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Ecco gli aggiornamenti di oggi, 20/07/2012, sulla strage dei turisti israeliani in Bulgaria, una accurata informazione per capire l’evolversi della situazione. In altra pagina la disinformazione, dell’Unità e del Manifesto.

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: ” Gli estremisti uniti solo dall’odio verso Israele ”

Fiamma Nirenstein              i primi soccorsi
Gerusalemme. Dall’Asia,all’Europa,al­l’America del Sud e del Nord, all’Africa. Benijiamin Netanyahu ieri ha avvertito: una serqua di attentati a iniziativa irania­na e eseguita dagli hezbollah segnalano un pericolo che aumenta ogni giorno e che invade tutto il mondo, e che potreb­be diventare un pericolo chimico. Qui da Israele la scena è insieme assurda e consueta. Ancora famiglie i cui membri, scaricati dall’aereo proveniente dalla Bulgaria sulle barelle, sono stati tutti feri­ti nel medesimo attentato, feriti dispera­ti per il dolore e che piangono l’esistenza di tanto odio, morti di cui il nome non viene rivelato finchè ogni persona colle­gata al caduto non sia avvertita, tutta Israele in amorosa fibrillazione mentre i 33 feriti e i corpi dei cinque uccisi vengo­no sbarcati dagli aerei all’aereoporto Ben Gurion. Sempre innocenti, stavolta turisti, ieri alunni delle scuole, passegge­ri di autobus, avventori ai caffè, donne e vecchi al mercato. Proprio ieri era l’anni­versario dell’attentato di Buenos Aires del 1994, come questo compiuto dagli Hezbollah, allora con 85 morti e centina­ia di feriti. Israele, gli ebrei, seguitano a essere l’obiettivo preferito di un terrori­smo sistematico, ripetuto, strategico, che colpisce in tutto il mondo. Il terrori­sta suicida di cui ormai si conosce la sa­goma ripresa dalle telecamere dell’ae­reoporto, un bianco con i capelli lunghi e sulla schiena uno zaino pieno di tritolo (quante volte gli hezbollah, e anche i pa­lestinesi si sono serviti di tedeschi, di oc­cidentali di varie nazionalità, o, andan­do più lontano, persino di giapponesi) è stato fin dai primi momenti individuato come un emissario non solo dell’orga­nizzazione degli hezbollah, ma di un as­se intero dietro il quale si erge soprattut­to il massimo nemico, l’Iran. «Un Paese che seguita a promuovere attentati – ha detto Netanyahu- chissà cosa potrebbe fare con la bomba atomica». Da Israele, che da mesi vede un molti­pli­carsi degli attentati o dai tentativi di at­tacco, in Kenia, India, Tailandia, Geor­gia, Grecia, Turchia, Cipro, Azerbajan, l’indicazione dell’Iran come del buratti­naio coa­diuvato da molti volenterosi as­sassini è univoca, da Netanyahu a Barak a tutti gli esperti: la collezione di prove punta in quella sola direzione. La mobili­tazione degli hezbollah, che preferisco­no colpire lontano dal confine del Liba­no con Israele e spingersi oltremare per tenere lontana una reazione fisica im­mediata di Israele, è facilitata dalla ricer­ca di una vendetta dopo l’eliminazione mirata di Imad Mughnije nel 2008. Ma la dimensione strategica dell’at­tacco, che è l’elemento più importante perchè disegna la prospettiva di attac­chi programmati in tutto il mondo, l’ha spiegata mercoledì Hassan Nasrallah, il capo degli hezbollah, in un discorso sul­la guerra del luglio 2006. Nasrallah ha lo­dato il coraggio della Siria che «ci ha da­to le armi per la lotta di resistenza contro Israele non solo in Libano ma anche a Gaza»; e ha invece preso in giro per la lo­ro viltà l’Arabia Saudita e l’Egitto per es­sersi sempre tirati indietro. Ora, la casa madre fornitrice delle armi che Assad ha passato agli hezbollah è l’Iran, che og­gi seguita a sorreggere la casa alawita oramai alla fine. Iran, Siria, Hezbollah: tre entità diverse in grave crisi, l’Iran per l’attacco concentrico mondiale a causa del programma atomico che richiama condanne e sanzioni, e perchè è chiaro che esso è accompagnato anche da un programma terroristico ad esso connes­so come scudo di deterrenza; la Siria, perchè la rivoluzione in corso da un an­no e mezzo sembra spingere senza rime­dio Assad giù dalle vette del potere spe­cie dopo l’uccisione del suo ex ministro della difesa Hassan Turkman e di suo co­gnato Assaf Shawkat, grosso papavero militare del regime. Gli Hezbollah, in un Libano senza pace e senza equilibrio, cercano di mantenere il loro predomi­nio mentre crolla il mondo che li ha so­stenuti con armi, denaro, spinta ideolo­gica sciita contro un mondo sunnita che vince le rivoluzioni arabe una dopo l’al­tra. L’arma che questo asse ha in mano è quello di cui il mondo arabo si è sempre servito per motivi di dominio e di soprav­vivenza: l’odio antisraeliano. In questo contesto si disegna la spaventosa pro­spettiva che le armi chimiche siriane (di cui nei giorni scorsi abbiamo descritto il minaccioso spostamento da parte del re­gime di Assad) finiscano nelle mani de­gli Hezbollah pilotati dall’Iran, e che la catena di attentati che si disegna all’oriz­zonte si colleghi a questo nuovo perico­lo. É per evitare questo che americani e israeliani ai massimi livelli si incontra­no intensamente in questi giorni: forse è il caso, si chiedono, di togliere quelle ar­mi dalla circolazione a un costo che co­munque sarebbe minore di un eccidio collettivo del Medio Oriente. Il rischio è spaventoso, e l’attentato di Burgas lo se­gnala denza pietà.
La Stampa-Aldo Baquis: ” Israele, guerra di spie con Teheran per difendere i suoi turisti all’estero”

