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[b]analisi di Antonio Ferrari, Amy Rosenthal, Dimitri Buffa, Michael Sfaradi, cronaca e intervista a Monsignor Tomasi di Davide Frattini

Testata:Corriere della Sera – Il Foglio – L'Opinione – Liberal
Autore: Antonio Ferrari – Amy Rosenthal – Davide Frattini – Dimitri Buffa- Michael Sfaradi
Titolo: «Sanzionare il razzismo verbale: da Ginevra agli stadi – 'Durban II è una commedia da teatro dell’assurdo, ma non fa ridere', ci dice Dacey – Ahmadinejad torna ad attaccare Israele: 'A Gaza pulizia etnica' –
" e la sua intervista a monsignor Silvano Maria Tomasi dal titolo "Il Vaticano: «Se avesse negato l’Olocausto saremmo usciti» " preceduta dal nostro commento. Dall'OPINIONE l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Un bilancio su Durban II ". Da LIBERAL l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " Nel giorno della Shoah chiediamo: mai più ". Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA – Antonio Ferrari : " Sanzionare il razzismo verbale: da Ginevra agli stadi"[/b]

La conferenza sul razzismo, pro mossa dall’Onu a Ginevra, è fini ta non certo meglio di quella che l’aveva preceduta, nel 2001 a Dur ban. Non tanto per il documento conclusivo, che è stato approvato da oltre 100 Paesi, quanto per il tollerato trionfo del la violenza del linguaggio di uno degli ospi ti- protagonisti: l’iraniano Mahmoud Ahma dinejad. Il quale, parlando da una prestigio sa tribuna internazionale, e alla vigilia del le elezioni presidenziali nel suo Paese, ha avuto buon gioco nel calamitare l’entusia smo del fronte islamico estremista.
Il leader, che non è uno sprovveduto, ha utilizzato con tutta la spregiudicatezza di cui è capace l’arma della violenza verbale. Dimostrando, come sostengono gli studio si della corrente più moderna della socio linguistica, che il vero obiettivo di questa violenza non è soltanto ciò che si dice ma che, reiterando il messaggio, se ne provoca l’assuefazione. Contribuendo alla progres siva intossicazione ideologica di chi ascol ta.
Pochi hanno sottolineato come la sfida di Ahmadinejad, oltre ad essere rivolta con tro il nemico Israele, «Paese razzista e cru dele dall’atto della sua fondazione», aveva come obiettivo anche l’Onu, cioè coloro che lo avevano invitato a parlare, nella neu trale Confederazione elvetica. Dove, dalla stessa tribuna, Yasser Arafat nell’88 aveva condannato solennemente il terrorismo, «in tutte le sue forme». Il presidente irania no finge di dimenticarlo, ma furono pro prio le Nazioni Unite ad istituzionalizzare e ad annunciare la nascita dello Stato ebrai co.
Già, questa conferenza di Ginevra era na ta con un pesante handicap, quasi una bef fa. Pensare ad un’assise internazionale con tro il razzismo senza la presenza del primo presidente-Usa afroamericano è in sè un controsenso. Ma riconoscere nei fatti il va lore- violenza-del-linguaggio dovrebbe in durre a qualche importante riflessione, proprio sul ruolo dell’Onu e sul suo impe gno per sostenere il dialogo e facilitare la ricerca della pace. Certo, è razzismo (di sprezzo verbale e torture fisiche) quello praticato e ammesso dagli stessi militari Usa ad Abu Ghraib e a Guantanamo. È razzi sta quanto disse il premier turco Recep Tayyip Erdogan, durante la guerra di Gaza: «Bisognerebbe espellere Israele dalle Na zioni Unite». Sono razziste le dichiarazioni del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Liebermann sull’Egitto, la Siria, gli arabi, e soprattutto contro i diritti dei palestinesi. Era brutalmente razzista il pensiero dell’ex ministro della Difesa siriano Mustafà Tlass, quando disse che se ogni arabo avesse am mazzato un ebreo, «di ebrei non ce ne sa rebbero più». Non rasenta forse il razzi smo ricevere al vertice della Lega araba, da protagonista, il presidente sudanese Omar el-Beshir, colpito da un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra contro le minoranze, e ascoltare (magari appro vandole) le giustificazioni di tanta barbarie «per salvare l’unità del Paese»? Alla presen za del segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon, che si è poi schermito con qualche dichiarazione di circostanza?
Tutti inneggiano al dialogo. Non c’è Pae se, non c’è villaggio, non c’è istituzione al mondo che non promuova conferenze e in contri sul tema. Ora, nessuno pretende ab bracci ed effusioni tra ex potenze coloniali ed ex o neo-colonizzati, tra moderati ed estremisti di tutte le parti. Nessuno preten de che si possa definire chiaramente la frontiera fra terrorismo e lotta di liberazio ne, come si tentò in passato, perché baste rebbe un solo esempio a far saltare tutto: i combattenti curdi, che da una parte della montagna (in Turchia) sono considerati terroristi, dall’altra parte della montagna (in Iraq) lottano per la libertà. Ma almeno si pensi a creare un minimo comune deno minatore di valori condivisi.
La sede per trovare un punto d’incontro è proprio l’Onu. Non è forse questo il suo ruolo? La censura e la sanzione del razzi smo verbale potrebbe essere un’efficace partenza simbolica. Un ottimo esempio a tutti i livelli: le stanze del potere, le leader ship dei partiti, e giù giù fino agli spalti di uno stadio sportivo.

