Un articolo di Deborah Fait

Finito Yom HaShoa’ con la sua disperazione.
Finito Yom HaZikaron con il suo dolore.
Finito proprio ieri sera Yom HaAzmaut con la sua gioia irrefrenabile.
mentre camminavo per la mia citta’, cercando di evitare la schiuma spray e gli spaghettini spray che ragazzini urlanti Chag Sameach, spruzzavano in giro ridendo e cantando, pensavo a cosa avrei potuto scrivere sul compleanno di Israele, il sessantatreesimo.

Ogni anno scrivo, ogni anno cerco di trasmettere la gioia immensa che proviamo noi israeliani ad ogni Yom Azmaut. Da cosa viene questa felicita’ che non vedo altrove?
Sara’ forse perche’ ogni anno pensiamo “bene , siamo ancora vivi” ?
Puo’ essere, anzi sara’ sicuramente questa bella notizia che diamo a noi stessi “Siamo vivi!” mentre tutti ci augurano il contrario, dobbiamo morire, siamo un cancro, Israele e’ uno stato artificiale, uno stato paria, siamo tutti assassini e via di questo passo.
E’ logico quindi sentirsi felici e soddisfatti ad ogni Yom Azmaut….ecco siamo qui… al prossimo anno e poi ancora al prossimo e ancora, ancora.
Pero’ i motivi per essere felici sono tanti, e’ vedere il sionismo piu’ vivo che mai.
E’ assistere come ogni anno alla Festa per l’Indipendenza sul Monte Herzl, intorno alla tomba di marmo nero del Padre del sionismo, quello che diceva “se lo vorrete non sara’ solo un sogno”.
Un piazzale enorme dove , oltre ai balli, le canzoni, lo sventolio di bandiere e le acclamazioni del pubblico, si assiste al momento piu’ emozionante e tenero per noi ebrei, il momento in cui dodici persone vanno ad accendere le dodici torce, una per ogni tribu’ di Israele.
Quest’anno ha acceso una delle torce il Rav Shimon Rosemberg padre e suocero della giovane coppia massacrata a coltellate nell’attacco alla casa degli ebrei a Mumbai nel 2008. Ricorderete la storia terribile, i terroristi pakistani che dichiararono “cercavamo gli ebrei” e il coraggio della nanny indiana, Sandra Samuel che, preoccupata dai rumori, corse al piano di sopra dove trovo’ il piccolo Moshe che piangeva vicino al cadavere della madre, lo prese in braccio e corse fuori salvandogli la vita perche’ i terroristi erano ancora in casa a cercare altri ebrei da ammazzare.
Sandra Samuel e’ in Israele col bambino, ha ricevuto subito la cittadinanza israeliana e gli fa da mamma a casa dei nonni Rosemberg.
Il piccolo Moshe, in braccio alla nonna, vicino al figlio indiano di Sandra, era tra il pubblico e applaudiva, ridendo, il nonno accanto al braciere.
Era presente alla cerimonia anche il fratello di Gilad Shalit, Yoel.
I media dicono che abbia disturbato la cerimonia ma chi la guardava in TV non si e’ accorto di niente e, dopo il primo momento di confusione, Yoel e’ rimasto tra il pubblico.
Gilad e’ vivo! Era scritto sul cartello di Yoel.
Certo che Gilad e’ vivo! Cinque anni vivo e sepolto in qualche buco tra le belve senza poter vedere nessuno, senza avere contatti con nessuno a parte i suoi aguzzini.
Israele ha fatto e fa tutto il possibile, ha liberato un migliaio di terroristi e non e’ servito, colle belve di hamas e’ impossibile raggiungere qualche risultato positivo e credo che Yoel dovrebbe andare a manifestare davanti alla sede della Croce Rossa Internazionale che da 5 anni ha il veto di vedere il nostro prigioniero e non protesta.
Siamo vivi anche quest’anno ma questo non e’ il solo motivo di orgoglio per noi israeliani. Noi abbiamo creato un paese dal nulla, un paese che era fatto di sabbia e paludi. Nel 1948 il PIL era da paese del terzo mondo, oggi e’ superiore a quello di molti paesi europei.
Oggi questo paese e’ un giardino, le citta’ sempre piu’ grandi e belle, Israele costruisce nel Neghev un nuovo e supermoderno impianto idrico per il riciclaggio dell’acqua. L’impianto, nella sua prima fase, fornira’ trecentomila metri cubi di acqua purificata al giorno che servira’ per le coltivazioni e le irrigazioni dei campi.
Si , acqua per le coltivazioni, suona strano vero se si pensa al deserto? Eppure Israele nel Neghev coltiva pomodori, ulivi, uva, tutti i tipi di verdure biologiche, l’Universita’ Ben Gurion di Beer Sheva ha un college universitario e centro di ricerca vicino al kibbuz Sde Boker , il Jacob Blaunstein Institute for Desert Research

dove i migliori scienziati di Israele lavorano in un ambiente pastorale e meraviglioso, circondati da un paesaggio biblico che non ha uguali.
Si creano centri di energia solare, citta’, villaggi modernissimi, parchi enormi, fabbriche, centri di svago, impianti industriali ed e’ soprattutto in via di sviluppo la situazione dei beduini della zona che troveranno enorme impulso a fare una vita migliore con nuove occupazioni che non siano solo le pecore e che usufruiranno di servizi di trasporto dai loro villaggi ai posti di lavoro.
Il Neghev sara’ completamente sviluppato in pochi anni e si accorceranno le distanze fra il deserto e il centro di Israele perche’ vengono gia’ create autostrade, servizi automobilistici che in Israele sono il mezzo di trasporto piu’ comune perche’ praticamente perfetto.
Ma la cosa piu’ comica che ci ricorda di essere in Medio Oriente, e’ che viaggiando in autostrada si incontrano cartelli che avvisano “Attenzione, cammelli”

