Fonte:

[b]29 settembre 2009 – ore 14:21
Ricrea la vita di un migliaio di esseri umani[/b]

Bat Ye’or, che più del suo nome è famosa per il titolo del suo libro, ormai un modo di dire per indicare il rischio che l’occidente corre: "Eurabia". Oriana Fallaci ne rimase folgorata e quel libro ha reso celebre in tutto il mondo questa storica rigorosa e durissima di origini egiziane. Bat Ye'or ha letto e commentato per il Foglio il libro "Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri d'Israele". Segue il suo lungo saggio.

[b]di Giulio Meotti
27 settembre 2009 – ore 10:36
Segre su "Non smetteremo di danzare"[/b]

[b] Bat Ye'or su "Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri d'Israele"[/b]

Con un libro dal titolo splendido, “Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri d’Israele” (Lindau, 360 pagine, 24 euro), Giulio Meotti ci offre un ritratto profondo e intenso delle migliaia di martiri israeliani ed ebrei assassinati dai terroristi palestinesi. L’autore appartiene a quel minuscolo ma prezioso gruppo di persone alle quali il mondo occidentale deve essere grato per la conservazione del suo onore, della sua libertà e della sua dignità in un periodo di controllo totalitaristico dei media, di infinita corruzione petrolifera, di terrorismo e di feroce antisemitismo. In questi giorni di odio islamico antisraeliano che agita l’intero pianeta, Meotti ci racconta la commovente storia dell’umanità e dell’eroismo di Israele. In una breve prefazione, Roger Scruton presenta il libro come un intenso racconto delle prove e delle sofferenze subite da Israele, vittima dei crimini terroristi. E critica severamente la politica d’appeasement dell’Unione europea, che ha permesso all’antisemitismo di affermarsi nuovamente in Europa. La prefazione di Scruton è seguita dalla testimonianza di Robert Redeker, che ringrazia l’autore per il grande coraggio dimostrato con il suo libro. Nascosto nella campagna francese per sfuggire alle minacce di morte degli islamisti, Redeker ricorda la resistenza della sua famiglia sotto il dominio nazista e si chiede come mai lui stesso, un cittadino francese, debba nascondersi nel proprio paese perché la libertà di pensiero e di espressione è annullata da leggi religiose importate in Europa da stranieri. E osserva come l’antisemitismo sia così forte che è ormai proibito esprimere sentimenti di simpatia per lo stato di Israele.
La testimonianza di questi due scrittori esemplifica perfettamente l’attuale clima politico dell’Europa, e conferma l’eccezionale coraggio mostrato da Meotti con la pubblicazione di questo libro. Ossessionati dal bisogno di dimostrare la persecuzione subita dai palestinesi e di riversare su Israele il senso di colpa europeo per l’Olocausto nazista, i media occidentali hanno taciuto o minimizzato il martirio dei cittadini israeliani, divenuti il bersaglio preferito dei terroristi palestinesi. L’entusiasmo per i palestinesi che percorre tutta l’Europa deriva dalla disumanizzazione di Israele e dalla negazione del suo diritto all’esistenza, vale a dire dai due cardini fondamentali della politica antiebraica di Hitler. E questo è precisamente il tema di ricerca di Meotti, perché, come spiega lui stesso, la disumanizzazione dell’ebreo, la soppressione della sua identità, del suo nome, del suo volto, furono proprio i propulsori della Shoah. Allo stesso modo, nell’Europa odierna, il veleno antisemita e l’odio contro Israele sono accolti e diffusi, aprendo la strada a una nuova Shoah. L’Europa nega la storia di Israele, il suo diritto all’esistenza, riconosciuto dalle Nazioni Unite, e la dignità delle vittime israeliane. Hamas e Hezbollah, due organizzazioni terroristiche che promuovono la distruzione di Israele, chiamano gli ebrei “porci”, “cancri”, “sudici”, “microbi”. Questa terminologia, sostiene Meotti, è la versione moderna della giudeofobia nazista. C’è una filiazione diretta tra i sopravvissuti della Shoah e le vittime del terrorismo palestinese. Fin dal 1973 