni di noi – annuiscono felici. Gli occidentali indossano la kefia e travestiti da palestinesi si dedicano all'odio verso Israele e tutti insieme all'odio contro l'America, tanto che l'amore per Obama è diventato – nell'immaginario di questa parte debole del pensiero occidentale – una delle forme subliminali di espressione dell'odio per l'America. Non hanno capito che Obama ha confermato Gates alla Difesa e che sposterà tre brigate corazzate dall'Irak all'Afghanistan con diritto di penetrazione in Pakistan: lui, l'Obama dell'immaginario collettivo antiamericano.

Ha tutto ciò a che fare con quanto è successo ieri a Mumbai, la città che per noi europei è sempre stata Bombay? Sì, ha a che fare. Ieri i turisti sono stati selezionati come pecore al macello. Chi aveva passaporto americano: fila della morte. Passaporto inglese: fila della morte. Passaporto israeliano: fila della morte. Passaporto italiano, prego si accomodi nella fila della vita, ciò che ci fa enorme piacere. Ma guardiamo in faccia la verità e la realtà: l'attacco a Mumbai era atteso dai servizi segreti, peccato che non fosse atteso a Mumbai ma altrove. C'è stato un difetto di informazione, ma si sapeva che l'attacco sarebbe stato scatenato. Forse l'intelligence del terrorismo è più efficiente del Mi6, della Cia e del Mossad messi insieme, non lo sappiamo.

Sappiamo però che l'attacco assassino, la mattanza da tonnara, è stata condotta con l'uso dell'odio e dell'infanzia: abbiamo visto bambini carnefici imbracciare il mitra e uccidere ridendo. Abbiamo visto esseri umani mutati in mostri. Abbiamo visto esseri umani sacrificati come agnelli in base a un simbolo: il colore del passaporto, la presenza di un timbro, un visto, un'aquila. Due terzi della mia famiglia ha quei passaporti. Due terzi della mia famiglia sarebbero stati ammazzati. Io e i miei figli saremmo stati ammazzati. Chi è ebreo sarebbe stato ammazzato. Capite adesso il modello, l'impianto morale di questa guerra che viene scatenata contro l'Occidente? Non è un caso che il nazionalsocialismo hitleriano fosse fanaticamente sostenuto e sostenitore del radicalismo arabo, del gran Muftì di Gerusalemme, degli insorgenti iracheni delle guerre passate.

L'Occidente oggi guarda sbalordito le immagini in televisione. Le televisioni nazionali trasmettevano le loro sciocchezze. Tutto il mondo era appeso ai grandi network internazionali, Cnn e non soltanto. Tutto il mondo ieri era stravolto, sconvolto, disperato. Fra gli stranieri del mio mondo ieri si piangeva, si urlava, ci si abbracciava convulsamente. Ma la calma piatta del diniego cala come una nube tossica che mette tutte le coscienze a dormire. Stasera si vedranno ai Tg nuove immagini, di sfuggita. I commenti saranno o banali o timidi. La paura di offendere il carnefice prevarrà sulla schiena diritta. La tremebonda ansia di non dispiacere il persecutore sarà unita allo smodato orgasmo speso per comprenderlo e disarmarsi.

Il terrore purtroppo oggi ha dimostrato di avere metastasi ovunque, con un centro diffusore e diramazioni senza frontiere né geografiche né limiti nella dignità umana.

[b]Da L'OPINIONE, l'articolo di Michael Sfaradi "Ebrei, bersagli mobili nel mondo"[/b]:

Sigle strane e sconosciute, sono quelle che hanno rivendicato gli attentati che hanno sconvolto Mumbai in India. La dinamica usata negli attacchi, cioè colpire contemporaneamente più obiettivi, in modo da seminare morte e creare confusione nelle reazioni della polizia e nel portare i soccorsi è però quella che caratterizza Al Qaeda. Gli attentati di New York, Londra e Madrid, hanno avuto in comune questo stesso filo conduttore e con una probabilità che si avvicina al 100% dietro queste fantomatiche sigle c’è la lunga mano dello sceicco del terrore. Già da tempo era nell’aria la possibilità che Al Qaeda allungasse la sua scia di sangue, e negli ultimi mesi diversi rapporti dei servizi segreti inglesi e della Cia avevano allertato alcuni governi sulla possibilità di nuovi attacchi subito le elezioni presidenziali americane. Il governo indiano era fra i primi della lista. In Israele si segue costantemente l’evolversi della situazione e si sta soltanto aspettando una risposta ufficiale prima di inviare a Mumbai una spedizione di cui faranno parte medici, paramedici e specialisti nel riconoscimento dei cadaveri. L’India è una delle mete preferite dai turisti israeliani che la visitano in tutti i periodi dell’anno e negli ultimi mesi il ministero del turismo israeliano aveva fatto stampare un vademecum informativo sul comportamento da tenere in caso di necessità con indicazioni di massima e numeri di telefono in caso di bisogno.