Il FOGLIO – Amy Rosenthal : " 'Durban II è una commedia da teatro dell’assurdo, ma non fa ridere', ci dice Dacey "

Durban II, la conferenza dell’Onu sul razzismo, “è una commedia del teatro dell’assurdo, il che sarebbe divertente se non si trattasse del problema più serio dei nostri giorni”. Austin Dacey, l’autore di “The Secular Conscience”, era a Ginevra già a settembre quando sono iniziate le discussioni sulla conferenza, in qualità di rappresentante alle Nazioni Unite del Center for Inquiry, un’organizzazione no profit che promuove indagini in materia di scienza, religione, etica, secolarismo e società. I paesi che hanno boicottato il vertice hanno fatto bene, la risoluzione finale per combattere la diffamazione delle religioni è inutile e dannosa: “Mentre le risoluzioni dell’Onu su questo puntano a combattere l’incitamento alla discriminazione, ostilità o violenza, troppo spesso vengono usate selettivamente invece che fare il contrario: ridurre il dissenso civile, fermare il criticismo delle istituzioni politiche, impedire il dialogo vero sulle credenze e le pratiche religiose, e limitare la libertà di espressione”. Secondo Dacey, il comitato preparatorio per Durban II a Ginevra ha fornito gli elementi “per una gag globale sulla libertà di parola attraverso le leggi anti blasfemia islamiche. Il discorso sull’islamofobia e la diffamazione delle religioni non distingue fra l’espressione che costituisce un rischio di danno per gli individui e l’espressione che semplicemente sottopone le idee al vaglio di discussioni, critiche o esternazioni di antipatia, avversione, ridicolo, insulto e abuso. Il problema è che le persone che spingono la diffamazione della religione in realtà non hanno interesse a proteggere la religione. Se lo facessero, la lascerebbero fiorire senza interferenze governative”. Mentre queste risoluzioni non hanno nessun effetto sulla blasfemia nelle democrazie occidentali (“che già si censurano fin troppo spesso”), piuttosto altrove finiscono per essere utili per legittimare la soppressione del dissenso pacifico politico e religioso, soprattutto nei paesi islamici. “E’ assurdo soprattutto se si considera che i seguaci di Maometto hanno fatto abbastanza per danneggiare la sua reputazione. Francamente, non riesco a immaginare che Dio rischi di perdere il suo lavoro per le cose che si dicono di lui”. La risoluzione di Durban non è nulla di più di un pacco di soluzioni in cerca di un problema. “Il documento parla di ‘promuovere l’armonia socio-culturale’ o ‘prevenire attriti razziali e religiosi’. Queste potrebbero essere cose delle quali qualcuno si rammarica: io personalmente no. Non mi dispiace vivere in un mondo libero fra attriti religiosi e disarmonia”. Il documento conclusivo non tiene conto dei dati sui crimini di odio: “Osservandoli si nota che nel 2006 quelli a danno dei musulmani sono tre volte meno di quelli contro gli ebrei. E gli Stati Uniti sono pure il paese vittima del peggior attacco terroristico di matrice islamica”. Secondo Dacey, per combattere il razzismo bisognerebbe combattere l’aumento della violenza antisemita. “Dovrebbe preoccupare che nei paesi islamici è proibito per legge cambiare religione o esprimersi su tematiche religiose senza temere l’arresto o la morte. Di questo si dovrebbe parlare”. Ad essere messa in discussione ora è la credibilità dell’Onu. “Non c’è dubbio che serva una riforma strutturale, in particolare sul Consiglio per i diritti umani. I partecipanti più impegnati in questi vertici arrivano da molti paesi islamici perché sanno che ciò che viene detto a Ginevra avrà conseguenze reali sulle loro vite e la lotta per i diritti umani nel loro paese”.
CORRIERE della SERA – Davide Frattini : " Il Vaticano: «Se avesse negato l’Olocausto saremmo usciti»

