Un articolo di Deborah Fait

Quando gli amici della Comunita’ ebraica di Roma mi hanno scritto per avvisarmi che era prevista una visita a Itamar chiedendomi se volevo parteciparvi, il mio siiiiiii e’ arrivato attraverso l’etere da Israele a Roma, prima della mia email affermativa!
Si, ho gridato, vengo anch’io, certo!
E’ arrivato il giorno fatidico e ci siamo incontrati a Tel Aviv, ho rivisto vecchi amici e ho avuto il piacere di riabbracciare Riccardo, l’attivissimo giovane presidente rieletto della Comunita’ Ebraica di Roma che non incontravo dall’epoca della mia aliya’.
Tra Riccardo e me c’e’ sempre stato un feeling speciale e anche se ci siamo incontrati poche volte l’ho considerato sempre un grande amico e un grandissimo sionista innamorato di Israele.
Riccardo e’ uno che ha Israele nel cuore, come tutti gli amici presenti all’incontro ed e’ stato un piacere grande e una consolazione non doversi difendere , per una volta, da frasi del tipo “ma perche’ non gli date i territori…ma perche’ non gli date Gerusalemme…ma perche’…perche….assassini…occupazione….”.
Amici innamorati di Israele. Ebrei innamorati di Israele. Italiani innamorati di Israele.
Stupendo!