l’Europa ha appoggiato la guerra palestinese di annientamento di Israele e sovvenzionato le più spietate organizzazioni antisraeliane presso le Nazioni Unite. Questa cultura dell’odio e della delegittimazione, finanziata dai contribuenti europei, è promossa ai più alti livelli gerarchici dell’Europa e viene diffusa dai network e dai canali internazionali dell’Ue. Il libro di Meotti si scaglia direttamente contro questa potente macchina d’odio che avvelena la politica, i media, le università e i sindacati. Per combattere l’impunità concessa alla criminalità dalla disumanizzazione delle sue vittime, Meotti ha rintracciato più di mille vittime israeliane del terrorismo. Con parole semplici e chiare, l’autore descrive la realtà quotidiana di un popolo aggredito nel proprio paese e nelle proprie città dal terrorismo palestinese. Violenti attacchi contro i civili che le Nazioni Unite dovrebbero denunciare come crimini contro l’umanità vengono attribuiti alla stessa esistenza di Israele. L’autore ricrea così la vita di un migliaio di esseri umani, giovani e vecchi, bambini, donne e uomini massacrati indiscriminatamente sul pullman, al bar, in negozio o al ristorante da persone convinte che uccidere sia un atto di fede.
Dato che la stampa occidentale evita di parlare delle vittime israeliane, condannandole così all’oblio, Meotti ha deciso di scrivere questo libro come atto d’amore nei confronti del popolo d’Israele. Entrare nel mondo di dolore e sofferenze delle vittime del terrorismo è stato un compito arduo, spesso causa di frustrazione, ma nel corso dei suoi quattro anni di ricerche e di discussioni con le famiglie delle vittime l’autore è stato premiato dal calore e dalla simpatia con cui è stato accolto. E ha compreso che, nonostante le camere a gas e il terrorismo, Israele continua a rappresentare l’essenza della libertà. Per Meotti, raccontare la storia delle migliaia di martiri israeliani è stato un atto di profonda fede, un modo per essere loro vicino fino alla fine, affinché essi stessi rimangano sempre con noi. Con grande sensibilità, l’autore ricostruisce la storia, il carattere e le particolarità di ogni vittima. Attraverso le pagine del suo libro, e le diverse storie familiari, il legame tra la giudeofobia europea e islamica appaiono evidenti, trasmessi da una generazione all’altra in una catena interminabile di odio e disprezzo per la vita umana.
Meotti passa dai campi di sterminio che ricoprirono l’Europa ai massacri di innocenti in Israele attraverso un ininterrotto racconto di storie familiari. E, al termine del libro, evocando la costante presenza nel nostro cuore di queste vittime, conclude con questa magnifica frase: “Le stelle non scompaiono quando noi moriamo”. Meotti ha scritto un libro profondo e straordinario, in uno stile semplice e sensibile, offrendoci il ricordo di amici deboli e indimenticabili, la vita, i sogni e le doti dei quali sono stati annientati da assassini invasati da una ideologia fondata sull’odio e la violenza.
La lettura è sempre avvincente e stimola a una profonda riflessione sulla perdita dei valori fondamentali dell’occidente, sulla decadenza morale e politica che incoraggia quella distorsione della verità costantemente praticata da intellettuali e leader politici corrotti. E’ importante osservare che né Scruton, né Redeker né Meotti sono ebrei; ciononostante, al pari di molti altri europei non ebrei, sono disgustati dalla vergognosa infamia importata in Europa dal mondo musulmano. I leader politici che hanno lasciato venire alla superficie questo fango sotto la pressione del terrorismo islamico dovranno fare i conti con la resistenza degli europei, consapevoli che lo scalzamento di Israele ad opera dell’Europa non è altro che una guerra contro se stessi. In questa nostra epoca in cui la codardia è di gran moda, il libro di Meotti è un monumento di amore e coraggio dedicato alle purtroppo dimenticate vittime israeliane ed ebraiche del jihad islamico in Israele e in tutto il mondo.

