21 novembre 010
da: [i]www.bibliotecadisraele.wordpress.com[/i]

Cari amici, segnaliamo questa interessante intervista allo scrittore israeliano, autore di [i]La montagna blu[/i], [i]Per amore di una donna[/i], e altri numerosi titoli tradotti anche in italiano.

[b]La biblioteca d’Israele:[/b] Innanzitutto lei è nato nel 1948, ovvero lo stesso anno della fondazione dello Stato di Israele. Questo particolare della sua vita non è trascurabile, e anzi credo che permetta di evidenziare alcuni aspetti della sua scrittura. Personalmente mi ha sempre colpita il legame quasi fisico della sua scrittura al territorio di Israele, è come se le sue parole fossero state fatte della stessa sostanza di quei luoghi, e ho letto che lei tiene delle carte topografiche di Israele addirittura sul comodino. Ma del resto lei descrive quel territorio in modo amorevole, quasi fosse il corpo di una donna.

Meir Shalev: E’ vero. Mi piace molto leggere le mappe topografiche e sono capace di trovare la strada anche in luoghi che non conoscevo affatto prima. E ho un grande amore per la natura e i paesaggi di Israele, e questo anche se sono consapevole, perché li ho visitati, che all’estero esistono luoghi molto piu’ belli di quelli in cui sono nato. In particolare, poi, io adoro il deserto, il Neghev. Ci vado spesso coi miei amici. Ci trascorro persino alcuni giorni, ci dovresti andare, è magnifico.

La biblioteca d’Israele: L’ebraico. La lingua ha un ruolo centrale nel suo lavoro. La maggior parte delle persone che non parlano l’ebraico, non sanno che questa lingua, parlata per 4000 anni, ha ritrovato una nuova vita proprio dopo la fondazione dello Stato di Israele. Prima, infatti, era parlata soprattutto nelle comunità religiose, e, in privato, solo nelle solitarie comunicazioni con Dio. Dopo però, è diventata la vita di ogni giorno. E la cosa piu’ straordinaria, e direi unica, è che nell’ebraico moderno possiamo trovare termini biblici mescolati allo slang.Come interviene sulla lingua nei suoi libri?

Meir Shalev:E’ vero. L’ebraico è una lingua molto vivida. Io essendo uno scrittore, sono molto fortunato perché posso assistere da protagonista alla evoluzione di questa lingua. L’ebraico è una lingua che, dopo essersi formata nel corso dei secoli, dopo la fondazione dello Stato ha conosciuto una velocizzazione dei propri processi interni. Per esempio, stiamo rapidamente perdendo le gutturali e le aspirate, che sono, anzi, pressoché assenti. Oggi, se ci si pensa, la maggioranza delle persone sono ancora in grado di comprendere l’ebraico della Bibbia, ma non sarà così a lungo. Io, come scrittore, posso giocare coi cassetti nascosti della lingua, e questa è davvero una opportunità rara. Certo, tra cento anni l’ebraico sarà annoverato tra le lingue classiche perché l’utilizzo quotidiano consumerà cio’ che si è accumulato nei secoli.

La biblioteca d’Israele: E ora guardiamo questi due aspetti assieme: lingua ebraica e territorio. Potrebbero vivere separati? O sono come due gemelli siamesi e la sopravvivenza dell’uno inciderebbe anche sulle sorti dell’altro?

Meir Shalev: Se gli ebrei dovessero essere costretti ad abbandonare il proprio Paese ancora una volta, bè, è sicuro che l’ebraico scomparirebbe di nuovo come lingua della quotidianità e tornerebbe ad essere la lingua di chi prega, confinata ad un mero uso liturgico.

La biblioteca d’Israele: Lei ha detto di usare, per la redazione dei suoi libri, la tecnica usata nella redazione della Bibbia. Me ne parlerebbe?

Meir Shalev: Cio’ che ho imparato dagli scrittori biblici è che non devi seccare tanto il lettore con troppa psicanalisi. La Bibbia narra al lettore la storia ma poi lo lascia libero di analizzare da sé il comportamento dei personaggi.

La biblioteca d’Israele: Le donne. Adoro come lei descrive le donne nei suoi libri. L’importanza che queste rivestono è centrale, è come se esse fossero la fonte delle storie, della narrazione stessa.