Tel Aviv, la citta’ che non dorme mai, diventera’ “global city” , citta’ internazionale cioe’ città all’avanguardia nel campo dell’economia, della cultura e del sociale.
La Global City Administration ha ospitato recentemente 15 editori e scrittori della rivista Time Out, nota in tutto il mondo. Agli editori provenienti da importanti città come New York, Londra, Madrid, Barcellona, San Paolo, Amsterdam, Mosca, Città del Capo, Lisbona, Budapest, Bombay e Hong Kong, sono stati illustrati i molteplici aspetti della città di Tel Aviv. I loro articoli sono stati pubblicati su un’edizione speciale intitolata “Time Out Tel Aviv Global City”, con ampia diffusione a livello internazionale.Tale rivista è un valido strumento per il settore che riesce ad evidenziare al meglio i punti di forza della città e del paese. http://www.ilvangelo-israele.it/news/notizie_apr11.html
Insomma il sogno di Theodor Herzl ha superato ogni aspettativa e la meraviglia diventa ancor piu’ strabiliante se si pensa che tutto questo e moltissimo altro e’ stato ed e’ fatto mentre il Paese e’ ancora in guerra con i palestinesi, e’ stato colpito dal terrorismo piu’ feroce e barbaro e sottoposto continuamente a pressioni disumane dal resto del mondo.
Dati pubblicati dall’Ufficio centrale delle Statistiche mostrano che la percentuale dei cittadini israeliani senza un impiego si è ulteriormente abbassata nei primi mesi del 2011, arrivando a meno del 6% e la crisi economica mondiale non ci ha colpiti neanche di striscio.
Tutto questo e moltissimo altro in tutti i campi, da quello scientifico, culturale, agricolo, turistico, viene fatto col lavoro e la felicita’ di essere qui , a casa, liberi e padroni di noi stessi.
L’altro giorno sono andata alla scuola di mio nipote per la cerimonia di Yom Hazikaron e Yom Azmaut ed e’ stato da un punto di vista devastante perche’ i bambini della scuola hanno letto i nomi dei caduti che erano alunni di quel istituto e sono morti in guerra o per terrorismo. In quale scuola del mondo occidentale puo’ avvenire questo? In che paese del mondo esistono ex allievi morti ammazzati? Un lungo elenco di nomi.In tutte le scuole di israele la stessa cerimonia di dolore.
Poi pero’ e’ scoppiato l’entusiasmo e, passando dal serieta’ del momento del lutto alla gioia sfrenata, i bambini, sventolando le bandiere e a testa alta, quasi gridando, hanno cantato, insieme a noi del pubblico l’Inno Nazionale, orgogliosi, fieri e felici.
Questo e’ Israele un paese fiero che lavora e vive con soddisfazione posizionandosi al settimo posto tra i paesi piu’ felici del mondo e tutto ma proprio tutto ci e’ stato dato in eredita’ da quel antico “se lo volete non sara’ solo un sogno”,
Naftali Herz Imber che scrisse la Hatikva nel lontano 1877 non avrebbe mai imaginato che la sua poesia ( dal titolo originale Tikvatenu, Nostra Speranza) sarebbe stata cantata da generazioni di ebrei liberi arrivati a casa poveri profughi reduci dai campi della morte o fuggiaschi dalle persecuzioni arabe e diventati un popolo all’avanguardia.
Generazioni di ebrei liberi che ancora oggi cantano quelle parole col groppo in gola e gli occhi lucidi.

Kol od balevav p’nimah
Nefesh Yehudi homiyah
Ulfa’atey mizrach kadimah
Ayin l’tzion tzofiyah
Od lo avdah tikvatenu
Hatikvah bat shnot alpayim
L’hiyot am chofshi b’artzenu
Eretz Tzion v’Yerushalayim

Finché dentro il cuore, in profondità,
l’Anima Ebrea ci sussurrerÃ
e alle porte d’Est, là dove sorge il sol
un occhio guarda al monte di Sion,
non è persa la Speranza,
speranza già bimillenne,
d’esser un popol libero in terra
di Sion, Gerusalemme.

E nemmeno David Ben Gurion che riposa con la moglie Paula sotto due alberi in mezzo al deserto avrebbe mai immaginato quello che le sue parole potevano significare mentre leggeva La Dichiarazione d’Indipendenza di israele il 14 Maggio 1948:

“In Eretz Israel è nato il popolo ebraico, qui si è formata la sua identità spirituale, religiosa e politica, qui ha vissuto una vita indipendente, qui ha creato valori culturali con portata nazionale e universale e ha dato al mondo l’eterno Libro dei Libri. Dopo essere stato forzatamente esiliato dalla sua terra, il popolo le rimase fedele attraverso tutte le dispersioni e non cessò mai di pregare e di sperare nel ritorno alla sua terra e nel ripristino in essa della libertà politica. Spinti da questo attaccamento storico e tradizionale, gli ebrei aspirarono in ogni successiva generazione a tornare e stabilirsi nella loro antica patria…..“

Viva Israele

Deborah Fait

 

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