Venti attentati in continenti disparati, sventati o sfiorati dall’inizio del 2011: tutti con obiettivi israeliani o ebraici, sovente legati in qualche modo all’Iran, o agli Hezbollah libanesi. Questo il rapporto inoltrato dai servizi segreti israeliani al premier Benyamin Netanyahu nelle ore seguite all’attentato di Burgas. «L’attentato è stata condotto dagli Hezbollah, come lunga mano dell’Iran. Siamo di fronte a una offensiva terroristica ispirata dall’Iran, che si estende in tutto il mondo», ha insistito ieri Netanyahu, per la seconda volta in 24 ore. «L’Iran è ormai il professionista n. 1 del terrorismo nel mondo». Poi, la conclusione: «Occorre impedire che lo Stato più pericoloso al mondo venga in possesso delle armi più pericolose al mondo: le armi nucleari».
I dirigenti iraniani e gli Hezbollah si dicono estranei alla strage. Eppure Israele ritiene – ha ribadito il ministro egli esteri Avigdor Lieberman – di aver elementi concreti per dimostrare il contrario. Ed Israele reagirà «a ragion veduta, al momento opportuno». Intanto nel ministero della difesa di Tel Aviv le luci, negli ultimi giorni, restano accese tutta la notte.
La sensazione dei responsabili alla difesa è che l’Iran cerchi di creare un deterrente nei confronti di Israele, ritenendolo responsabile della uccisione di scienziati nucleari; del sabotaggio di installazioni militari, e della diffusione di virus cibernetici maligni (Stuxnet e Flame). «Qualcuno a Teheran ha deciso l’anno scorso che a questo punto è legittimo colpire obiettivi israeliani o ebraici nel mondo» afferma Nitzan Nuriel, ex comandante del Lotar (l’ente israeliano di monitoraggio del terrorismo). I tentativi si sono susseguiti a ritmo vertiginoso in Azerbaijan, India, Thailandia, Georgia, Bulgaria, Cipro, Kenya, e altrove. In altri Paesi (fra cui Egitto e Turchia) la visite sono sconsigliate del tutto agli israeliani.
Per anni Nuriel è stato in prima linea in questa lotta sommersa, soppesando col bilancino informazioni di intelligence sulla imminenza di attentati contro israeliani. «Cessare i viaggi all’estero degli israeliani significa elargire una vittoria al terrorismo» ragiona. Per cui occorre partire egualmente verso le mete prestabilite, ma con una certa accortezza. «Le guide turistiche israeliane – propone – devono essere istruite adeguatamente». Prima di partire per l’estero dovranno specializzarsi nel soccorso ai feriti; nella ispezione degli autobus; nell’improvvisare itinerari sempre nuovi e inaspettati; nel tenere contatti costanti con le forze di sicurezza locali.
«Il nostro punto debole – spiega – sono gli atterraggi e i decolli, quando in una zona ristretta si concentrano comitive che, in maniera evidente, sono al cento per cento di israeliani». Proprio questo è stato il tallone di Achille a Burgas. «Occorre dunque accrescere la protezione di ciascuna polizia locale nei punti dove converge il turismo stagionale israeliano».

