בס''ד

[b]Midrash Torà
[/b]
Faranno un'arca di legno di acacia, la cui lunghezza sarà di due cubiti e mezzo, la cui larghezza sarà di un cubito e mezzo e la cui altezza sarà di un cubito e mezzo. La rivestirai di oro puro, la rivestirai all'interno e all'esterno … farai delle stanghe di legno di acacia .. introdurrai le stanghe negli anelli che sono sui lati dell'arca, così da poter trasportare l'arca con esse. Le stanghe dovranno rimanere dentro gli anelli dell'arca, non dovranno mai essere tolte da essa. Poi, dentro l'arca, metterai la Testimonianza che Io ti darò". (Esodo 24: 10 – 16)

"Faranno un'arca di legno di acacia": cosa c'è scritto prima? "Prenderanno per me un'offerta", e subito dopo "faranno un'arca di legno di acacia". Così, come la Torà ha preceduto tutto, allo stesso modo nella costruzione del Tabernacolo l'arca ha preceduto tutti gli oggetti. Come la luce (OR) ha preceduto tutta l'opera della creazione – com'è scritto: "Dio disse sia la luce" – così anche nel Tabernacolo, per la Torà – che è chiamata luce (OR), com'è scritto "Poiché il lume è una mitzvà, e la Torà è luce" (Proverbi 7: 23) – le opere ch la riguardano hanno preceduto quella di tutti gli altri oggetti.

Un'altra spiegazione: "Perché per la costruzione di tutti gli oggetti è scritto "Farai", mentre per l'arca è scritto "Faranno"? Ha detto rav Jehudà, figlio di Shalom: "ha detto il Santo, benedetto sia, che vengano tutti a occuparsi dell'arca, affinché tutti meritino la Torà".
(Shemot rabbà 34: 1)

Ognuno degli oggetti del Santuario, oltre alla funzione che ha nel Tabernacolo, ha anche un significato simbolico: tra questi, l'Arca santa, costruita per conservarvi le tavole della legge, è caratterizzata da alcuni elementi che pongono altrettante domande:

• è la prima di cui viene ordinata la costruzione;
• per la sua costruzione, la Torà usa il verbo fare al plurale (faranno) e non al singolare (farai), usato per gli altri oggetti, e il numero di versi usati per descriverla è superiore a quello dedicato agli altri (candelabro, tavolo, ecc.) ;
• le misure dell'Arca sono tutte "spezzate" (due cubiti e mezzo …), mentre quelle degli altri arredi sono "intere";
• le stanghe, adibite al trasporto dell'Arca, rimanevano sempre negli anelli disposti ai lati.

Il Midràsh afferma che il ma'asè bereshit (l'opera dell'inizio della creazione) è stato preceduto dalla creazione della Torà, chiamata reshith, inizio e primizia del Signore: Dio crea il mondo ispirandosi alla Torà. ARON (arca) e OR (luce) contengono entrambe le lettere di OR, luce. Ora, ci saremmo aspettati che, a rappresentare la spiritualità, sarebbe stato scelto il Candelabro; invece, la luce di cui si parla qui è la luce primordiale creata all'inizio e che è stata poi nascosta per i giusti.

Il secondo Midràsh ci spiega perché alla costruzione dell'Arca santa dovessero partecipare tutti gli ebrei: la Torà non è dei rabbini, ma di ogni ebreo. Non può essere retaggio di poche persone: tutti devono partecipare alla sua costruzione e al suo studio. Ma c'è di più: nessun ebreo, anche volendolo, può mettere in pratica tutta la Torà da solo. Ognuno deve fare la sua parte: ci sono precetti che riguardano tutti, altri solo gli uomini, altri ancora solo le donne, altri i sacerdoti, i leviti, i giudici ecc. Soltanto la partecipazione di tutti garantisce l'applicazione completa della Torà che riguarda il klal Israel, la comunità di Israele. E' ovvio che a un oggetto come l'Arca santa, che riguarda tutti, devono essere dedicati più versetti.

Quindi, se nessuno può osservare da solo tutta la Torà, allora ha bisogno degli altri, almeno di un compagno con cui studiare e crescere nella Torà: uno studioso della Torà che voglia contenere la Torà, non può mai sentirsi completo, ma sempre a metà strada, mancante di qualcosa. Come suggerisce lo stesso testo della Torà, un vero Maestro deve essere puro come l'oro, dentro e fuori.

Veniamo infine a una mitzvà davvero strana: quella che stabilisce che le stanghe, destinate al trasporto dell'Arca, non dovevano mai essere tolte dagli anelli che si trovavano ai lati. A questa mitzvà sono stati dati vari significati.

Rabbì Shlomo Efraim di Lunshiz, nel commento Kelì Jakar, afferma che la mizvà è il simbolo del rapporto stretto che esiste tra la Torà e Israele: secondo il patto stabilito con il Signore, "la Torà non si allontanerà mai dalla tua bocca e dalla bocca della discendenza d'Israele" (Isaia 59: 21).

