[b]Una recensione di Elisa Mino Colombo[/b]

» Presso la Scuola romana di Fotografia prosegue fino al 7 febbraio la mostra curata da Agnieszka Zakrzewicz I bambini del Ghetto di Lodz, eccezionale testimonianza storica e rappresentazione dello stretto legame tra l'arte della fotografia e il mantenimento della memoria.
Grande centro tessile europeo, Lodz ospitava la più grande comunità ebraica dopo Varsavia, e il suo eccezionale sviluppo economico fu dovuto alla particolare armonia instauratasi tra polacchi, tedeschi ed ebrei, capaci di costruire insieme una sorta di piccola "terra promessa". Le repressioni iniziarono subito dop l'occupazione tedesca, e nel 1940 nel piccolo ghetto di Litzmannstadt vennero richiuse oltre 160mila persone, di cui 40mila bambini sotto i 14 anni.
Il ghetto vide scomparire centinaia di migliaia di persone e moltissimi bambini, destinati in gran parte al campo di sterminio di Kulmhof am Ner.

Mendel Grosman ed Henryk Ross scattarono queste foto fino ai primi giorni della "grande retata" del 1942, nella quale quasi 6000 bambini vennero eliminati. Successivamente il ghetto venne trasformato in campo di lavoro, fino alla decisione nazista di sopprimerlo completamente, nel 1944.

Nonostante tutto, gli scatti non si soffermano sulle tragiche condizioni di vita del ghetto, ma su piccole scene di vita quotidiana, lavoro, gioco, incontro, la tragedia, se mai, è appena visibile negli sguardi. Apparentemente i bambini sembrano vivere un'esistenza normale, forse pensando ad un futuro di sogni e progetti, e il loro tentativo, dettato da una pura legge della sopravvivenza, amplifica la disperazione del destino che li aspetta, rendendolo ancora più atroce.
Ma nonostante tutto, nel poco tempo a loro concesso, i bambini di Lodz giocavano, leggevano, studiavano, scrivevano e disegnavano, e forse riuscivano ancora ad immaginare un mondo migliore. Il ritratto dei loro volti, sorridenti anche di fronte alla morte, devono divenire per ognuno il chiaro invito a non dimenticare.

Mendel Grosman venne deportato a Sachsenhausen, dove sopravvisse fino alla liquidazione del campo, rimanendo ucciso durante la marcia della morte, quasi alla fine della guerra. Fu impiegato come fotografo dall'amministrazione del ghetto, e i negativi, portati in Israele dalla sorella, andarono dispersi durante la guerra del 1948. Fortunatamente Nachman Zonabend, prigioniero e sopravvissuto, ritrovò diverse centinaia di foto e le esibì come prova durante il processo ad Hans Blebow, capo dell'amministrazione tedesca del ghetto, portandole successivamente con sé in Svezia. Su Mendel Grosman sono stati pubblicati due album fotografici, e le sue immagini sono esposte nel museo dell'Olocausto di New York e in Israele.

Henryk Ross, nato a Varsavia, lavorava a Lodz come fotoreporter sportivo fino all'occupazione tedesca, quando fu impiegato nel reparto di statistica. Nel 1944 riuscì a nascondere sotto terra migliaia di fotografie, ed a sopravvivere fino all'entrata dell'Armata Rossa, ritrovando l'archivio e proseguendo il suo lavoro a Lodz, fino al 1956, anno in cui emigra in Israele. Su di lui sono stati pubblicati due album fotografici, e le sue immagini vennero usate nel processo contro Adolf Eichmann. Donate dal figlio all'Archive of Modern Conflict di Londra, le sue foto appaiono spesso in mostre itineranti.

Mendel Grosman ed Henryk Ross vennero ufficialmente impiegati dal capo del Judenrat del ghetto, Chaim Mordechai Rumkowski. Il materiale da loro prodotto aveva funzioni propagandistiche per il Terzo Reich, intenzionato a provare l'utilità del lavoro degli ebrei, ma i due fotografi erano consapevoli di essere testimoni di grandi avvenimenti storici, e fotografavano anche di nascosto, cercando di nascondere o regalare le loro immagini, per essere certi di poter raccontare la storia del ghetto anche se non fossero sopravvissuti.

L'Archivio Statale di Lodz contiene oltre 20mila provini a contatto i cui negativi originali sono in gran parte andati persi in Israele, ma grazie alla tecnologia digitale e al lungo lavoro di un piccolo gruppo di persone, le foto sono tornate a vivere ed a testimoniare la vita del ghetto di Lodz, dove passarono oltre 200mila ebrei, prima di essere condotti verso i campi di sterminio.

Scuola Romana di Fotografia, via degli Ausoni 7/A
Giovedì, sabato e domenica dalle 11 alle 19.
Fino al 7 febbraio, ingresso libero

Elisa M. Mino
Milano 26/01/09

Foto: Le immagini in mostra

 

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