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[b]Dal sito dell'Ambasciata D'Israele a Roma[/b]

[b][size=14]La tragedia alla scuola di Jebalya
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6 gennaio 2009
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Un’indagine preliminare delle forze che operano nell’area dell’incidente riporta che diversi colpi di mortaio sono stati sparati contro l’IDF dall’interno della scuola di Jebalya. In risposta al fuoco nemico, le forze militari israeliane hanno colpito il luogo dal quale sono state attaccate.

[b]Rapporto preliminare[/b]

Oggi, 30 palestinesi sono rimasti uccisi in una straziante tragedia alla scuola di Jebalya. Le indagini iniziali indicano che terroristi di Hamas hanno sparato colpi di mortaio dall’area della scuola contro le forze israeliane che hanno risposto a quei colpi nella direzione dalla quale erano stati lanciati. La controffensiva israeliana ha colpito l’area esterna alla scuola. Fonti dell’intelligence indicano che tra i morti ci sono Immad Abu Iskar e Hassn Abu Iskar, due noti elementi di Hamas addetti al lancio di colpi di mortaio.

I civili innocenti non sarebbero dovuti morire. Tuttavia, è di fondamentale importanza capire come questo orribile incidente sia accaduto e a chi vada realmente addossata la responsabilità.

Non è infatti la prima volta che Hamas lancia razzi e colpi di mortaio dalle scuole, usando deliberatamente la popolazione civile come scudo umano durante le sue operazioni terroristiche contro Israele. Ciò è avvenuto anche alcuni mesi fa: un filmato da un aereo mostrava razzi e mortai sparati dal cortile di una scuola dell’UNRWA.

Hamas ha iniziato l’attuale conflitto quando 3 settimane fa ha violato unilateralmente lo stato di calma e ha lanciato razzi e colpi di mortaio senza ragione contro le città israeliane. Questo atto di aggressione è stato una chiara violazione del diritto internazionale e chiarisce un dato basilare: non un solo israeliano o un solo palestinese sarebbero stati feriti se Hamas non avesse lanciato il suo brutale attacco.

Israele ha dovuto rispondere. Nessun governo rimarrebbe indifferente mentre i suoi cittadini sono soggetti ad attacchi con razzi e morati. A ciascuno stato competono il diritto e la responsabilità dell’autodifesa. Essa è sancita dalla Carta delle Nazioni unite e resta una pietra miliare del diritto internazionale.

Mentre le indagini sull’incidente proseguono, un dettaglio cruciale è già chiaro: questa tragedia è accaduta perché Hamas continua a utilizzare sistematicamente la sua popolazione come scudo umano. Puntando sulla possibile esitazione di Israele a colpire aree in cui si registri la presenza di civili, Hamas tuttavia ipoteca tale scommessa con il cinico calcolo che, qualora vi fossero comunque dei feriti tra i civili, esso ne trarrebbe in ogni caso vantaggio, perché Israele sarebbe condannato dai media internazionali.

Il miglior modo che la comunità internazionale ha di evitare l’uso di palestinesi come scudi umani è di cominciare a riconoscere a chi veramente appartiene la responsabilità di questo fatto: ai terroristi di Hamas che sfruttano la sofferenza della loro stessa gente per trarne dei vantaggi politici. Soltanto la concorde condanna internazionale di Hamas indurrà l’organizzazione terroristica a fermare questa pratica perversa.

Mentre Hamas sfrutta i suoi civili come scudi umani e colpisce deliberatamente i civili israeliani come bersagli, l’Esercito di Difesa israeliano fa del suo meglio per evitare di colpire i civili. Molte operazioni anti-terroristiche israeliane sono state cancellate all’ultimo minuto proprio per la presenza nell’area interessata di civili. Sfortunatamente, in tempi di guerra si producono tragedie e ciò accade soprattutto quando una parte viola il diritto internazionale attaccando proprio mentre si nasconde tra i civili.

Durante le sue operazioni a Gaza, l’Esercito di difesa israeliano sta facendo il possibile per conformarsi ai due test fondamentali del diritto internazionale umanitario:

1- che gli obiettivi siano dei legittimi obiettivi militari;
2- che l’azione possa provocare un danno sproporzionato alla popolazione civile e alle loro proprietà.

Israele affronta una delicata sfida nella determinazione della legittimità dei suoi obiettivi. La presenza di civili in un’area di conflitto non fa di un obiettivo militare un bersaglio illegittimo. Questo, tanto secondo il diritto internazionale quanto come riflesso dell’azione dello stato. La collocazione degli obiettivi militari di Hamas tra i civili palestinesi rappresenta un problema con il quale Israele deve costantemente misurarsi.

Strategicamente Hamas, sostenuto dall’Iran, rifiuta di rispondere ad uno dei più essenziali requisiti del diritto internazionale e cioè marcare una chiara distinzione tra combattenti- installazioni militari e civili- proprietà civili. Ne consegue quindi che mentre Israele fa quello che può per evitare di ferire dei non combattenti, secondo quanto stabilito dal diritto internazionale, ogni danno collaterale ai civili è responsabilità di Hamas che sceglie volutamente di operare utilizzando strutture civili e di fare fuoco da dietro scudi umani.

 

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