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[b]di Fiamma Nirenstein[/b]

Nella grande sala delle riunioni della Lancaster House, il ministero degli Esteri inglese, con noi 120 membri di 40 Parlamenti seduti tutto intorno al tavolone, si alza per parlare Abe Foxman, il presidente dell’Anti diffamation league, e chi lo conosce sa che farà un discorso pieno di dati, deciso e ironico, da mastino abituale della lotta all’antisemitismo. Siamo alla «London Conference on combating antisemitism», tenutasi dal 15 al 17 febbraio. Invece quando Abe si alza, parla lento e strano. In realtà piange: «Sono un sopravvissuto dell’Olocausto, e vi devo dire che dagli anni Trenta, quando si preparava la Shoah, mai, fino a oggi, è stata cosi brutta».

Ha ragione: nei giorni in cui il deputato laburista John Mann preparava questo incontro, da cui è nata la «Carta di Londra», si è acceso un fuoco nella delegittimazione di Israele e degli ebrei, nei giornali, nelle istituzioni, nel discorso pubblico. Un odio irrazionale che non sente spiegazioni: in Europa il 35% delle persone attribuiscono agli ebrei la crisi economica. È difficile oggi indossare una kippah nelle strade di Londra o di Stoccolma, o di Madrid, o di Parigi.
Ed è normale vedere templi e scuole piantonati, normale anche vederli attaccati. Fra gli episodi cui potremmo aver assistito alzando le spalle: un «civil servant» inglese che sbraita contro gli ebrei mentre si esercita in palestra, un funzionario di governo norvegese che usa l’email del lavoro per accusare gli ebrei di essere nazisti; la città di Malmoe in Svezia chiude lo stadio al pubblico per una gara di tennis perché uno dei contendenti è israeliano; il Dubai chiude la porte alla tennista Shahar Pe’er. Al Consiglio d’Europa, ho visto uno a uno i membri, dall’Inghilterra alla Turchia, accusare Israele chi di apartheid, chi di crimini di guerra, chi di aver usato pretesti falsi per far guerra, chi di strage degli innocenti. Un Paese assetato di sangue, indegno di vivere. Niente analisi, l’irrazionalità non sente e non vede.
Sono cresciuta in un’Europa in cui l’antisemitismo, strisciante oggi fra i massi della storia dopo la sua orgia di sangue, non si sognava di alimentarsi ancora di un ricco antisemitismo islamista che rende la prospettiva di annichilire gli ebrei realistica, viva. Ed è tragico che questo accada in nome della cultura dei diritti umani nata dopo la Shoah, la stessa che ignora il Darfur, l’Iran, la Cina, i dittatori omicidi, e dà addosso a Israele. La prossima scadenza della guerra contro gli ebrei è quella della conferenza detta «Durban 2» contro il razzismo, che si prepara a Ginevra per aprile. Il ministro Franco Frattini l’ha detto a Londra: se invece di essere una conferenza contro il razzismo seguita a prospettarsi come una conferenza razzista contro Israele, l’Italia non ci andrà.

 

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