Sembra il copione di un film dei primi anni Novanta, quando i computer erano una (relativa) novità e il binomio smanettoni-intelligence andava assai di moda. In breve: prima un hacker, pare un ragazzino saudita di diciannove anni, manda in tilt i siti della borsa e della compagnia aera di bandiera israeliana; il giorno dopo un gruppo di hacker israeliani “risponde” mettendo fuori uso i siti delle borse dell’Arabia saudita e degli Emirati Arabi.

“Questo è solo l’inizio”, hanno dichiarato gli hacker israeliani. E c’è da credergli. Perché, anche se non è certo la prima volta che arabi e israeliani si pestano i piedi anche su internet, i colpi portati a termine negli ultimi giorni si distinguono per l’alto profilo dei bersagli colpiti e i toni continuano ad alzarsi. I tizi che hanno mandato in tilt le borse arabe si firmano come “squadra delle forze della Difesa israeliana” e hanno inviato una lettera al quotidiano principale in lingua ebraica Yediot Ahronot in cui minacciano i “colleghi” arabi: “Se insisterete ad attaccare i siti israeliani passeremo alla fase successiva e paralizzeremo la vostra economia“. Segue lista di possibili obiettivi arabi nel mirino: enti governativi, compagnie aeree, banche.

Lunedì un duplice attacco aveva colpito il sito della borsa di Tel Aviv e il portale della compagnia aerea di bandiera israeliana El Al. L’attacco era stato rivendicato da un tale OxOmar, nickname che secondo gli stessi israeliani farebbe riferimento a un hacker saudita di diciannove anni. Nel giro di pochi minuti Twitter si è riempita di complimenti da parte di “cinguettatori” anti-israeliani, sotto gli hashtag #OxOmar #SaudiHacker.

OxOmar aveva minacciato di mandare in tilt anche un terzo sito, quello della Banka Leumi, il più importante istituto di credito israeliano, ma il portale ha continuato a funzionare senza grandi problemi. Probabilmente la sua iniziativa è nata dall’appello lanciato direttamente dal portavoce di Hamas Sami Abu Zuhuri, che la scorsa settimana aveva invitato gli hacker arabi ad attaccare la rete israeliana: “La penetrazione dei siti israeliani apre una nuova frontiera nella resistenza elettronica e nella guerra contro l’occupazione israeliana” aveva detto.

I servizi di sicurezza interni, detti Shin Bet (cioè i “cugini” del più celebre Mossad) hanno riferito alla stampa israeliana che nessun dato vitale è stato toccato dall’attacco. Per tutta risposta gli hacker arabi hanno annunciato la loro intenzione di attaccare siti strategici, inclusi quelli della società idrica e della società elettrica.

Nel frattempo, però, sono stati gli hacker israeliani a passare alle azioni. Del resto c’era da aspettarselo. Come qualcuno ha twittato di recente: “Da un Paese che si fa chiamare Start-Up Nation (cioè la nazione delle start-up, a causa delle numerosissime nuove aziende, quasi tutti di settore hi-tech, ndr) non ci si poteva non aspettare una risposta nella guerra cibernetica”.

Anna Momigliano è una caporedattrice di Studio, bimestrale di attualità culturale. Ha scritto reportage da Israele, Libano e altri Paesi mediorientali. Per Marsilio ha pubblicato Karma Kosher, giovani israeliani tra guerra, pace, politica e rock ‘n rollPotete seguirla su Twitter: @annamomi

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