Ci sono gli antisemiti puri e semplici, quelli che gli ebrei hanno il nasone e vogliono dominare il mondo. Sono il 90% del mondo islamico e parecchi altri. Ma non basta. Vicino a loro ci sono quelli che "io non sono antisemita, non sono antirazzista; ma antisionista sì, perché il sionismo è una forma di colonialismo".

Diciamo il 90 % dei comunisti, ex e post. Ma non basta. Ci sono quelli che dicono "io non sono antisemita, io non sono antisionista, sono per Israele, amo Israele; ma sono contro le sue politiche, contro il suo governo [e dunque anche contro il popolo che l'ha scelto, ma questo di solito non lo dicono], bisogna prenderli a ceffoni per il loro bene." Sono il 90% della sinistra ebraica, i Goldstone, i J Street eccetera. Per costoro, la "chutzpa lobby", come li chiama qualcuno, o per chi si trova a discutere con costoro, vi riassumo e vi adatto qui qui un decalogo, anzi un 13-logo scritto da un grande intellettuale ebreo americano, Mitchell Bard, direttore della Jewish Virtual Library, su come si distingue oggi uno che "ama Israele" per davvero, al di là di tutte le retoriche e i buonismi. Chi ama Israele:
1. Crede che il popolo ebraico sia una nazione che ha diritto all'autodeterminazione nella sua patria, che è Israele
2. Rispetta la democrazia israeliana e non sostituisce il suo giudizio a quello degli elettori israeliani
3. Enfatizza ciò che di buono fa Israele, senza nascondere i suoi errori, non enfatizza gli errori ignorando gli aspetti positivi
4. Critica Israele, se deve farlo, prima di tutto dentro il mondo ebraico e non cerca pubblicità facendo in pubblico l'ebreo dissenziente da Israele. Israele è forse la sola nazione il cui primo ministro consulta regolarmente i non cittadini.
5. Rifiuta l'idea che sia giusto criticare in pubblico il governo israeliano perché lo fanno i cittadini in Israele. Gli israeliani hanno esperienze e storia in comune, che gli abitanti degli altri paesi non condividono. La discussione in Israele e nella diaspora ha un senso diverso.
6. Rispetta il giudizio dei militari israeliani, che non sono infallibili, ma certamente ne sanno di più degli strateghi da salotto dei giornali europei.
7. Cerca di agire nel consenso. Magari questo significa rinunciare a qualche posizione, ma il consenso ebraico è uno dei pochi vantaggi sulla pressione della lobby araba.
8. Conosce la storia e i fatti del medio oriente e sa riconoscere gli errori della propaganda palestinese.
9. Non sostituisce il suo desiderio alla realtà. Tutti vorrebbero la pace, ma bisogna vedere se è possibile, non solo se sia desiderabile.
10. Non si allea con i nemici di Israele, anche per cause che appaiono "buone"
11. Conosce il suo ambiente comunicativo e sa che le sue parole potranno essere sfruttate perché dette da un ebreo o da un amico di Israele.
12. Sostiene gli sforzi per la pace del governo israeliano, comprendendone i rischi e le difficoltà, senza cullarsi nella sicurezza della sua casa in America o in Europa.
13. Desidera la pace, ma sa che per molti gruppi la ricetta per la pace in Medio Oriente è la sparizione di Israele e non si confonde con loro.

A questi punti io ne aggiungo un altro, che li riassume tutti: chi ama Israele oggi lo ama per davvero, come si ama un padre o un fratello maggiore, non come si ama un bambino piccolo da educare. Gli vuole bene, gli è legato, lo aiuta, è disposto a imparare da lui e ha fiducia in lui "a prescindere", perché conosce la sua natura e la sua identità. Il resto sono chiacchiere.

Ugo Volli

http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

 

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