Rabbi Naftali Zvì Berlin (Naziv) nel commento A'amek davàr sostiene che la mitzvà simboleggia il fatto che la Torà è destinata a essere trasportata in qualsiasi paese gli ebrei avessero dovuto andare in esilio: la norma non valeva per il tavolo e il candelabro perché sono due oggetti che rappresentano rispettivamente l'autorità statale e quella sacerdotale ch hanno valore solo in Erez Israel.

Jeshaià Leibovitz, in E'aroth leparashat hashavua, scrive che l'Arca che simboleggia la Torà, proprio per la sua essenza, è destinata a essere trasportata da un luogo all'altro: per questo le stanghe sono sempre infilate negli anelli, perché la Torà non è legata a un solo luogo, ma in ogni luogo in cui si trova l'uomo. Perciò, anche simbolicamente, essa deve essere pronta al trasporto, mentre gli altri oggetti, come il tavolo e la menorà, devono essere preparati per essere trasportati.

Sappiamo quanto questo rappresenti la realtà dell'ebreo, che ha potuto sempre portare con sé – dentro di sé – la Torà, quasi l'uomo stesso fosse un'Arca santa, oro puro dentro e fuori.

L'Arca santa, con le tavole della legge, era il cuore del Santuario, il punto di riferimento del popolo d'Israele. Come si pone allora l'Arca santa rispetto alla storia d'Israele, all'esperienza di ogni ebreo? Ricevuto il Decalogo, gli ebrei si allontanarono dal Monte Sinai per raggiungere la Terra promessa: cosa ne sarebbe stato dell'esperienza del Sinai? Come sarebbe stato possibile portare con sé questa esperienza, per continuare a viverla con la medesima intensità sperimentata nella prima rivelazione da ogni membro del popolo, senza l'aiuto di alcun profeta come tramite?

Bisognava costruire un Tabernacolo per trasformarlo in un Sinai mobile, che camminasse nella storia, generazione dopo generazione, arricchendosi dell'esperienza, dello studio e dello sviluppo della Torà orale del popolo. In ogni momento l'orientamento deve rimanere, in senso metaforico, il Sinai. Quali punti di riferimento ha oggi l'uomo moderno, quello occidentale in particolare? Mi sembra che i riferimenti oggi siano i centri commerciali e gli outlet affollati da molti avventori alla ricerca non dell'esperienza che può cambiare la storia personale di ognuno, ma di qualcosa che possa riempire un vuoto che spesso rimane tale, anche se riempito con acquisti spesso inutili.

Per ognuno di noi tornare all'esperienza del Sinai è ancora possibile. Basta aprire i cuori e le menti.

Scialom Bahbout

(Scritto per la Comunità ebraica di Trani)

=============================================================
Torà in rima

Massimo Foa

Terumà

Esodo 25-1/27-19

Il Signore parlò a Mosè dicendo:
"Dì ai figli di Israele di destinare
a Me un'offerta che andrà prendendo
da chiunque sia spinto dal suo cuore a dare.

Questa è l'offerta alla quale anelo:
oro, argento e rame, lana turchina,
porpora e scarlatta, lino e di capra pelo,
pelli di montone tinte con la china,

pelli di tàchish e legno di acacia,
olio per illuminare e aroma naturale,
pietre da incastonare con efficacia
per il dorsale e per il pettorale.

Essi erigeranno a Me un Santuario
e in mezzo a loro Io risiederò:
secondo il Mio modello e non sarà arbitrario,
con tutti i suoi arredi, come vi mostrerò.

Un'arca di legno di acacia faranno,
due cubiti e mezzo avrà di lunghezza,
uno e mezzo di lato e di altezza saranno,
ricoperta e con cornice d'oro per bellezza.

Fonderai anelli d'oro ai quattro lati,
assi di legno dorato vi infilerai
per trasportarla e non verranno mai levati.
La Testimonianza nell'arca depositerai.

Farai un coperchio d'oro puro
con due cherubini all'estremità
che con le ali verso l'alto Mi figuro
ed i volti verso il coperchio che c'è là.

Sopra al coperchio Mi manifesterò
fra i due cherubini che son là,
i Miei comandi comunicherò
e ogni figlio d'Israele li avrà.

Farai poi un tavolo con esattezza,
due cubiti lungo e uno largo intorno
che avrà un cubito e mezzo come altezza,
coperto d'oro e di una bordura adorno.

Farai quattro anelli d'oro agli angoli
per introdurvi assi per il trasporto.
Farai d'oro i vassoi, i calici e i paiuoli
e la tavola al pane farà sempre da supporto.

Farai un candelabro in un pezzo solo,
la base, il fusto, i calici ed i fiori
saranno fatti tutti in puro oro.
Sei rami dai suoi lati usciran fuori.

Ogni calice avrà la figura
di mandorlo col suo bocciolo e fiore;
una sola massa d'oro la struttura
che di sette lumi avrà il bagliore.