La Stampa-Maurizio Molinari: ” I terroristi della porta accanto che si mischiano alle vittime “

Bermuda, maglietta sportiva, cappellino da baseball e scarpe da ginnastica: ripreso dalle telecamere dell’aeroporto bulgaro di Burgas, il kamikaze che ha fatto saltare in aria il pullman carico di civili israeliani si presenta come un turista simile a tanti altri. Sui brandelli di ciò che rimane del corpo dilaniato dall’esplosione, è stata trovata la falsa carta d’identità dello Stato del Michigan che aveva con sé, assieme a un passaporto americano di ancora non accertata provenienza. Presentando questi documenti ad un qualsiasi controllo doganale, il kamikaze dalla pelle bianca deve essere sembrato uno dei numerosi giovani americani che amano trascorrere le vacanze estive in Europa, con tanto di capelli lunghi, occhiali da sole, sacca a tracolla e zaino sulle spalle. Il kamikaze nei panni del più banale turista diventa così una nuova declinazione del «terrorista della porta accanto» di cui il sindaco di New York, Michael Bloomberg, parlò nel maggio del 2010 quando il giovane pakistano-americano Faisal Shahzad, residente in un sobborgo di Bridgeport in Connecticut, tentò di far esplodere un’autobomba a Times Square per fare strage di bambini all’uscita del musical «The Lion King». Quando aveva lasciato l’auto parcheggiata davanti al teatro nessuno aveva notato Shahzad, un volto come tanti nella folla di Times Squadre ovvero uno dei luoghi più protetti del mondo, con centinaia di telecamera gestite da una dozzina di agenzie di sicurezza. Nel luglio del 2005 a subire la beffa fu invece Scotland Yard quando un gruppo di giovani jihadisti anglo-pachistani con gli zainetti sulle spalle si fecero saltare in aria dentro i vagoni della metro e su un bus a due piani perché nessuno li aveva notati troppo, essendo uguali a migliaia di coetanei in una delle metropoli più multiculturali. Come un rapporto d’intelligence presentato al Congresso di Washington nel 2009 suggerisce, i «terroristi tendono a camuffarsi con le vittime» al fine di raggiungere il loro scopo, ovvero causare più vittime. Di conseguenza i più pericolosi sono quelli più integrati nel mondo che vogliono colpire. In marzo a Tolosa il killer islamico entrato in una scuola ebraica per braccare gli studenti come prede è stato Mohammed Merah, 23enne di origine algerina integrato al punto che la famiglia andava a farsi curare da uno dei dottori ebrei della città, reputandolo un fidato confidente sui temi della salute. Di conseguenza la prevenzione diventa più difficile, come dimostra quanto avviene nell’ottobre 2009 davanti alla caserma Santa Barbara di Milano, quando il libico Mohamed Game, in possesso di permesso di soggiorno, si presenta al piantone con un’insospettabile cassetta degli attrezzi, facendolo apparire un operaio come tanti altri, fino a quando non si fa esplodere. Le indagini portarono ad accertare che la sua era una «Jihad personale», condotta con due amici che lo avevano aiutato a confezionare l’ordigno «per vendicare i civili afghani uccisi dalla Nato».
L’identità del kamikaze di Burgas resta incerta perché Bulgaria e Svezia negano si tratti di Mehdi Ghezali, algerinosvedese ex detenuto a Guantanamo a cui in realtà assomiglia molto. Ma a prescindere da nome e mandante del killer in bermuda possono esserci pochi dubbi sul fatto che è riuscito declinare il modello del «terrorista della porta accanto» nella veste del turista.

