[b]Fonte: LIBERO
ESTERI | Andrea Colombo
Pubblicato il giorno: 25/03/09
Coalizione rosso-nera in Israele[/b]

Pur di formare il governo entro i termini stabiliti, il premier designato israeliano Benjamin “Bibi” Netanyahu è riuscito in una missione apparentemente impossibile: mettere insieme la destra estrema di Lieberman con i laburisti di Barak. Il secco no della pasionaria della destra moderata Tzipi Livni lo ha costretto prima a cercare l’alleanza con i partiti e partitini xenofobi, fino ad imbarcare l’impresentabile Avigdor Lieberman, il superfalco di Yisrael Beitenou, destinandolo agli Esteri. Poi, in una giravolta a 360°, “Bibi” ha incassato il sì del laburista Ehud Barak, che andrà ad occupare il ministero chiave della Difesa, inaugurando così l’era della coalizione rosso-nera. Una svolta storica, certo. Anche se la sinistra israeliana non ha nulla a che fare con quella pacifista europea. Non a caso Barak è un eroe di guerra, pluridecorato, uomo da sempre molto vicino all’apparato militare che conta a Gerusalemme.

Il “minestrone”

L’intesa fra estrema destra e laburisti viene vista come una «truffa» da Kadima, il partito della Livni. Perplesse anche le cancellerie internazionali, che tuttavia attendono il nuovo governo alla prova dei fatti, prima di pronunciarsi ufficialmente. Comunque sia “Bibi” dovrà vedersela non solo con l’opposizione interna di Kadima e della sinistra non laburista, ma anche con una situazione incandescente, dal fronte della sicurezza minacciata dai palestinesi di Hamas e dall’atomica iraniana allo spettro della recessione.

Fra i punti dell’accordo del leader del Likud con la sinistra laburista, c'è l'impegno a mettere a punto un negoziato globale di pace e di cooperazione in Medio Oriente e il rispetto degli accordi politici internazionali sottoscritti dai governi passati, arginando così le tendenze xenofobe di Lieberman e degli altri membri di governo della destra estrema. Netanyahu dovrà tentare di raggiungere accordi di pace con i vicini di Israele, non solo con i palestinesi. Una mossa obbligata, necessaria per tranquillizzare i Paesi arabi, soprattutto i siriani e i libanesi, sempre potenzialmente sul piede di guerra contro lo Stato ebraico.

Barak sarà partner paritetico nella conduzione del processo di pace e farà parte del forum ristretto per le decisioni politiche, strategiche ed economiche. Il governo dovrà imporre inoltre lo smantellamento degli avamposti illegali dei coloni ebrei in Cisgiordania.

La decisione di Barak di negoziare direttamente con Netanyahu l’ingresso nel governo ha spaccato i laburisti. Il Comitato centrale del partito ha approvato ieri pomeriggio l’ingresso nella coalizione con una maggioranza risicata: la mozione è stata approvata con 680 voti favorevoli e 507 contrari. Sui 13 parlamentari laburisti eletti alla Knesset, sette si oppongono all’ingresso del partito nel governo guidato dalla destra. I “ribelli” hanno scritto una lettera al premier in pectore e a Lieberman, per avvertire che non si sentiranno vincolati all’accordo sottoscritto nella notte fra il leader del Likud e quello laburista. «Barak vuole affossare una volta per sempre il nostro partito – ha tuonato il segretario organizzativo dei laburisti, Eitan Cabel – non glielo consentiremo».

Polemiche
Tuttavia la scelta è fra essere «la ruota di scorta» dell’opposizione o diventare una forza centrale di governo in grado d’influenzare il futuro del paese, ha commentato Barak. «La vita non è un film o un reality show, dobbiamo chiederci cosa è giusto per il paese, il partito e per noi. Dobbiamo assicurarci che non si perdano opportunità diplomatiche o che non si venga trascinati in avventure militari irreversibili», ha spiegato il leader laburista alla platea del Comitato centrale. D’accordo con Barak il segretario della Histadrut (la centrale sindacale), Ofer Eini, che ha ricordato come solo una forza governativa possa affrontare la crisi economica in corso. «Nei prossimi mesi – ha esordito – 100 mila lavoratori rischiano di perdere il loro posto di lavoro. Già 20 mila saranno licenziati a fine aprile». Eini ha dunque sollecitato i delegati a essere pratici e a impegnarsi per sventare una recessione senza precedenti nella storia di Israele. Il governo elaborerà, entro 30 giorni dalla sua costituzione, in cooperazione con i datori di lavoro e con i sindacati, un piano di emergenza economica per far fronte a questa situazione.

A parte le beghe interne alla sinistra, ora ciò che si profila all’orizzonte è comunque il rischio ingovernabilità. Come farà “Bibi” ha mettere d’accordo Lieberman con Barak?

Intanto la tensione nell’area rimane altissima. È di almeno 28 feriti il bilancio degli scontri che sono scoppiati ieri tra estremisti di destra ebrei e nazionalisti arabi alle porte di Umm El-Fahm, roccaforte islamica nel nord di Israele. I tafferugli sono scoppiati durante il corteo di un centinaio di ultrà ebraici che, scortati dalla polizia, sono andati a sfilare provocatoriamente nel distretto arabo di Haifa. I residenti hanno tirato sassi sugli agenti. Sventolando bandiere israeliane, i manifestanti di estrema destra hanno marciato per pretendere «lealtà» allo Stato ebraico dalla popolazione araba, proprio come chiede Lieberman. L’ennesima, inutile, prova di forza in una terra già martoriata da troppe conflittualità.

 

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