FOGLIO QUOTIDIANO
di Giulio Meotti

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Vittorio Dan Segre ha scritto su "Non smetteremo di danzare" (Il Giornale, 27/09/09)[/b]

Quando ho terminato il libro di Giulio Meotti (Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele, Lindau, pagg. 352, euro 24) mi sono chiesto: perché un giornalista italiano che alla destra nazionalista, religiosa ebraica non appartiene, ha sentito il bisogno di passare quattro anni a raccogliere testimonianze di vittime del terrorismo arabo in Israele? Dopo tutto la morte di un migliaio di civili israeliani è numericamente «poca cosa» a confronto dei sei milioni di ebrei massacrati in Europa e dei 20mila morti nel guerre di Israele. Tanto più che Meotti non fa cenno ai morti palestinesi negli scontri con Israele. Lo ha fatto per dare loro un nome che in una opinione pubblica dominata dalla propaganda anti sionista e anti ebraica non dovrebbero avere.

Questi «morti ammazzati» dal terrorismo arabo sono e dovrebbero rimanere ignoti perché, come scrive Robert Redeker, insegnante protestante francese che da anni vive sotto scorta per aver criticato la violenza del radicalismo islamico in un suo libro, nella prefazione di questo testo «il martirio di Israele si trova anche nella testa di quei militanti della sinistra che non si rendono conto di ciò che fanno». Giulio Meotti ha voluto rompere il silenzio che circonda queste vittime israeliane di un terrorismo che esalta la morte soprattutto quando si tratta di ammazzare ebrei. Non ha soltanto voluto dare loro un nome raccontando le loro storie, le loro speranze e spesso i loro atti di eroismo. Li ha voluti situare al centro di due storie, diverse e straordinarie. La grande storia delle società – europee, nordafricane, yemenite, russe, americane – da cui provenivano le loro famiglie e la piccola storia che avevano voluto creare venendo in Israele. La storia di pionieri che rifiutano il titolo di coloni, di medici che si sono prodigati prima di essere uccisi, alla cura degli arabi, di soldati e di professori, di religiosi e di laici, la piccola umanità di un piccolo Paese che ha due imperdonabili colpe: quella di appartenere a un popolo incapace di morire e quella di essere colpevole di esistere. Un «popolo metafisico» aveva detto nel lontano 1930 Jacques Maritain. I membri «sommersi di Israele» di cui non c’è e non si vuole che sia raccontata la storia.

Una storia che inizia a Monaco nel 1972, col massacro degli atleti israeliani a quella Olimpiade, che spiega perché la «vendetta» di Israele è esistere, perché il massacro di ebrei per mano palestinese è incominciato nel 1929, a Hebron, quando lo Stato d’Israele non c’era e la «colonizzazione» era rappresentata da ebrei ortodossi che del sionismo non volevano saperne. Inutile cercare il senso, la logica di questi assassini volontariamente dimenticati dalla parzialità mediatica. Forse Meotti voleva rispondere alla lugubre osservazione di Elie Wiesel che «il regno della notte… rifiuta di staccarsi da noi». Questi morti «sommersi» gli sembrano invece necessari «perché Dio possa tornare a sorridere».

