[b]Gerusalemme, discorso alla Knesset del premier designato.
Monito all'Iran e nessun riferimento a uno Stato palestinese.
L'Anp: "Ha rivelato se stesso"
Critica Tzipi Livni: "Il processo di pace rappresenta innanzi tutto un interesse per Israele"[/b]

Fonte: 31 marzo 2009

[b]GERUSALEMME[/b] – Israele non vuole imporre il suo dominio ai palestinesi, ai quali è disposto a riconoscere poteri di governo, a eccezione però di quelli che potrebbero minacciare la sicurezza dello Stato ebraico. Lo ha detto il premier designato israeliano Benyamin Netanyahu, nel presentare alla Knesset il suo governo, affollato di partiti di destra e con un'appendice laburista. "Un governo elefantiaco, con ministri incaricati di nulla", lo ha definito la leader della opposizione Tzipi Livni (Kadima).

Il discorso di Netanyahu ha rappresentato una doccia gelata per i palestinesi. Per le parole non dette più che di quelle pronunciate, in particolare per il silenzio assoluto sulla prospettiva, anche se remota, di un qualsiasi Stato palestinese.

Il governo di Netanyahu ha ottenuto la fiducia della Knesset (il Parlamento israeliano) con 69 voti favorevoli contro 45.

Palestinesi. Il premier designato si è rivolto all'Autorità palestinese dichiarando: "Se volete davvero la pace, questa è possibile. Il governo sotto la mia guida opererà per arrivare alla pace su tre binari: economico, politico e di sicurezza. Non è nostra intenzione controllare il destino dei palestinesi". Il premier non ha però affermato la disponibilità ad accettare la costituzione di uno Stato palestinese pienamente indipendente. "Noi – ha detto – condurremo negoziati con l'Autorità palestinese per arrivare a un accordo definitivo di pace permanente" nel cui contesto i palestinesi "avranno tutti i diritti di autogoverno, meno quelli che potrebbero rappresentare un rischio per la sicurezza e l'esistenza di Israele".

Iran. Netanyahu nel suo discorso ha anche affermato che su Israele prima di tutto, ma anche sulla regione e sul mondo, grava la minaccia di un Islam radicale. "Il rischio più grave è che un regime radicale si doti di armi nucleari" ha detto con un trasparente riferimento a Teheran. "E' vero che questo regime minaccia con micidiali missili i governi occidentali, ma tutte le sue decisioni hanno un comune obiettivo: cancellare Israele dalla faccia della terra".

"E' un attestato di povertà dell'Umanità – ha continuato – che le incitazioni (alla distruzione di Israele, ndr) del leader dell'Iran vengano accolte in Occidente con deboli proteste, come una cosa di routine".

Politica economica e sociale. Netanyahu ha detto che il suo governo opererà per migliorare la qualità dell'istruzione e riportarla a livelli di eccellenza, farà tutto il possibile per tutelare i posti di lavoro e risolvere la crisi del credito. Lotterà inoltre duramente contro la delinquenza, soprattutto quella organizzata, anche per mezzo di leggi più severe, al fine di ridare sicurezza ai cittadini. Il premier infine si è impegnato a operare per assicurare piena uguaglianza tra tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, religione o etnia.

La reazione palestinese. "Netanyahu ha rivelato se stesso – è sbottato a caldo Nabil Abu Rudeina, portavoce dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) del moderato Abu Mazen (Mahmud Abbas) – non assumendo alcun impegno sugli obblighi ereditati dal passato e non dicendo ancora una volta nulla sulla soluzione dei "due Stati per due popoli". Un'omissione che secondo Rudeina pesa infinitamente di più del generico atteggiamento di disponibilità al dialogo manifestato dal neopremier. Poiché – ha sottolineato – appare "il segno della volontà del nuovo esecutivo di tornare indietro rispetto agli accordi siglati con noi dai precedenti governi israeliani".

Se Netanyahu proseguirà su questa strada – ha rimarcato il rappresentante dell'Anp – "distruggerà ogni possibilità di soluzione pacifica" del conflitto israelo-palestinese, compromettendo non solo "le relazioni bilaterali", ma anche "l'agenda regionale sostenuta dal Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu) attraverso la road map". Un pericolo di fronte al quale – nell'ottica dell'Anp – spetta alla comunità internazionale intervenire. A cominciare dalla nuova amministrazione americana di Barack Obama, già critica – come l'Ue – con la politica israeliana degli insediamenti e decisiva sul piano del sostegno politico-economico allo Stato ebraico. Ciò che conta, ha concluso Rudeina, è non interrompere "il cammino verso la creazione di uno Stato palestinese entro i territori segnati dai confini del 1967".

Le preoccupazioni dell'Anp sono condivise da Pace Adesso, storico movimento pacifista israeliano, secondo il cui segretario generale, Yariv Oppenheimer, Netanyahu non sta dando vita a "un esecutivo di larghe intese, ma a uno d'estrema destra". Anzi, al "governo dei coloni", sostenuto da forze confessionali e laiche che pretendono ad alta voce la costruzione di nuovi insediamenti.

Un tema che paradossalmente sembra viceversa inquietare meno gli integralisti palestinesi di Hamas, per i quali tutti i governi israeliani sono nemici. Il portavoce Taher Nono ha sottolienato che dal punto di vista di Hamas nulla cambia. E ha precisato che "restano identiche le condizioni" per il rilascio del caporale Ghilad Shalit: destinato a rimanere prigioniero a Gaza "fin tanto che Netanyahu non scarcererà i detenuti palestinesi della lista (450 nomi) che abbiamo indicato".

Tzipi Livni. Un deciso invito al governo di Netanyahu a non perdere di vista la necessità di definire "un orizzonte politico" per la soluzione del conflitto con i palestinesi è stato lanciato oggi alla Knesset dalla leader della opposizione Tzipi Livni (Kadima). "Il processo di pace rappresenta innanzi tutto un interesse per Israele" ha ricordato la Livni a Netanyahu. "Io davvero spero che voi riusciate a raggiungere un accordo politico… spero che prenderete l'iniziativa, e non vi farete trascinare".

La Livni ha poi osservato che quello di Netanyahu "sarà un governo elefantiaco, con 'ministri incaricati di nulla' " e si è molto stupita che "non si siano trovate persone oneste che si siano rifiutate di rivestire cariche superflue, finanziate dal pubblico e ciò in un momento di crisi economica". La Livni ha promesso che Kadima farà in parlamento una opposizione "costruttiva". "Rappresenteremo – ha assicurato – una alternativa dalle mani pulite".

(31 marzo 2009)

 

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