Siamo arrivati a Itamar attraversando un paesaggio che a me, triestina, ricordava molto il Carso, colline a vegetazione bassa cosparse di pietre bianche, qualche boschetto, ogni tanto una casa isolata, attraversiamo dei villaggi arabi e infine ecco la zona di Itamar, nella regione di Gav Zahar in Samaria, una zona molto grande, terribilmente pittoresca, biblica e misteriosa, aria frizzante e leggera e abitata da persone semplicemente meravigliose.
E’ di questo che voglio parlare, degli abitanti di Itamar, ebrei israeliani che hanno scelto di vivere qui, in questo avanposto di Israele, nel cuore della Samaria, che, secondo molti, dovrebbe essere abbandonato per diventare parte di uno stato palestinese.
Ebrei descritti dai media italiani come “coloni”, gente violenta, cattiva, barbuta, religiosamente fanatica. Bene, e’ vero, ho visto barbe di tutti i tipi, lunghe, corte, inesistenti, come dovunque nel mondo. Ho incontrato invece persone solari, buone, entusiaste, dagli occhi ridenti, non ho sentito una sola parola di odio, non una.
Persone che non e’ facile incontrare nel resto del mondo, persone che davano pace solo a guardarle, pace e sicurezza. Seduta la’ , in quel giardino davanti a un geranio talmente grande da sembrare una buganville, a poche centinaia di metri da un villaggio arabo, mi sentivo felice e sicura.
Eravamo nel cuore di Israele e quel cuore batteva nei petti della gente di Itamar.
E’ venuto ad accoglierci Benny e ci ha portati a casa sua dove abbiamo incontrato la moglie, un figlio che adesso fa il soldato (il maggiore e’ stato ucciso da un kamikaze) e la vecchia mamma, Aliza, che mi ha raccontato la sua storia per la quale servirebbe scrivere un libro, alla quale si riempivano gli occhi di lacrime ogni volta che nominava il nipote ucciso e continuava a sussurrare alla sua memoria “amen amen amen” .
Non ho sentito una parola di odio contro gli arabi, non una anche se ne avrebbero tutto il diritto, nell’arco di poche ore ho realizzato con angoscia che tutte le persone incontrate avevano qualche morto ammazzato da piangere eppure i loro occhi erano limpidi, tristi ma senza odio, i loro sorrisi amari e rassegnati ma quello che era tangibile e’ l’amore di queste persone per la vita, per il lavoro, per la Terra, per Israele.
Israele e Speranza. Glielo vedevi scritto in fronte.
Per chi viene dalla realta’ italiana non e’ semplice rendersi conto che ogni persona che incontri ti puo’ parlare di un suo parente o amico ammazzato violentemente dai palestinesi.
Benni, sua moglie e la nonna Aliza piangono un ragazzo che per salvare il suo battaglione si e’ gettato addosso al kamikaze di turno saltando per aria con lui.
Nati, un altro giovane conosciuto a Itamar, e’ sposato con una ragazza rimasta vedova durante lo sgombero di Gush Katif e mentre il marito moriva lei era incinta.
Due giovani belli e sorridenti con due bambine dalle treccine bionde, le guance bianche e rosse come Heidi.
Nati e’ un “ragazzo delle colline”, fa parte di quel gruppo di giovani che i media italiani e i blogger demonizzano con grande foga chiamandoli violenti, razzisti, accusandoli di andare a sradicare centinaia di ulivi palestinesi.
Ho detto proprio questo a Nati “Lo sai che in Italia vi vedono come il demonio?”
Lui ha sorriso scuotendo la testa tra l’ironico e il rassegnato.
” E’ vero che andate a distruggere gli uliveti dei palestinesi? ”
Altro sorriso questa volta meno ironico e mi ha risposto con sincerita’ “hai visto quanti villaggi arabi abbiamo qua intorno? Ti pare che rischieremmo la vita andando a sradicare alberi dei palestinesi? Non faremmo in tempo a toccarne uno che saremmo morti”.
Si , i villaggi arabi la’ intorno sono tanti e sono grandi, inoltre organizzazioni palestinesi come Bt’selem sono sempre la’ che girano per provocare, per accusare, per creare violenza…sti pacifisti del cavolo che vengono da tutto il mondo, col loro carico di odio, solo per provocare e per cogliere la minima reazione di questi ragazzi che vogliono solo lavorare e difendere casa, casa, casa loro ! Casa loro, gli arabi hanno i loro villaggi e nessuno li disturba. I nostri vogliono avere le loro case e vivere in pace, nient’altro.
Nati, ve lo devo descrivere amici, alto, fiero, bello come il sole, capelli lunghi biondi , barba bionda, occhi neri, un paio di spalle da gladiatore e due mani che coprivano quasi completamente il corpicino della bambina che teneva in braccio.
Un uomo pacifico e forte, un ragazzo di Itamar, un ragazzo di queste colline verdi come smeraldi, di questa Terra di Israele che tutti si aspettano venga consegnata agli arabi.
Nati e tutti gli altri sono qui per difenderla, non per aggredire. Cosa possono fare di male 200 famiglie? Perche’ danno fastidio 200 famiglie di ebrei? Famiglie fatte di mamme, papa’ e bambini. Perche’ gli arabi devono avere la voglia di ammazzarli? Perche’?
Nati continua a raccontare, dice che fino agli accordi di Oslo , i rapporti cogli arabi erano buoni, poi, nel momento in cui hanno capito di poter avere tutta la terra, gli “amici” di un tempo si sono rivoltati, diventando violenti e sono incominciati i problemi e i morti ammazzati.
Abbiamo salutato Nati, la moglie e le due bimbe, li ho guardati allontanarsi con ammirazione e un certo groppo in gola pensando all’ingiustizia della vita, all’odio che questi giovani e coraggiosi pionieri ebrei suscitano nel mondo occidentale. Odio assurdo e furente, irragionevole.
Non ho potuto fare a meno di pensare a un altro giovane, santificato dai media perche’ stava dalla parte dei terroristi, gli stessi media che diffamano Nati e tutti i ragazzi delle colline perche’ dai terroristi si difendono.
Abbiamo fatto un bellissimo giro per le colline, siamo arrivati a 866 metri di altezza , un punto da dove si vedeva il fiume Giordano e il Mar Morto. Sotto di noi , a valle, un grande villaggio arabo, in lontananza la Tomba di Giuseppe, quella che nel 2000 fu completamente distrutta e bruciata dai palestinesi. Oggi e’ stata ricostruita ma non vi si puo’ andare se non scortati dall’esercito. Incontriamo fattorie che coltivano il biologico, che hanno allevamenti di capre, pollame, tutto bio, fattorie unifamiliari ognuna con un morto da piangere.
Arye, Gilad,Shlomo, Harel,Yair, Meir, Rachel, David, Avi, Gilad e altre vittime, un lungo elenco di vittime del terrorismo palestinese.
Bambini, quale infame puo’ entrare in una casa e ammazzare dei bambini a coltellate? I tre piccoli bambini Fogel insieme ai loro genitori non sono stati i primi ad essere ammazzati, a poche villette dalla casa della Famiglia Fogel, anni fa, un altro massacro, la famiglia Shabo. Un terrorista e’ entrato in casa, ha ammazzato la mamma e tre dei suoi figli, una quarta, sopravvissuta, e’ rimasta senza gambe.
Rachel, Zvika, Neriah, Avishai z”l. e Yoseph Twito z”l corso ad aiutarli e ucciso con un colpo in testa.
Nessuno di queste vittime stava facendo la guerra, erano in casa, giocavano, lavoravano, tornavano in famiglia, studiavano, li hanno uccisi perche’ ebrei.
La villetta della Famiglia Fogel, e’ chiusa, sul prato ancora qualche giocattolo, sul cancello la bandiera di Israele. I bambini sopravvissuti vivono con i nonni a Gerusalemme e Tamar, la piu’ grande, viene ogni giorno nella sua vecchia scuola, la sera torna a Gerusalemme.
Il popolo di Itamar e’ forte, ha molta pazienza e sa che la strada sara’ dura e difficile.
Quei giovani belli, sani e coraggiosi mi sono rimasti nel cuore.
Nonna Aliza e le sue lacrime per il nipote morto prima di lei a causa dell’odio di altri giovani, non potro’ dimenticarla.
Meravigliosi ebrei, fieri, a schiena dritta che ti guardano dritto negli occhi, sorridenti.
Shalom , hanno detto, mica tante smancerie. Shalom, Toda’, un stretta di mano, un gran sorriso.
Itamar, la Gemma delle colline, era ormai alle nostre spalle mentre viaggiavamo verso Tel Aviv e pensavo che la sua gente, il nostro Popolo, chiede una cosa sola: essere aiutata a restare in Erez Israel.
Li penso e sorrido con amore e speranza.
Anche un po’ di tristezza.

Deborah Fait
www.informazionecorretta.com

 

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