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di Giulio Meotti
26 settembre 2009 – ore 14:27
Volti, gesti, parole. Non smetteremo di danzare

"Volti, gesti, parole: gli ebrei uccisi dal terrore quotidiano" di Pierluigi Battista – Corriere della sera (26/09/09)[/b]

Eccoli, i protagonisti e i testimo ni di un libro di Giulio Meotti, Non smetteremo di danzare, pubblicato da Lindau. Sono i pa renti di «civili innocenti, vecchi, donne e bambini ebrei assiepati nei bus che van no a scuola, avventori di ristoranti e pizze rie, gente ignara seduta al caffè in attesa della prossima fermata, nei centri e nelle città dove la società vive la sua quotidiani tà ». Vittime. Bersagli del terrorismo. Col pevoli semplicemente di vivere in Israele e di essere casualmente passati nel posto sbagliato nel momento sbagliato: quello scelto dai terroristi per esplodere e colpi re quanti più civili israeliani sia possibile. Ecco i loro nomi, i loro volti, le loro vite. Non un numero freddo e astratto (per quanto i numeri non siano insignificanti: 1.723 morti e 10.000 feriti in dieci anni. Se si fa la proporzione, è come se negli Stati Uniti le vittime del terrorismo fossero sta te 74.000, un’enormità). Ma un mosaico di vite spezzate. Le vite annientate di quelli che Meotti, parafrasando Primo Le vi, definisce «i sommersi di Israele».

Ecco come si chiamano: Dickstein e Ga vish, Ben-Shalom e Nehmed, Roth e Zer-Aviv, Avichail e Hatuel e tanti altri. Di cono niente questi nomi? «Quando a En tebbe nel 1976», scrive Meotti, «i terrori sti dirottarono un aereo pieno di israelia ni, selezionarono gli ostaggi a seconda del nome: trattennero i 105 ebrei a bordo dopo avergli fatto pronunciare il loro no me, c’erano alcuni sopravvissuti ai campi di sterminio che avevano giù vissuto quel la selezione trent’anni prima». I dirottato ri dell’«Achille Lauro» sapevano bene la colpa di Leon Klinghoffer, costretto sulla sedia a rotelle, prima di trucidarlo: era ebreo. E Daniel Pearl in Pakistan? Prima di sgozzarlo, i suoi assassini lo costrinse ro a scandire il proprio nome e anche: «Mio padre è ebreo, mia madre è ebrea, io sono ebreo». Non c’entrava la guerra tra israeliani e palestinesi e nemmeno il diritto dei palestinesi a uno Stato. C’entra va il fatto che le vite da annichilire appar tenessero a degli ebrei. Ai ragazzini adde strati alla guerra santa insegnano che i «maiali ebrei» sono l’incarnazione di ogni male, meritevoli di essere soppressi in quanto tali. Ecco gli esiti tragici di que sto insegnamento omicida, con il volto delle vittime narrate con infinita pietas in questo libro. Nessun risarcimento sto rico. Nessuna giustificazione per una guerra di indipendenza nazionale. Nes sun attacco al nemico in armi. L’attacco è a chi porta quei nomi, allo scopo di elimi narli dalla faccia della terra. L’attacco non è a una trincea o a un comando mili tare: è diretto contro una pizzeria, una di scoteca, un autobus scolastico, un risto rante, un albergo, una stazione ferrovia ria. Dovunque ci siano civili da stermina re. Civili, non militari.

Civili come Rachel Teller, una bambi na di cui la madre ha deciso di donare cuore e reni come «risposta a quelle jene». Civili come Ron, «il cui nonno sfuggì ai nazisti e la cui figlia è stata ucci sa su un autobus». O Tzipi, cui hanno pu gnalato il padre rabbino. O Menashe che «ha perso il padre, la madre, il fratello e il nonno in una notte di terrore». Miriam «si è vista portare via il marito musicista, dopo che erano arrivati dall’Unione Sovie tica ». Dror «ha perso gran parte della fa miglia nell’Olocausto e ha sepolto il figlio con l’inseparabile Talmud babilonese». Il dottor Picard, che aveva «lasciato la Fran cia, dove i suoi nonni sfuggirono ai carri piombati di Vichy, per perdere un figlio in un seminario ebraico». Sono storie e personaggi che rivelano, anche sul piano del «vissuto», come usa dire, la continui tà tra due momenti della storia: una conti nuità che, tra l’altro, spiega molto bene l’ossessione negazionista di chi, convin cendosi dell’inesistenza dello sterminio di ieri, rende legittima la volontà di ster minio di oggi.

