[b]Duro attacco del premier palestinese

di Carlo Panella
L'Occidentale
25 Novembre 2009[/b]

Durissimo, inusitato attacco frontale di Abu Mazen a Barack Obama: “Il presidente americano non sta facendo niente in questo momento per riavviare i colloqui di pace in Medio Oriente. I palestinesi stanno aspettando che gli Usa premano su Israele affinché rispetti le leggi internazionali e che inducano Israele a bloccare gli insediamenti di coloni e ad accettare di ritornare ai confini del 1967”.

Non vi sono precedenti di una critica così sferzante e addirittura irrisoria di parte palestinese ad un presidente americano, per di più affidata ad un giornale di grande autorevolezza come l’argentino Clarin, alla vigilia di un viaggio dello stesso presidente dell’Anp in America Latina. Una critica, va detto, assolutamente meritata che fotografa una incredibile inerzia – sottolineata anche dal Washington Post, dal New York Times e da altri media che hanno fortemente appoggiato Obama– del presidente americano. Parole che segnalano la delusione più completa del mondo arabo nei confronti di un presidente americano che si era pomposamente presentato al mondo come l’unico in grado di risollevare l’autorevolezza degli Usa in un mondo arabo profondamente deluso da Gorge W. Bush.
Abu Mazen, con questa mossa, esprime addirittura lo sconcerto di chi aveva salutato con gioia la coraggiosa posizione con cui Obama si era gettato nell’agone mediorientale. Ricevendo infatti Benjamin Nethanyau alla Casa Bianca lo scorso 12 maggio, il nuovo presidente Usa aveva fatto una mossa decisa, criticabile, ma assolutamente chiara e aveva espresso un diktat a Israele: immediata fine della politica di insediamenti. Quando però Nethanyau ha fatto orecchie da mercante, ha respinto il diktat di Obama, ha continuato la politica di insediamenti, Obama… non ha fatto assolutamente niente.
Peggio ancora, ha inviato Hillary Clinton a Gerusalemme, a Ramallah e nelle capitali arabe a sostenere che in fondo era sufficiente che Israele contenesse – anziché annullare– i suoi progetti per nuovi insediamenti nei Territori. Poi, il silenzio. La posizione ondivagante e attendista di Obama, peraltro, si mostra per quello che è in un momento assolutamente critico per la pace, perché Abu Mazen non riesce a domare la ribellione di Hamas e a venire a patti col governo di Gaza, è stato costretto – facendo una pessima figura– a sconvocare le elezioni politiche e presidenziali che aveva da poco convocato per il prossimo 10 gennaio ed ha addirittura dichiarato al Consiglio direttivo dell’Olp di non avere nessuna intenzione di ripresentarsi al voto. Il tutto, mentre la crisi sul nucleare iraniano aumenta di intensità e mentre è sempre più chiaro che l’intransigenza di Hamas è strettamente voluta da Teheran, tanto che lo stesso Abu Mazen ha dichiarato che “l’Iran finanzia Hamas e controlla in pieno il suo processo decisionale”.
Sferzato in maniera addirittura crudele dal leader palestinese –l’accusa di “non fare nulla”, rivolta al capo dell’unica superpotenza è ancora peggiore di quella di commettere errori- Obama tace. Ed è un silenzio inquietante.

 

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