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Monsignor Tomasi dichiara che se Ahmadinejad avesse negato la Shoah, avrebbe abbandonato l'aula. L'antisemitismo non è solo quello di chi nega il genocidio nazista degli ebrei, ma anche quello di chi attacca Israele e ne chiede la distruzione.
Tomasi dichiara inoltre : " L’emotività è scoppiata attorno a quelle espressioni inaccettabili. Ma se fossero intervenuti altri capi di Stato, perché tutti erano stati invitati, questa voce estremista si sarebbe un po’ sbia dita davanti ai discorsi degli altri ". La gravità delle affermazioni di Ahmadinejad non sarebbe "sbiadita" se qualcuno gli avesse risposto a Ginevra. La presenza di altri capi di Stato avrebbe invece contribuito a legittimare il messaggio d'odio del presidente iraniano.

GINEVRA — Il testo scritto del di scorso di Mahmoud Ahmadinejad de finiva l’Olocausto «dubbio e ambi guo ». Sul podio, il leader iraniano non ha pronunciato la frase.
«Se avessimo ascoltato quelle paro le, avremmo preso un’altra decisio ne ».
Avreste lasciato la sala come i ven titré diplomatici europei?
«Ripeto: anche noi avremmo preso un’altra decisione. Siamo stati molto attenti a pesare la situazione, perché il Santo Padre va a visitare Israele, come segno di grande affetto verso quel Pae se. Io ho partecipato lunedì sera alla commemorazione di Yom HaShoah, per ricordare le vittime dell’Olocausto assieme ai miei amici rabbini di Gine vra ».
Monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente per la Santa Sede all’Onu, ha appena finito di parla re nell’aula del Palazzo delle Nazioni. Davanti all’assemblea, ha attaccato «l’ancora latente tentazione eugeneti ca che può essere innescata dalle tecni che di procreazione artificiale». Nel fi nale, ha ribadito la posizione del Vati cano sull’intervento del presidente ira niano. Senza nominarlo: «La conferen za è stata sfortunatamente usata per proclamare opinioni politiche estremi ste e offensive, che deploriamo e riget tiamo. Non contribuiscono al dialogo, provocano conflitti inaccettabili e in nessun modo possono essere approva te o condivise».
Tornato a Teheran, Ahmadinejad ha accusato Israele di «pulizia etnica nella Striscia di Gaza».
«Come delegazione della Santa Se de, in questo vertice cerchiamo di non entrare in motivazioni politiche. Vo gliamo dare un piccolo servizio per cambiare il cuore delle persone in mo do che non nutrano pensieri di discri minazione ».
Il delegato francese ha commenta to: «Non permetteremo che questa conferenza venga presa in ostaggio o distolta dai suoi obiettivi». Il leader iraniano ha dirottato il summit?
«L’emotività è scoppiata attorno a quelle espressioni inaccettabili. Ma se fossero intervenuti altri capi di Stato, perché tutti erano stati invitati, questa voce estremista si sarebbe un po’ sbia dita davanti ai discorsi degli altri».
Gli Stati Uniti, l’Italia e altri otto Pa esi hanno boicottato il summit an che perché il documento approvato qui a Ginevra riafferma le conclusio ni della prima conferen za a Durban. Il punto 63 recita: «Siamo preoccu pati dalle sorti del popo lo palestinese che vive sotto occupazione stra niera. Noi riconosciamo il diritto inalienabile del popolo palestinese all’au­todeterminazione e alla creazione di uno Stato in dipendente, e allo stesso tempo il diritto alla sicu rezza di tutti gli Stati della regione, compreso Israele». Su 219 punti, è l’unica questione specifica citata.
«Nel testo di Ginevra non ci sono ri ferimenti a Israele o alla Palestina. Il punto 5 enfatizza: 'La necessità di af frontare con maggiore volontà politi ca tutte le manifestazioni di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia, intolleranza, in tutte le sfere della vita e in tutte le regioni del mondo, incluse quelle sot to occupazione straniera'. Potrebbe essere il Polisa rio, il Golan, Gaza o il Kashmir. Dipende dal punto di vista che si usa per giudicare. E’ vero re sta il riferimento al docu mento del 2001, ma è la prassi di tutte le conferen ze dell’Onu: abbiamo effet tuato una revisione di Dur ban e abbiamo fatto dei passi in avan ti. Nessun Paese viene più additato».
L’Onu sta tentando di convincere le nazioni assenti a sottoscrivere il documento. I negoziatori sembrano convinti di poter recuperare la Ger mania. Sergio Romano ha criticato sul Corriere la mancata partecipazio ne dell’Italia: «La Santa Sede ci ha da to, in questo caso, una lezione di lai co buon senso».
«L’Europa deve dare alle minoran ze, a chi viene discriminato, un mes saggio innanzitutto etico: il razzismo non è accettabile. C’è anche una rifles sione più politica. E’ nell’interesse de gli europei facilitare i rapporti e l’inte grazione degli immigrati che arrivano dall’Africa. E’ meglio essere attivi e im pegnati in questa battaglia che assen ti ».
Durante i negoziati, i Paesi musul mani hanno spinto per introdurre nel testo la «diffamazione della reli gione ». Gli occidentali si sono oppo sti — e hanno vinto — per timore di limiti alla libertà di espressione.
«L’obiezione dei Paesi occidentali si è sempre articolata in base alla Dichia razione universale dei diritti dell’uo mo, riconosciuti come diritti della per sona. La tradizione musulmana è diffe rente: religione e Stato, religione e po litica sono una cosa sola. La comunità, la umma islamica, controlla in qual che modo anche l’individuo. I musul mani hanno di fatto accettato un lin guaggio della tradizione occidentale di rispetto dell’individuo. Il testo parla di protezione della persona che ha o non ha credenze religiose. Mi pare un grande passo in avanti».