Meir Shalev: La maggior parte delle storie che ho ascoltato da bambino me le hanno raccontate le donne della mia famiglia. Non ero di certo un bimbo che si dedicava granché ad attività e giochi tipicamente maschili, per cui passavo molto tempo con loro. Questo mi ha anche aiutato a sentirmi piu’ a mio agio con il sesso femminile negli anni successivi della mia vita

La biblioteca d’Israele: Lo humour, l’ironia, sono la spezia che dà un sapore assolutamente unico ai suoi lavori. E’ come una polvere dorata che lei sparge sulle storie e che permette al lettore di diventare accogliente e persino paziente con i personaggi dei suoi racconti. Mi dica, cos’è per lei l’ironia?

Meir Shalev: Bè, ma non l’ho di certo inventata io questa ironia. Anzi, credo che sia figlia del famoso umorismo ebraico di matrice est europea che, come è noto, viene ampiamente usato dagli ebrei anche contro se stessi, e che è qualcosa che ho assorbito dai miei nonni, natii di quei luoghi

La biblioteca d’Israele: In ‘E’ andata così’, il suo ultimo libro, si parla della sua famiglia. Qui ritroviamo una grande attenzione per il tema della memoria. E allora io le chiedo, quale è il suo rapporto con la memoria, col passato, sia in un senso personale che generale.

Meir Shalev: La memoria è una creatura estremamente sfuggente, soprattutto nella mia famiglia. Ho deciso di scrivere questa storia sicuramente perché la ritenevo una buona storia, ma anche perché volevo fare qualcosa per mia nonna che è stata sempre un personaggio piuttosto controverso, sia nella comunità in cui viveva che nella nostra famiglia.

La biblioteca d’Israele: La guerra nei suoi libri è al piu’ sullo sfondo, come ne ‘Il ragazzo e la colomba’. Ho letto che lei ritiene che non si debba fare letteratura attraverso la politica e politica attraverso la letteratura. Poiché molti autori israeliani, invece, mescolano i piani, a questo punto, mi dica, la scrittura, specialmente quella di un autore israeliano, si dovrebbe mantenere separata dalle proprie idee? Credo che questo discorso sia anche legato al concetto di ‘responsabilità’, in certi luoghi, in certi contesti politici, gli scrittori possono diventare delle figure di riferimento.

Meir Shalev: Gli scrittori israeliani sono senz’altro conosciuti all’estero per le loro idee politiche, ma di certo non si puo’ dire che qualcuno di loro sia stato in grado di influenzare i politici israeliani. Io credo fermamente che essere uno scrittore non ti dota assolutamente di una saggezza particolare, né tantomeno ti colloca ad un livello morale piu’ alto di quello degli altri.
Io non mescolo mai le mie idee politiche all’oggetto della mia narrazione, preferisco riversarle nella rubrica che tengo su un quotidiano nazionale israeliano.
Lì posso scrivere cio’ che voglio e, dunque, qualche volta i miei pezzi hanno anche contenuto politico.
Per cio’ che concerne le scene di guerra, bè, io sono stato soldato quarant’anni fa e mi ricordo bene sia le battaglie che le azioni a cui ho preso parte. Nel novembre del 1967 sono stato gravemente ferito da quattro proiettili e sono riuscito a sopravvivere per miracolo. Questa esperienza che mi ha condotto così vicino alla morte, e il relativo ritorno alla vita, ha avuto un forte impatto sulla mia intera esistenza.

La biblioteca d’Israele: Finiamo in un modo molto letterario: parliamo dei suoi autori preferiti. Chi sono gli scrittori che hanno lasciato un segno nella sua scrittura?

Meir Shalev:Ce ne sono davvero tanti, mi è impossibile elencarli brevemente, ridurli entro una lista. Sicuramente Melville, Nabokov, Il libro della Genesi e poi quello di Ruth e di Samuele. Indubbiamente Gogol’, Natalia Ginzburg, Bulgakov, Agnon, Yehuda Amichai,Twain, e poi i racconti di Yehoshua, e alcuni scrittori di libri per bambini sconosciuti all’estero ma ben noti in Israele, e poi anche Astrid Lindgren e davvero molti, molti altri.

 

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