[b]Testata: Informazione Corretta
Data: 09 maggio 2010
Autore: Daniel Pipes[/b]

Ecco il piano di pace secondo Daniel Pipes. Semplice, chiaro, forse di non facile esecuzione, ma ha il pregio di non friggere l'aria come siamo abituati a sentire quando viene pronunciata la parola "Pace".
L'articolo che segue è tratto da NATIONAL POST del 29/04/2010 e titolato:
"La vittoria di Israele".

Questo mese, il Ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha dichiarato che Israele deve ritirarsi dai territori palestinesi. "Il mondo non è disposto ad accettare – situazione che non cambierà nel 2010 – l'idea che Israele domini un altro popolo ancora per decenni", ha detto. "E' qualcosa che non esiste in nessun'altra parte del mondo". Ha ragione? La pace è possibile? E se sì, quale forma dovrebbe assumere un accordo finale? Queste sono le domande che il "National Post" ha rivolto ad alcuni esperti per una serie di interventi dal titolo "Qual è il vostro piano di pace?".

Ecco la risposta di Daniel Pipes:

Il mio piano di pace è semplice: Israele sconfigga i suoi nemici.
Solo la vittoria crea condizioni favorevoli alla pace. Le guerre finiscono, e la storia lo conferma: quando una parte ammette la sconfitta e l'altra vince. E' ovvio, finché entrambe le parti aspirano a realizzare i loro obiettivi, la lotta continua o può nuovamente riprendere. L'obiettivo della vittoria non è nuovo.
Sun Tzu, lo stratega dell'antica Cina, scrisse che in guerra "il tuo obiettivo deve essere la vittoria".
Raimondo Montecuccoli, un austriaco del XVII secolo, scrisse che "L'obiettivo in guerra è la vittoria".
Carl von Clausewitz, un prussiano del XIX secolo, aggiunse che "la guerra è un atto di violenza per costringere il nemico a piegarsi alla nostra volontà".
Winston Churchill disse al popolo britannico: "Voi chiedete: qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una sola parola: vittoria, vittoria, a tutti i costi, la vittoria nonostante tutti gli orrori, vittoria, per quanto lunga e difficile possa essere la strada".
Dwight D. Eisenhower osservò che "in guerra nulla sostituisce la vittoria". Queste intuizioni di epoche precedenti, malgrado siano cambiati i mezzi per condurre una guerra, continuano ad essere valide, perché la natura umana è sempre la stessa.
Vittoria significa imporre la propria volontà sul nemico, costringendolo ad abbandonare i suoi obiettivi di guerra. I tedeschi, obbligati ad arrendersi durante la prima guerra mondiale, mantennero l'obbiettivo di dominare l'Europa e pochi anni dopo videro in Hitler chi avrebbe potuto raggiungere lo scopo. Le firme su pezzi di carta valgono solo se una delle due parti si arrende: la guerra in Vietnam si concluse formalmente attraverso la diplomazia nel 1973, ma entrambe le parti continuarono a cercare la vittoria sinché fu il Nord ad ottenerla nel 1975.
La forza di volontà è la chiave: abbattere aerei, distruggere carri armati, esaurire munizioni, costringere soldati alla fuga e occupare territori non sono decisive in se stesse, ma debbono essere accompagnate da un crollo psicologico.
La caduta della Corea del Nord nel 1953, Saddam Hussein nel 1991 e l'iraq sunnita nel 2003 non costituirono una disfatta.
Per contro, i francesi lasciarono l'Algeria nel 1962, nonostante le loro forze e i loro armamenti fossero maggiori, come gli americani in Vietnam nel 1975 e i sovietici in Afghanistan nel 1989. La guerra fredda terminò senza un evento caratterizzante.
In tutti questi casi, gli sconfitti conservarono un gran numero di armamenti e le loro economie seguitarono a funzionare. Ma crollarono psicologicamente. Allo stesso modo, il conflitto arabo-israeliano sarà risolto solo dopo la sconfitta di una delle due parti. Sino ad oggi, guerra dopo guerra, entrambe hanno mantenuto intatti i loro obiettivi. Israele combatte per ottenere il riconoscimento dai suoi nemici, mentre questi ultimi combattono per distruggere Israele. Tali scopi sono scontati, non intercambiabili e reciprocamente contraddittori. Il riconoscimento di Israele o la sua eliminazione sono le uniche vie alla pace. Ogni osservatore deve optare per una scelta o per l'altra.
Una persona civile si augura la vittoria di Israele poiché il suo scopo è difendere e proteggere la stessa esistenza di un Paese che progredisce. L'obiettivo di distruzione dei suoi nemici è pura barbarie.

 

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