CORRIERE della SERA – Davide Frattini : " Ahmadinejad torna ad attaccare Israele: 'A Gaza pulizia etnica' "

GINEVRA — Dal podio di Ginevra a quello di Teheran. Mahmoud Ahmadinejad è tornato ad attaccare Israele, dopo l’intervento di lunedì al la Conferenza sul razzismo. Ha accusato lo Stato ebraico di «atti brutali» e di «pulizia etnica nella Striscia di Gaza», contro i palestinesi. «I crimi nali di guerra sionisti dovreb bero essere portati davanti al la giustizia. Devono essere considerati responsabili di tutte le loro brutalità», ha det to il presidente in un discor so trasmesso in diretta dalla televisione.
Al vertice organizzato dalle Nazioni Unite, il leader irania no aveva criticato gli occiden tali «per aver mandato emi granti a istituire un governo totalmente razzista nella Pale stina occupata. Con il prete sto delle sofferenze degli ebrei e per le conseguenze del razzismo in Europa, han no installato al potere uno dei più crudeli e repressivi re gimi razzisti». Parole appog giate dalla Siria. «Il discorso ha il sostegno di gran parte dell’opinione pubblica ara ba », ha commentato ieri Wa lid Mouallem, ministro degli Esteri, da Damasco. Parole che a Ginevra vengono anco ra condannate dai Paesi euro pei. «Non permetteremo che questa conferenza venga di rottata e allontanata dai suoi obiettivi», ha proclamato Jean-Baptiste Mattéi, il rap presentante francese.
Hillary Clinton, segretario di Stato, ha ribadito la posizio ne americana. L’intervento di Ahmadinejad era stato attac cato dal presidente Barack Obama, che però aveva lascia to aperta la possibilità del dia­logo e ai negoziati sul pro gramma nucleare. «Siamo pronti a discutere con Tehe ran di tutti i problemi — ha detto Clinton davanti al Con gresso —. Se le nostre offerte venissero respinte o le tratta tive dovessero saltare, stiamo già preparando un regime di sanzioni molto severe».
Le Nazioni Unite sperano di poter convincere i Paesi eu ropei che hanno boicottato il vertice a sottoscrivere il docu mento finale, approvato mar tedì. «Alcuni di loro — spie ga uno dei negoziatori alla France Presse — hanno parte cipato alla stesura del testo, non c’è nessuna ragione per non firmarlo». Il diplomatico russo Iuri Boitchenko, che ha condotto le trattative, ha ri cordato: «Le nazioni che si so­no ritirate all’ultimo momen to, non hanno messo in di scussione il documento». La Repubblica Ceca, presidente di turno dell’Unione Europea, ha abbandonato il summit do po il discorso di Ahmadi nejad. La Germania — spiega no al Palazzo delle Nazioni— potrebbe decidere di aderire alla dichiarazione finale. «Quando ha annunciato il boicottaggio, Berlino non ha escluso questa possibilità».