L’impresa di Meotti, il suo ricercare l’umanità al posto dell’astrazione numeri ca, il dramma reale al posto delle conside razioni geopolitiche, rende ancora più atroce a assurdo, non giustificabile in nessuna logica bellica, l’assassinio siste matico degli inermi. Uccidere quanti più ebrei possibile non ha nessuna relazione con la possibilità di risarcire i palestinesi dalle loro privazioni. È un orrore in sé, a prescindere dalle motivazioni di cui si ammanta.

Scrive Roger Scruton nella prefazione al libro che Meotti «racconta la storia in dettaglio»: il dettaglio delle vite stronca te che generalmente svaniscono nella di menticanza collettiva. Aggiunge Robert Redeker, nella sua lettera all’autore scrit ta dal «luogo segreto» in cui è confinato dopo le minacce dei fondamentalisti, che «di fronte all’orrore della Shoah e dello sterminio degli ebrei europei si poteva pensare che non si sarebbe mai più trova to un solo uomo in tutto il pianeta che si richiamasse all’antisemitismo». Quella speranza si è rivelata fallace. E il libro di Meotti lascia misurare i costi spaventosi che la rinascita dell’antisemitismo, nutri to di un odio assoluto e inestinguibile per Israele in quanto tale e per i suoi citta dini, sta imponendo a tutto il pianeta, enon solo a Tel Aviv o Gerusalemme.

[b]Giulio Meotti – "Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri d'Israele" (Lindau – uscita 24 settembre 2009)[/b]

Quasi ogni giorno in Israele ci sono cerimonie funebri per le vittime del terrorismo. Persone uccise per il solo fatto di essere ebree. In banca, nei centri commerciali, in pizzeria. Sul pullman, davanti a un cinema, per strada. Da sole e in gruppo. Giovani e vecchi. Uomini e donne. Tutti condannati dalla furia del fondamentalismo islamico, bersagli di un odio quotidianamente alimentato da decenni. Questo lento e inesorabile stillicidio di morti – migliaia e migliaia – è il risultato di una guerra che ha avuto inizio nel 1972, alle Olimpiadi di Monaco, quando undici atleti della delegazione israeliana vennero trucidati da un commando di guerriglieri dell’organizzazione palestinese Settembre Nero. Da allora ogni cittadino di Israele sa che può morire in qualsiasi istante. Giulio Meotti racconta le storie dei «caduti in battaglia» di questa guerra condotta a fari spenti dal terrorismo islamico, abilmente dissimulata tra i fatti di cronaca della «questione palestinese », dietro la quale si cela la vera causa di una simile strage: l’antisemitismo. Complice la distrazione dei media occidentali, queste storie ci appaiono sinistramente inedite, come se le leggessimo per la prima volta. Come se neanche fossero vere. Eppure nelle parole e nel dolore dei sopravvissuti – mogli, mariti, figli, padri, madri, nonni, sorelle, fratelli, amici, commilitoni, compagni di studi, conoscenti – ogni particolare suona autentico, definitivo, indimenticabile. Parecchie di queste storie si intrecciano con quelle tristemente note della Shoah: chi muore oggi negli attentati è spesso figlio o nipote di un sopravvissuto ai campi di sterminio e diventa così parte di una sola, tragica, incomprensibile sequela. L’ebraismo insegna che l’hazkarah, l’atto del ricordare, è l’unico modo per chi sopravvive di provare l’ingiustizia sofferta da ogni innocente e di opporsi al destino che molti vorrebbero riservare agli ebrei, anche in Israele: l’esilio, la fuga, il martirio. Leggere queste pagine è quindi già un atto di resistenza alla barbarie.

[b]di Giulio Meotti
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