Un articolo di Alessandro Litta Modignani
19-12-2011

Luca Bauccio è da sempre un amico dei Radicali e mio personale. Dopo aver letto il suo libro “Primo, non diffamare – Difendere il proprio onore nell’era della disinformazione”, mi sono seriamente chiesto: devo rinunciare alla recensione… oppure all’amicizia? Un bel dilemma. Ho deciso che non posso sottrarmi, far finta di nulla sarebbe ipocrita e mediocre. Assumo il rischio di scrivere davvero e fino in fondo quello che penso del libro, dell’autore e dei suoi scopi reconditi, sforzandomi di moderare il linguaggio. Se l’amicizia sopravvivrà, sarà una bella prova per entrambi. Se invece dovrà soccombere, significa che sarebbe accaduto comunque, prima o poi. E’ giusto così: la vita divide.


Brillante penalista milanese, quarantenne, Bauccio ha scritto un libro che, stando all’apparenza, più liberale, radicale e garantista non si può. Quella contro la diffamazione, infatti, è una delle storiche battaglie di Marco Pannella, in nome del diritto all’immagine, del diritto alla verità. In effetti, almeno all’inizio, il libro si presenta proprio con questo taglio e assolve appieno il suo compito. Denuncia i più clamorosi casi di diffamazione perpetrati dalla stampa faziosa – in testa Libero e Il Giornale, ma non solo; questi due quotidiani, con il loro becero qualunquismo, sono i campioni della diffamazione antigiornalistica, ma è soprattutto nei talk show televisivi che le Santanché, i Borghezio e simili possono dare il “meglio” di se stessi.

Questa parte del libro, senza dubbio la migliore, descrive la “questione diffamazione” in Italia nei suoi aspetti più distorsivi e devastanti. Bauccio presenta vari casi, alcuni notissimi, come quello Moratti vs. Pisapia nella campagna elettorale di Milano, oppure quello del direttore di Avvenire Dino Boffo, massacrato psicologicamente da un “trattamento” che poi farà scuola, fino a entrare nel lessico politico come sinonimo di totale annientamento morale. Un posto d’onore, in questa rassegna, spetta ad Azouz Marzouk, il tunisino di Erba accusato con disinvoltura dalla Lega Nord di avere tagliato la gola (fra gli altri) al proprio figlioletto di due anni – invece erano stati, come è noto, i vicini di casa rigorosamente padani.

Fra i diffamati a vario titolo, Bauccio cita “a caso” una giornalista fermata a bordo della nave turca Mavi Marmara (quella della strage) poi coperta di contumelie da alcuni giornali, con accuse rivelatesi false. Poi è la volta della famigerata Santanchè che diffama, sempre “a caso”… Maometto, accusato (dopo 14 secoli) di essere poligamo e anche pedofilo, avendo fra le numerose mogli una sposa bambina. Qui il lettore comincia a chiedersi: ma perché proprio Maometto ? Si tratta di una questione culturale, storica, religiosa ma non certo giudiziaria, visto che è accaduta nel 600 dopo Cristo. Poi tocca alle famose vignette danesi, anch’esse “offensive di Maometto, altro che libertà di espressione !!!” secondo l’avvocato milanese. E così via.Dopo questi “casuali” esempi, a pagina 86 ci si imbatte nelle zebre di Gaza. Cosa c’entrino mai con la diffamazione, lo scopriremo fra poco. I bombardamenti israeliani hanno ucciso le zebre dello zoo, perciò si decide ingegnosamente di dipingere a strisce alcuni asini: i bambini di Gaza ne saranno allietati. Appresa la notizia, un comune israeliano decide in segno di pace di regalare due zebre ai palestinesi, ma le autorità sdegnosamente rifiutano il dono. A questo punto Bauccio parla di “maschera bifronte”, “inganno permanente”, “veleno mortale” eccetera: questo episodio varrebbe a “svelare l’inganno di chi prima ammazza i bambini e poi regala loro le zebre”. E commenta: “Vuoi mai che un piccolo palestinese, orbato e storpiato da una bomba preventiva, non abbia voglia di dilettarsi con la realtà”, cioè con le due zebre donate dall’odiato nemico. Partendo da una “diffamazione” inesistente e sconclusionata, è abbastanza chiaro dove l’autore voglia arrivare.

