[b]Fiamma Nirenstein
Il Giornale, 15 luglio 2010[/b]

Al nord: appena accadde, quattro anni fa, noi giornalisti partimmo uno a uno verso il confine settentrionale. Viaggiavamo lenti oltre la valle del Giordano lungo una strada su cui già rollavano in file insuperabili i carri armati e mezzi corazzati di vario genere. Oltre Kiriat Shmone. Nella cittadina di Metulla, dove i carri armati occupavano la parte suburbana che bordeggiava con il Libano, verdeggiante, morbido, ma irto di postazioni di Hezbollah, chi fece in tempo prenotò una stanza nell’albergo locale. Io trovai posto poco lontano in un bed and breakfast senza rifugio, ma con una buona colazione.

Era iniziata una guerra che non è mai finita se non nel suo aspetto più evidente, quello dei razzi che piovevano su Israele e che ci scoppiavano fra i piedi, facendo crateri nelle strade di comunicazione, distruggendo case e scuole fino ad Acco e a Haifa, incendia ndo i boschi di conifere orgoglio di Israele. Un ranger che mi guidò in jeep fra gli alberi in fiamme, bloccò l’auto mentre piovevano i missili per tirare fuori dalla cenere un piccolo camaleonte. A un paio di centinaia di metri da noi, una schiera di soldati delle riserve fu annientata da un solo razzo.

Quella guerra prosegue sotterranea da allora, sotto la cenere adesso cova un Hezbollah irrobustito ed eccitato dal successo, proprio come i suoi mentori iraniani; gli Hezbollah sono ormai parte determinante del governo libanese, inseriti in una rete di sostegno che allena un terzo dei suoi uomini a Teheran e gli fornisce, tramite la Siria, missili di ultima generazione a breve e a lunga gittata.

Ci sarà presto una guerra che potrebbe coinvolgere tutto il Medio Oriente, anticamera dello scontro nucleare con l’Iran? Diversivo perché Israele debba difendersi mentre le centrali iraniane, come ha detto il presidente russo Medvedev, sono quasi arrivate al loro scopo? La risposta è: ci sono evidenti, palesi preparativi di guerra. È chiaro che Hezbollah è l’arma più acuminata di un Iran che ripone la sua forza egemonica nell’odio antisraeliano, e che lo accenderà come uno zolfanello al momento opportuno. Quando Nasrallah rapì Ehud Goldwasser e Eldad Regev e uccise altri tre soldati di ronda lungo il confine, non si aspettava che Israele avrebbe reagito distruggendo nei primi 36 minuti di scontro novanta obiettivi designati, ovvero tutti i missili di lunga gittata. Tutto può accadere.

E gli ultimi giorni suggeriscono un surriscaldamento. L’ultimo allarme consta di una dichiarazione dello sceicco Nabil Kauk, capo Hezbollah del fronte meridionale: «Abbiamo pronta una lista di obiettivi che verranno colpiti immediatamente in tutta Israele» ha detto. Come dire: i missili a lunga gittata sono pronti. È la risposta a un’inedita scelta di Israele: il disvelamento delle intenzioni del nemico secondo fonti proprie. L’ha fatto merco ledì il colonnello Ronen Marley mostrando mappe, foto aeree, simulazioni in 3D della cittadina libanese di El Khiam, quattro chilometri dal confine, 25mila abitanti. Si vede come case, moschee, scuole, siano state trasformate in depositi d’armi, centri missilistici, caserme, centri di comando, e come febbrilmente si lavori, sempre in casa di civili, a strutture belliche di vario tipo. Si tratta di uno dei 160 piccoli paesi del sud del Libano trasformati in casematte e bunker, una scelta che sostituisce quella precedente alla seconda guerra del Libano di collocare soprattutto nei boschi (le «riserve naturali») i centri nevralgici degli Hezbollah.

La presenza nell’area al sud del fiume Litani dei 13mila uomini dell’Unifil che dal 2006 avrebbero dovuto impedire il riarmo e il posizionamento al sud degli Hezbollah, ne ha di fatto spostato la forza nei villaggi dove Unifil non può entrare secondo le regole d’ingaggio, se non autorizzata dall’esercito libanese. Nel 200 6 gli Hezbollah avevano 14mila combattenti e oggi ne hanno 30mila, avevano 15mila missili e oggi invece 40mila a breve e medio raggio, oltre a centinaia a lungo raggio forniti recentemente dalla Siria, 300 chilometri per il tipo Scud e la stessa gittata per gli M600, che hanno un diametro di 600 millimetri e possono portare testate fino a 500 chili di esplosivo e di chissà quale altra invenzione aggressiva. Ed è chiaro che la prossima guerra si misurerà sulla quantità di esplosivo rovesciata sul nemico.

Per Israele è stata una mossa rischiosa, che scopre meccanismi e fonti di informazione, mostrare i suoi reperti al mondo: gli Hezbollah ora possono prendere le loro precauzioni. Proprio dalla temerarietà dell’esercito capiamo quanto sia diventato urgente mostrare al mondo cosa sta succedendo con Nasrallah, lo sceicco che non è secondo a nessuno nel condannare a morte Israele, che somiglia a Hitler e a Ahmadinejad quando dice che bisogna liberarsi degli ebrei perché so no «assetati di sangue e di denaro». Da quando le forze islamiste impegnano il mondo in una guerra d’odio che utilizza villaggi, moschee, bambini, navi come la Marmara e quella libica adesso in rotta verso Gaza per inchiodare Israele in uno scontro con terroristi travestiti da civili, o civili costretti dai terroristi a fare da scudi umani, Israele ha avuto addosso tutta l’opinione pubblica internazionale che l’ha accusata di uso sproporzionato e illegittimo della forza militare. Contro civili appunto.

Adesso gli Hezbollah preparano il maggiore di tutti gli scenari di questa rappresentazione, sapendo che una campagna di delegittimazione colpisce molto più duro di un missile. Ma i missili non mancheranno, difesi dai corpi degli infelici abitanti dei 160 villaggi sciiti. L’ultimo accordo fra Iran e Siria parla di una fabbrica di M600 finanziata dagli ayatollah in territorio siriano: Assad se ne può tenere la metà, ma deve consegnare il resto agli Hezbollah. La fonte è francese, Intelligence on line, e in genere è affidabile.

http://www.fiammanirenstein.com/[/link]

 

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