Dirigerà la luce verso il lato.
Saran d'oro anche le pinze e ogni braciere.
Un kiccar d'oro puro verrà impiegato
ed al modello dato ti dovrai attenere.

Farai il Tabernacolo con dieci pannelli
di lino ritorto con fili turchini
e porpora e scarlatto saran quelli,
a forma artistica di cherubuni.

Ogni pannello sarà di misura
ventotto cubiti per quattro di sviluppo,
a cinque a cinque uniti da cucitura,
ed all'estremità di ogni gruppo

farai di lana azzurra degli occhielli:
cinquanta occhielli per ciascuno.
Farai fermagli d'oro a unire quelli
e il Tabernacolo formerà un tutt'uno.

Undici pannelli di pelo di capra
saranno per il Tabernacolo la tenda.
Un pannello davanti alla tenda si apra
e tutti gli altri siano uniti a vicenda.

Farai cinquanta occhielli ad ogni bordo
ed altrettanti fermagli di rame
in modo che tutto quanto sia in accordo
e sporga dietro una parte di pellame,

e la parte della copertura in eccesso
coprirà il Tabernacolo ai lati.
Poi pelli tinte di rosso su di esso
e pellami di tàcash sopra applicati.

Farai assi di legno di acacia grezzo
per il Tabernacolo, in posizione eretta
lunghe dieci cubiti, larghe uno e mezzo;
avrà due caviglie ogni asse suddetta.

Disporrai queste assi in questi modi:
venti assi dal lato meridionale,
sotto i quali i basamenti inchiodi,
ed altre venti sul lato settentrionale.

I quaranta basamenti saran d'argento
e per l'estremità rivolta ad occidente
farai sei assi, più due in accoppiamento
per ogni angolo posteriore adiacente.

Queste assi combaceranno in basso
e in cima in un anello finiranno.
Dunque otto assi coi basamenti a incasso
e quindici traverse ci saranno.

Una traversa passerà a mezza altezza
dall'una fino all'altra estremità
e sarà tutto d'oro e lucentezza.
E' così che il Tabernacolo si farà.

Farai una tenda di colori turchini
di porpora, scarlatto e lino ritorto,
opera artistica con cherubini;
quattro pilastri le faran da supporto

di legno di acacia, d'oro rivestiti.
D'oro saranno anche gli uncini,
su quattro basamenti d'argento inferiti.
Fisserai questa tenda sotto i nottolini.

L'Arca della Testimonianza come sipario
avrà questa tenda che separerà
dal Luogo santissimo il Santuario,
e sopra l'Arca il coperchio si metterà.

Metterai la tavola fuori della tenda,
il candelabro sul lato meridionale
del Tabernacolo e, a vicenda,
la tavola dalla parte settentrionale.

Farai una cortina per l'entrata
del Tabernacolo, di stoffa turchina,
porpora e scarlatto e ricamata
artisticamente di filo ritorto e trina.

Per la cortina cinque colonne farai
di dorato di acacia legname;
uncini anch'essi d'oro metterai
e fonderai cinque basamenti di rame.

L'altare di legno di acacia si farà,
quadrato coi lati di cinque braccia.
Esso l'altezza di cinque braccia avrà
con sporgenze agli angoli: di rame lo si faccia.

I vasi di cenere raccoglitori,
le pale, i bacili e le forchette
e per gli utensili di questo genere,
userai il rame, come per le palette.

Farete una grata in rame a forma di rete
con agli angoli quattro anelli di rame:
sotto il contorno dell'altar lo metterete,
dal basso fino a metà del fasciame.

Stanghe di legno, di rame rivestite,
che saranno introdotte in ogni anello
ai due lati quando lo trasporterete.
Sarà vuoto, fatto come da modello.

Per il Tabernacolo il cortile si farà:
il lato meridionale paraventi
lunghi cento braccia, di lino ritorto avrà;
venti colonne e in rame basamenti.

Gli uncini ed i fregi d'argento saranno.
Lo stesso per il lato settentrionale.
Cortine di cinquanta braccia si faranno
per la larghezza dal lato occidentale,

con dieci colonne coi loro basamenti.
La stessa cosa per il lato orientale.
Quindici braccia poi di paraventi
da una parte, e dall'altra uguale,

con tre colonne e tre basamenti.
E per la porta del cortile un manufatto
di venti braccia, con abbellimenti
di stoffa azzurra, porpora e scarlatto;

quattro colonne con quattro basamenti.
Le colonne che circondano il cortile
avran fregi d'argento, e parimenti
gli uncini, e di rame i basamenti dell'assile.

Il cortile sarà lungo cento braccia,
largo cinquanta per cinque in altezza;
una cortina di lino ritorto si faccia
e i basamenti in rame per bellezza.

Quanto a tutti gli utensili impiegati
nel Tabernacolo in tutti i suoi aspetti,
i chiodi lì e nel cortile usati
per le cortine, di rame tu li metti.

massifoa1@gmail.com

=============================================================
Kolòt-Voci – Newsletter di Morasha.it a cura di David Piazza

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.