Testata: La Stampa Data: 25 gennaio 2012  Autore: Alberto Mattioli

L’ira di Erdogan, oltre ad essere fuori luogo, allontana definitivamente la Turchia dall’Europa

 

La legge francese prevede la sanzione per il negazionismo di tutti i genocidi, incluso quello armeno. Ma, contrariamente a quanto cerca di far credere Recep Erdogan, non si tratta di una legge anti-turca. In ogni caso, la protesta di Erdogan ha come effetto quello di allontanarlo definitivamente dall’Occidente e dall’Europa. Ecco il pezzo:

Sette ore di dibattito, due manifestazioni contrapposte fuori dal Palazzo del Lussemburgo, 127 sì contro 86 no: lunedì a tarda sera il Senato francese ha approvato la legge che punisce la negazione del genocidio armeno nella Prima guerra mondiale. Quello degli armeni da parte dei turchi era già, insieme alla Shoà, uno dei due genocidi ufficialmente riconosciuti dalla République. Ma, a differenza dell’altro, mancava la legge per punire i negazionisti: un anno di galera e 45 mila euro di multa.
Fin qui la politica interna. Il problema, però, adesso riguarda quella estera. I turchi protestano dal 22 dicembre scorso, quando la legge fu approvata dall’Assemblée Nationale. Ora sono ancora più arrabbiati. Però per il momento le rappresaglie sono solo verbali. Certo, restano in vigore quelle già adottate in dicembre, più simboliche che pratiche, ma è rimasto deluso chi si aspettava che il primo ministro, Recep Erdogan, rincarasse la dose. Parlando ieri ad Ankara ai parlamentari del suo partito, l’Akp, Erdogan ha sì definito la legge «discriminatoria» e «razzista», mentre il ministero degli Esteri stigmatizzava un «atto irresponsabile» e prometteva che la Turchia «reagirà in ogni ambito». Ma, per il momento, di misure concrete non ce ne sono. Per adottarle, Ankara aspetta che Nicolas Sarkozy promulghi la legge e soprattutto che il Consiglio costituzionale francese si esprima sul ricorso di alcuni senatori, secondo i quali il nuovo provvedimento lede i diritti costituzionali alla libertà di pensiero e di espressione. Il ministro degli Esteri, Alain Juppé, che non fa mistero di considerare «inopportuna» la legge, invita i turchi a mantenere «il sangue freddo» e tende la mano «a questo grande Paese». Sarkozy ha scritto a Erdogan spiegando che la legge non prende di mira nessun Paese, quindi nemmeno la Turchia.
In effetti, i turchi, più ancora che arrabbiati con la Francia, sono furibondi con Sarkò, accusato di sacrificare le relazioni franco-turche sull’altare delle elezioni e del voto dei 600 mila francesi di origine armena. Erdogan aveva già accusato il padre del Presidente, Pal, di aver fatto il legionario in Algeria negli anni 40. Ieri se l’è presa con il nonno sostenendo che, in quanto nato a Salonicco durante la dominazione turca, «era ottomano», il che rende ancor più grave che suo nipote si comporti «da nemico dei turchi». Il suo ministro del Lavoro è stato più diretto: «Sarkozy passerà alla storia come l’uomo che ha massacrato la Storia». Il sindaco di Ankara ha annunciato che «sbattezzerà» le strade con nomi francesi e edificherà un monumento alle vittime del «genocidio» commesso dai francesi in Algeria. E gli hacker turchi minacciano blitz sui siti governativi francesi.
Propaganda a parte, la questione è adesso se Ankara adotterà ulteriori sanzioni e soprattutto se saranno economiche. Si parla di boicottaggio dei prodotti francesi o di esclusione delle imprese francesi dalle gare per gli appalti pubblici, proprio alla vigilia di una grande ondata di privatizzazioni. Ma se la Turchia è l’undicesimo cliente per le esportazioni francesi, la Francia è il quarto per quelle turche (5,4 miliardi di euro nel 2010). Il che spiega, forse, perché per il momento alla violenza delle parole si accompagni la prudenza negli atti.

 

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