Corriere della Sera-Guido Olimpio: ” Bomba sul bus, anche gli Usa puntano sull’Iran “

WASHINGTON – L’intelligence americana è certa che l’attentato di Burgas sia stato compiuto dall’Hezbollah con l’approvazione politica dell’Iran. Una fonte – anonima – citata dal New York Times ha confermata nella sostanza le accuse mosse in queste ore dagli israeliani. Nell’analisi degli 007 americani l’attentato fa parte della guerra segreta combattuta tra Israele e l’Iran, con sabotaggi, eliminazione di scienziati (da parte del Mossad) ed episodi di cyberwar. La strage in Bulgaria – sempre secondo gli Usa – rientra in un’offensiva terroristica più ampia segnata da molti episodi, dall’India a Cipro. A portarla avanti la Divisione Qods iraniana e l’Hezbollah. Altro aspetto interessante è quello dell’attentatore. Non è sicuro che volesse fare il kamikaze, forse l’ordigno è esploso in modo accidentale. «Non lo sapremo mai», è il commento degli investigatori.

Investigatori israeliani in Bulgaria   (Afp/Doychinov)Investigatori israeliani in Bulgaria

QODS – Sul radar degli 007 ci sono – per ora – diversi personaggi ritenuti importanti. Il primo è Kasem Soleimani, responsabile della Divisione Qods, reparto legato ai pasdaran e che coordina ogni tipo di attività clandestina. Se l’Iran decide di usare il terrore o ha bisogno di montare operazioni segrete sono gli uomini della Qods ad agire, a volte in concorrenza (è bene ricordarlo) con i servizi iraniani. Nell’ultimo anno i suoi agenti hanno provato a lanciare attacchi in diversi quadranti contro obiettivi israeliani ma hanno quasi sempre fallito. Colpa – dicono gli esperti – di scelte frettolose, scarsa preparazione e «personale non professionale». La Divisione Qods ha affiancato ai pasdaran dei free-lance reclutati per l’occasione. E alcuni di loro sono stati arrestati o identificati con i referenti in Thailandia, Malaysia, Kenya e India.

DUTTILITA’ – La seconda figura è Talal Hamieh, capo dell’Unità 910 dell’Hezbollah libanese, il miglior alleato di Teheran. I militanti spesso operano congiuntamente con la Qods, hanno una loro struttura autonoma rispetto al movimento e si comportano come un servizio segreto con una proiezione operativa a lungo raggio. Solo nei primi sette mesi del 2012 sono emerse le tracce in Thailandia (due gli arresti), America Latina , Cipro (un arresto) e Bulgaria. Gli elementi della 910 agiscono con una certa duttilità. Possono investire in una presenza prolungata in un paese (in questo caso aprono attività di copertura) oppure si affidano ad azioni «mordi e fuggi». Frequente il ricorso a libanesi con passaporti occidentali. In almeno due occasioni avevano quello svedese.

UNITA’ 1800 – Infine c’è Mustafa Badreddine, che ha un passato di artificiere ed è lo stretto collaboratore di Hamieh. E’ ritenuto un operativo, con alle spalle la partecipazione a molti piani dell’Hezbollah. E’ spesso lui ad occuparsi della scelta degli uomini, dei tempi e delle tattiche. In alcune occasioni gli Hezbollah si affidano ad un secondo apparato, l’Unità 1800, che è stata creata per cooperare con gruppi mediorientali, in particolare quelli palestinesi. Alleati che possono agire in nome di una causa diversa, distogliendo l’attenzione dall’Iran.

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