Ecco altri esempi. Chi ha ucciso Sadat ? Un giudice – si badi: il giudice, non il diffamatore – stabilisce che addebitare l’uccisione del presidente egiziano ai Fratelli Musulmani è corretto, perché il fatto è “notorio”. Infatti sta scritto in un’infinità di libri, articoli di giornale, servizi televisivi, su questo sono stati versati fiumi di inchiostro. Ma Bauccio insorge: “l’omicida ha un nome e un cognome… confessò e fu condannato… era un militante della Jihad”. Ora, a parte il fatto che all’attentato partecipò un commando di 6 persone e non una sola, resta la domanda: basta, in un contesto di quella portata, limitarsi a quanto appurato da un tribunale egiziano ? Addebitare storicamente e politicamente l’assassinio di Sadat alla Fratellanza Musulmana è un giudizio scontato, pressoché unanime, che non può essere considerato in nessun modo diffamatorio, anche perché in trent’anni questa organizzazione ha cambiato struttura (e forse natura) varie volte. Dunque quel magistrato, nella circostanza, ha deciso saggiamente. Ma questo a Bauccio non sta bene e vedremo perché.
Ancora più clamoroso, sul piano storico, l’esempio del silenzio di Pio XII di fronte alla Shoah. Bauccio parla di “logiche diaboliche” e di “perniciose pretese” nell’imputare al Papa di avere taciuto di fronte alla deportazione degli ebrei romani. “La tesi di Pio XII complice e correo è priva di basi storiche ma nondimeno creduta vera, alimentata da una strategia politica e mediatica” sostiene l’autore, che prosegue: “La comunità ebraica rimprovera alla Chiesa il comportamento silente e accondiscendente…”.

Come sarebbe a dire, “la comunità ebraica” ? La comunità internazionale, semmai. L’intera umanità, non solo gli storici e gli intellettuali, sicuramente tutta la cristianità, si sono interrogati su questo. Il silenzio della Chiesa di fronte allo sterminio degli ebrei è una delle questioni più scottanti e dolorose della storiografia del ‘900. Ma secondo Bauccio è una falsa accusa della comunità ebraica, alla base del quale ci sarebbe (senti senti…) un “ragionamento diabolico”. Come potrebbe la Chiesa discolparsi dall’accusa di “non” avere fatto qualcosa? si chiede infatti l’avvocato, al quale stavolta la logica fa completamente difetto. Dimostrando di avere agito e salvato almeno alcuni ebrei, è la facile risposta. Ma se non risultano documenti né ufficiali, né ufficiosi, né segreti, né testimonianze né null’altro che dimostri l’opposizione del Papa e della Chiesa allo sterminio degli ebrei, ciò significa solo una cosa: che il Papa ha taciuto. Lo capirebbe anche un bambino, solo Bauccio finge di non accorgersene. E perché?

La spiegazione è semplice. Fra i clienti dell’avvocato milanese figurano l’Unione delle comunità islamiche italiane (UCOII) vari Imam di varie moschee (fra i quali il noto Abu Omar di viale Jenner a Milano) e altri imputati “eccellenti” accusati di terrorismo internazionale. Niente di male, sia ben chiaro: il penalista fa il suo mestiere. Anzi colgo l’occasione per augurare di cuore a tutti costoro di uscire prosciolti dalle gravi accuse. I problemi nascono dal fatto che l’avvocato ci tiene molto a fare sapere che condivide appieno le idee dei suoi assistiti, soprattutto su Israele, comunità ebraica e dintorni. Bauccio non si limita a difendere gli imputati, ma vuole compiacerli anche a costo di forzare il ragionamento e di tirare per i capelli e a tutti i costi questioni che, con la diffamazione, c’entrano quanto un asino dipinto da zebra. Insomma anche a costo di deviare completamente dal tema del libro, che ne risulta irrimediabilmente penalizzato.

Peccato, perché “Primo non diffamare” dice tante cose belle, giuste e importanti. L’autore ha deciso strumentalmente di aggiungerne alcune altre, così sbagliate da compromettere la validità dell’insieme. Ecco, ho fatto ciò che dovevo e ora mi chiedo: riuscirà l’amicizia a sopravvivere? Staremo a vedere. Il massimo sarebbe una querela per diffamazione.

Alessandro Litta Modignani (1954) è giornalista. È iscritto e milita nel Partito Radicale ininterrottamente dal 1974. Nella Legislatura 2000-2005 è stato capogruppo per i Radicali-Lista Bonino nel Consiglio Regionale della Lombardia. È attualmente membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani.
http://notizie.radicali.it/articolo/2011-12-19/editoriale/la-diffamazione-e-gli-asini-dipinti-strisce
 

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