Il governo israeliano sa che i suoi cittadini in viaggio all’estero per turismo o per lavoro sono dei veri bersagli mobili ed è per questo che da sempre si raccomanda prudenza soprattutto quando si è in gruppo e più facilmente riconoscibili. Questo perché anche nel caso di attentati terroristici non rivolti direttamente ad istituzioni ebraiche o israeliane, come nel caso di Mumbai, gli attentatori prestano una particolare attenzione alla loro eventuale presenza. Le agenzie di stampa israeliane e Y.net riportano che la Nariman House, un’organizzazione religiosa ebraica di assistenza ai bisognosi con annessa sinagoga è stata occupata da un gruppo nutrito di attentatori. Sono stati presi 10 ostaggi. Fra di loro ci sono, probabilmente, anche il direttore dell’organizzazione con la moglie e la loro figlia di pochi mesi di età. Tutti gli ostaggi sono stati liberati in serata, anche se, nel momento in cui scriviamo, il ministero degli Esteri israeliano non ha ancora confermato la notizia. Dall’esterno si sono uditi colpi di arma da fuoco e delle esplosioni, probabilmente granate, e non si sa se ci siano morti o feriti. Il ministro Barak, parlando con funzionari del ministero degli esteri indiano, ha offerto la piena collaborazione all’India per la lotta al terrorismo, ed anche se l’Fbi ha escluso un collegamento fra gli attentati di ieri sera e l’allarme lanciato nei giorni scorsi per eventuali attentati nella metropolitana di New York, il livello d’allarme e repentinamente salito e c’è da immaginare che le prossime vacanze di Natale, sia in Israele e nel resto del mondo saranno blindate

Da pagina 8 del CORRIERE della SERA "Il blitz perfetto dei terroristi venuti dal mare", di Guido Olimpio:

WASHINGTON — Barat Tamore è convinto di averli visti arrivare. Erano a bordo di un gommone, una decina di giovani con dei grossi borsoni. Hanno accostato ad un molo del Badhwar Park a Colaba, sono scesi e poi si sono divisi in tre mini- team mentre due hanno ripreso il mare sempre sul battello. Erano da poco passate le 21.15, c'era poca gente nella zona. «Tutta colpa di una partita di cricket. Altrimenti molti altri si sarebbero accorti di quello strano sbarco», ha aggiunto Barat. Trenta minuti dopo, attorno alle 21.50, è iniziato l'inferno.
L'ASSALTO — I terroristi hanno agito come un commando di forze speciali, con buon coordinamento. A quelli arrivati dal mare si sono aggiunti altri, infiltrati in precedenza. In totale oltre una ventina. Fotografie e testimonianze li descrivono così: sui 20-25 anni, armati con Kalashnikov «corti», granate ed esplosivo. In spalla lo zaino. E al polso uno strano braccialetto arancione, simile a quelli che a volte portano estremisti indù: un simbolo d'appartenenza religiosa, com'è stato letto da qualcuno, o magari un segno di riconoscimento tra terroristi? I gruppi di fuoco hanno colpito prima il Leopold Cafè a Colaba, poi il Taj Mahal Hotel, la stazione ferroviaria, l'albergo Oberoi, un commissariato, una sede di ebrei ortodossi, due ospedali, una sala multiplex. Obiettivi soft in omaggio alla tattica del «terrorismo urbano ». Raid per creare molte vittime e gettare nel caos la città– simbolo dell'Asia. Poi hanno catturato gli ostaggi selezionando «americani e inglesi». Negli anni '70 lo facevano i dirottatori facendosi consegnare i passaporti per scoprire passeggeri statunitensi e israeliani. Lo hanno poi ripetuto i qaedisti in Arabia Saudita «contando i cristiani ». Dunque nulla di nuovo, tutto ben spiegato nei manuali che circolano in certi ambienti integralisti. Secondo fonti americane nei due hotel i terroristi hanno creato una sorta di «control room» o più probabilmente hanno messo un complice nella sala dove ci sono le telecamere a circuito chiuso. E per qualche ora hanno tratto informazioni anche dalla tv, che ha poi deciso di ridurre la copertura per non aiutarli. Ad aumentare la confusione ha sicuramente contribuito l'uccisione, nel primo scontro, del capo dell'antiterrorismo.
LA PREPARAZIONE — Il perfetto sincronismo e la rapidità con la quale hanno occupato i «bersagli» rivela un'ottima preparazione, un training che ha richiesto mesi e una ricognizione approfondita. È possibile che gli estremisti si siano aiutati con le foto satellitari di Google Earth. Spie hanno invece studiato misure di sicurezza, controlli e il teatro operativo. Rispetto ad altri attentati è mancato l'elemento kamikaze, ma i protagonisti si sono lanciati comunque in una «missione di non ritorno » che aveva come principale obiettivo la presa di ostaggi. Una tattica ancora più preoccupante perché vuol dire che i criminali sono stati preparati a gestire una situazione difficile. La dinamica ricorda l'assalto al Parlamento indiano nel 2001 compiuto da separatisti del Kashmir (la polizia ieri ha detto che tre degli arrestati appartengono al gruppo LashkareTaiba, che compì quell'azione) e fa sospettare un aiuto esterno. Il che comporta non solo un'eventuale sponda qaedista — gli obiettivi sono simili — ma anche pachistana. Un responsabile indiano non ha perso tempo per accusare: «Sono venuti dal Pakistan. Uno di loro ha parlato della crisi in Kashmir». La tesi è che l'Isi (l'intelligence di Islamabad) o una fazione interna, contraria a qualsiasi forma di stensione, abbia dato una mano agli estremisti. Attori locali con un'agenda regionale (Kashmir, separatismi, rivalità religiose) ed una proiezione internazionale. La cornice dove oggi si muove anche la vecchia Al Qaeda.
LA NAVE — Nelle ore successive all'attacco la Marina indiana si è lanciata sulle tracce di una «nave-madre», dalla quale sarebbero sbarcati, via gommone, gli assalitori. Due cargo pachistani — la Alpha e la Al Kabir — sono stati intercettati al largo e sottoposti a controlli. Sei mesi fa l'intelligence aveva evocato i rischi di un attacco dal mare a Mumbai, ma il segnale non ha prodotto effetti. Ancora più grave l'aver sottovalutato le informazioni raccolte dopo l'arresto di una cellula a Mumbai. C'erano indizi specifici su un'ondata di attentati pianificati dal ricercato numero uno, Abdul Subhan Qureshi, uno degli ispiratori che si nascondono dietro la firma «Mujaheddin». È libero e tornerà ad agire.

 

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