L'OPINIONE – Dimitri Buffa : " Un bilancio su Durban II

Per capire l’insidia di Durban 2 bisogna saper leggere tra le righe. E già dal primo paragrafo, che da per accettato tutto il documento gemello di Durban 1, si capisce quale sia l’insidia. Infatti nel documento finale di Durban 1, chiamato anche “Durban Declaration and Programme of Action”, si scopre che un solo paragrafo di due righe, il numero 58, su 220 che compongono il documento di 62 pagine, è dedicato a stigmatizzare il negazionismo dell’Olocausto. E oltretutto nella sua dizione burocratica in inglese suona anche un po’ grottesco: “We recall that the Holocaust must never be forgotten” . Che è un po’ come dire: “vi ricordiamo che l’Olocausto non deve mai essere dimenticato”. Poi la pietra dello scandalo diplomatico è il successivo paragrafo 63, ben più lungo di quello dedicato alla tragedia della Shoà. “Noi siamo preoccupati – dice il punto 63 di Durban 1, completamente inglobato dal punto 1 di Durban 2 insieme a tutto il resto della dichiarazione di intenti emanata tre giorni prima delle stragi delle Torri Gemelle – della situazione del popolo palestinese sotto occupazione straniera. Noi riconosciamo l’inalienabile diritto del popolo palestinese all’auto determinazione e a stabilire un stato indipendente e noi riconosciamo il diritto alla sicurezza per tutti gli stati della regione, incluso Israele, e esortiamo tutti gli stati a supportare il processo di pace per portarlo a una rapida conclusione..” Orbene questo “statement” contiene tre mostruosità: la prima è che quello israelo-palestinese è il solo conflitto territoriale citato su almeno trenta, compreso quello del Sudan con il Darfur e quello di Ceylon con i Tamil, o quello del Kashmir con il Pakistan. La seconda è il concetto di “diritto all’autodeterminazione”, che è la scappatoia Onu cogitata nel 1974 per giustificare ogni terrorismo e guerriglia nel mondo , dalle Farc all’Eta, nel nome di una non meglio identificata “autodeterminazione dei popoli e dei grupi etnici e linguistici”. E infatti per l’Onu non esiste il terrorismo, se non come “guerriglia giusta”. Con il paradosso che se dal mondo sono scomparse le “guerre sante o giuste”, ogni rigurgito indipendentista, o etnico religioso, può produrre una lotta armata contro il potere centrale che viene giustificata per il solo fatto di esistere. E i capi guerriglia l’Onu li tratta da capi di stato. E il Vaticano è sempre stato d’accordo dal 1974 a oggi. L’ultima enormità del punto 63 di Durban 1 è quell’ “incluso Israele”, nell’ovvio diritto degli stati della regione medio orientale a vivere in sicurezza. Si capisce che è stato messo lì a guisa della categoria dello spirito del “ponendo tollens”, perché non si capisce affatto che bisogno c’era di specificare Israele quando gli stati della regione in questione sono tutti quelli che esistono sulla cartina geografica. E d’altronde che le due Durban fossero delle trappole anti occidentali con il pretesto del razzismo e profittando della cattiva coscienza del colonialismo dell’800 e del ‘900, lo conferma la dichiarazione di Ahmadinejad di ieri: “la conferenza sul razzismo delle Nazioni Unite in questi giorni è una sconfitta di Israele che uccide innocenti, costruisce bombe atomiche, usa la questione dei diritti umani per giustificare le sue azioni disumane come fa con l'Olocausto”. E se è vero che per i negazionisti come lui l’Olocausto neanche esiste, per tutti gli stati che si riconoscono in Durban 1 e in Durban 2 (incluso il Vaticano) la sua esistenza si riduce a quelle due righe di cui sopra. Cui si aggiungono altre due righe del paragrafo 66 di Durban 2. Eccole : “Recalls that the Holocaust must never be forgotten, and in this context urges all Member States to implement General Assembly resolutions 60/7 and 61/255” Una goccia d’acqua nel mare di retorica sul razzismo e sui danni del colonialismo contenuta nelle due dichiarazioni finali delle due conferenze. Per questo chi non ci è andato, e un giorno potrà dire “io non c’ero”, oggi deve essere orgoglioso della propria scelta.
LIBERAL – Michael Sfaradi : " Nel giorno della Shoah chiediamo: mai più "

