[b]Nella foto in alto: il capitano R.[/b]

[b]VIDEO: [/b]

[b](Da: YnetNews, Ha’aretz, 1.6.10 – israele.net 02-06-2010)[/b]

Nella prima intervista da quando è stato ferito, lunedì, nel corso del raid per fermare la flottiglia che mirava a forzare il blocco anti-regime di Hamas a Gaza, il capitano R., che guidava il commando calato dall’elicottero sul ponte superiore della nave Marmara, racconta la battaglia che ha avuto luogo sull’imbarcazione.
Secondo R., le persone che erano a bordo della Marmara hanno preso parte a centinaia all’aggressione contro di lui e i suoi soldati, al punto che sono stati costretti a usare le armi per salvarsi la vita.

Nella prima intervista da quando è stato ferito, lunedì, nel corso del raid per fermare la flottiglia che mirava a forzare il blocco anti-regime di Hamas a Gaza, il capitano R., che guidava il commando calato dall’elicottero sul ponte superiore della nave Marmara, racconta la battaglia che ha avuto luogo sull’imbarcazione.
Secondo R., le persone che erano a bordo della Marmara hanno preso parte a centinaia all’aggressione contro di lui e i suoi soldati, al punto che sono stati costretti a usare le armi per salvarsi la vita.
“Decine di persone pestavano ogni soldato sul tetto della nave – racconta dal suo letto nell’ospedale Rambam di Haifa – Avevano spranghe, asce e coltelli. Io sono stato il secondo a scendere lungo la corda, uno del mio gruppo era già là sotto e ne aveva addosso diversi. All’inizio è stato un corpo a corpo, ma poi ne sono arrivati sempre di più. Mi sono trovato a lottare con un certo numero di fanatici, armati di pugnali e randelli”.
R. dice che i soldati erano preparati ad incontrare una resistenza passiva e magari anche forme di resistenza più violenta, ma certamente non un linciaggio di massa di quella portata. “Sapevamo che erano attivisti pacifisti – dice – Sebbene volessero forzare il blocco su Gaza, pensavamo che avrebbero opposto una resistenza passiva, magari anche forme di aggressione verbale: non ci aspettavamo nulla del genere. Erano tutti determinati ad ucciderci. Ci siamo trovati di fronte dei terroristi fanatici decisi ad ucciderci e abbiamo fatto tutto il possibile per evitare danni inutili”.
R. dice che almeno tre quarti di quelli che erano a bordo della nave hanno fatto ricorso alla violenza, “ciascuno con un coltello o una spranga in mano”.
R. è il soldato che è stato scaraventato dal ponte, come si vede distintamente in un filmato messo a disposizione dalle Forze di Difesa israeliane. “Mi trovavo davanti a un gruppo di persone armate di coltelli e spranghe. Ho armato il fucile quando ho visto che uno di loro stava venendo verso di me brandendo un pugnale e ho sparato un colpo. Allora una ventina di altri mi sono venuti addosso da ogni direzione e io mi hanno buttato sul ponte di sotto. A quel punto ho sentito una stilettata nello stomaco. Era un coltello. Sono riuscito a estrarre la lama, poi in qualche modo ho raggiunto il ponte inferiore, dove ce n’erano altri ancora. Questo avveniva quando i soldati avevano preso il controllo della nave eccetto il ponte inferiore. Io e un altro soldato siamo riusciti a districarci in tempo e a buttarci nell’acqua, dove poi le nostre forze ci hanno raccolto. Un altro soldato è stato pestato fino a perdere conoscenza. Altri hanno dovuto dargli copertura, finché siamo riusciti a tirarlo fuori di là.
Nonostante il tragico risultato, il capitano R. ritiene che i suoi soldati si siano comporti in modo legittimo. “Abbiamo operato bene – conclude – secondo quanto ci è stato insegnato e nel rispetto dei valori che ci sono stati instillati: abbiamo usato le armi solo contro coloro che minacciavano la nostra vita, solo in quel caso abbiamo sparato”.

(Da: YnetNews, Ha’aretz, 1.6.10 – israele.net 02-06-2010)

 

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