GERUSALEMME.
In Israele 10 giorni prima della festa dell´indipendenza, si celebra una giornata di ricordo per l´olocausto. Il momento più suggestivo è alle 10 del mattino, quando il tono baritonale delle sirene antiaeree echeggia nell´aria richiamandol´attenzione di tutti. Durante quei minuti il traffico si ferma, le persone scendono dai veicoli e insieme ai passanti rimangono immobili in silente raccoglimento e rispetto per 6 milioni di persone, bambini, anziani, donne e uomini vittime della follia umana. Follia che sembra non avere fine, infatti quest´anno, proprio alla vigilia della ricorrenza del giorno di ricordo dell´Olocausto, il presidente iraniano Mahmud Ahmedinejad ha usato il tempo a sua disposizione, durante la conferenza sul razzismo "Durban 2" che si tiene in Svizzera, per attaccare lo Stato di Israele definendolo "Entità Sionista e razzista", delegittimandolo nei confronti della comunità internazionale. Non contento e con argomentazioni che rasentano la follia, ha cercato di minimizzare la tragedia della Shoa sia ne i numeri che nella dinamica cercando di far dimenticare che lo sterminio degli ebrei perpetrato da nazisti è stato il primo esempio di eccidio "industriale" della storia dell´umanità. Rav Israel Lau, Rabbino Sefardita emerito di Israele ed ex capo Rabbino Militare gli risponde da Auschwitz, dove accompagna un gruppo di giovani in visita all´ex campo di sterminio, invitandolo a visitare lo "Yad Vashem" il museo dell´Olocausto di Gerusalemme. "Sarei felice di fargli da guida, imparerebbe sicuramente qualche cosa" ha dichiarato il religioso ai giornalisti presenti. Prendendo spunto dalla parte del discorso in cui il presidente iraniano accusava l´Europa di aver trapiantato un regime ebraico-razzista in Palestina alla fine della seconda guerra mondiale come risarcimento per l´olocausto, il secondo canale israeliano invece, ha risposto mandando in onda un programma con filmati e fotografie storiche della fine del 1800, il periodo dei primi insediamenti, foto che testimoniano la presenza ebraica in Palestina molto prima della salita al potere di Hitler in Germania. L´organizzazione di conferenze, come quella che si sta tenendo in Svizzera, dovrebbe dare l´occasione ai governi delle nazioni del mondo di confrontarsi sulle situazioni e trovare un modo comune per combattere ingiustizie e sopraffazioni, invece è già la seconda volta
che questa occasione viene usata per aggredire l´unica democrazia mediorientale. Ci si aspettava un discorso di questo tenore, ed20alla fine non c´è stato nulla di nuovo nella posizione di Teheran. In Israele ci si guarda intorno cercando di capire quali siano le nazioni amiche, se non proprio alleate, sulle quali poter contare in un futuro che, viste le premesse, non sembraaffatto roseo. L´acredine con la quale viene da più parti attaccata l´unica democrazia mediorientale nasconde,
inutile negarlo, sentimenti antisemiti che, ironia della sorte, hanno trovato l´ideale palcoscenico proprio in una conferenza che, al contrario, dovrebbe combattere ogni tipo di razzismo antisemitismo incluso. La sensazione che all´interno dell´organizzazione delle Nazioni Unite ci sia un disegno volto a demonizzare lo Stato ebraico è ormai certezza, inutile negarlo, e crea nella popolazione israeliana un sentimento di profonda sfiducia nei confronti delle organizzazioni internazionali. Nel corso degli ultimi anni siamo stati testimoni di diverse prese di posizione
negative nei confronti di Israele ma situazioni come quella accaduta ieri lasciano sgomenti ed increduli. Dai commenti della strada si capisce che la gente sta vivendo due tipi diversi di stati d´animo. Da una parte si attende, senza farsi troppe illusioni, una "levata di scudi" seria, senza se e senza ma da parte di coloro che hanno a cuore la pace e la giustizia, anche se, l´esperienza insegna, per le nazioni occidentali è più facile far passare il tempo cercando di dimenticare che
non affrontare la situazione. Dall´altra il popolo e braico, sia in Israele e nelladiaspora, sentendosi costantemente sotto tiro si chiude in se stesso e prepara le difese nell´attesa di vedere se il
mondo intero interverrà per evitare catastrofi o, come fece durante la secondaguerra mondiale, si limiterà a guardare.

 

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