Riportiamo un’interessante scenario proposto da Dagospia. Ovviamente nulla di ciò che è “secreto”, ossia rivelato, può essere usato dagli strateghi militari in una guerra vera. Lo riproponiamo come una lettura da ombrellone. Una cosa però appare evidente: l’Iran non è disposto a cedere sui propositi di distruzione d’Israele. E Israele non è disposto a tollerarlo. I messaggi di tensione si fanno sempre più frequenti.

UN BLOGGER SVELA UN SOFISTICATO PIANO DI ATTACCO AL REGIME DI TEHERAN
Corriere.it «Sarà un’aggressione coordinata» e con un attacco cibernetico «senza precedenti» che metterà ko in pochi minuti «Internet, i telefoni, la radio, la tv, le comunicazioni satellitari, le connessioni in fibra ottica degli edifici strategici del Paese». L’obiettivo? «Non far sapere al regime iraniano quello che sta succedendo entro i suoi confini».
HILLARY CLINTON INCONTRA SHIMON PERES IN ISRAELE IPOTESI DI ATTACCO ISRAELIANO AI SITI NUCLEARI IRANIANI I piani di guerra d’Israele contro Teheran rivelati a Ferragosto da un blogger. Non uno qualsiasi, ma l’israelo-americano Richard Silverstein che viene da molti soprannominato il «WikiLeaks d’Israele». E quel che ne viene fuori, a dire il vero, somiglia più a un film hollywoodiano che alla realtà. Anche se, in Israele, i tamburi di guerra iniziano a sentirsi molto più prima. Silverstein ha pubblicato sul suo sito «Tikun Olam» (Riparare il mondo, in ebraico) un estratto del documento, ufficialmente riservato, da sottoporre al gabinetto di sicurezza dove si prendono le decisioni vitali per il Paese. Il dossier – racconta il blogger – gli è stato passato soprattutto perché, secondo la sua fonte, «Bibi (Netanyahu, premier d’Israele, ndr) e Barak (ministro della Difesa, ndr) fanno maledettamente sul serio». MUNIZIONI IN FIBRA – Il piano, allora. Stando al documento ricorrerebbe, nella prima fase, alla tecnologia più sofisticata per mettere fuori uso l’infrastruttura dell’Iran e le basi missilistiche sotterranee di Khorramabad e Isfahan. Le centrali elettriche, poi – sempre secondo a quel che c’è scritto nel dossier -, «saranno paralizzate grazie a corto circuiti provocati da munizioni in fibra di carbonio più sottili di un capello che di fatto renderanno i trasformatori inutilizzabili».
Quindi la seconda fase: «Decine di missili balistici, in grado di coprire una distanza di 300 chilometri, saranno lanciati contro la Repubblica islamica dai sottomarini israeliani posizionati vicino al Golfo Persico». Missili «non dotati di testate convenzionali», precisa il documento, «ma con punte rinforzate, progettate per penetrare in profondità».
Le informazioni in possesso degl’israeliani, infatti, parlano di centrali nucleari sotterranee, come quella di Fardu, nei pressi della città di Qom, molto difficili da raggiungere con un semplice bombardamento e ormai isolate dalla Rete usata dall’autorità centrale. Finita qui? Non ancora. Perché poi toccherebbe alla terza fase. Altri missili – questa volta da crociera – «saranno lanciati per mettere ko i sistemi di comando e controllo, di ricerca e sviluppo e le residenze del personale coinvolto nel piano di arricchimento» dell’uranio. «Subito dopo», scrive il dossier, «il nostro satellite di ricognizione TecSar passerà sopra l’Iran per valutare i danni agli obiettivi.
Le informazioni saranno trasferite ai nostri aerei in volo» verso Teheran, «velivoli dotati di tecnologia sconosciuta al grande pubblico e anche al nostro alleato americano», «invisibili ai radar» e inviati in Iran per finire il lavoro, «colpendo un elenco ristretto di obiettivi» che hanno bisogno di ulteriori assalti per essere disinnescati definitivamente.
L’obiettivo sembra chiaro: annientare da un lato le capacità di sviluppo nucleare del regime islamico. Dall’altro evitare una controffensiva iraniana in territorio israeliano distruggendo le installazioni missilistiche. In realtà, il documento è solo la fase più semplice dei piani di guerra di Gerusalemme. Il governo di Benjamin Netanyahu, per ora, è in minoranza dentro il gabinetto di sicurezza. E gli Usa, oltre a ribadire il loro no al conflitto, iniziano a sottolineare che lo Stato ebraico «può solo rallentare il programma nucleare iraniano, non eliminarlo».
Mahmoud Ahmadinejad.
Sempre a Ferragosto, sulle colonne del quotidiano ebraico Ma’ariv, Matan Vilnai, ex generale e prossimo ambasciatore in Cina, anticipa lo scenario «interno» al conflitto. «Israele ha preparato la popolazione a un eventuale conflitto che potrebbe durare trenta giorni su diversi fronti contemporaneamente», rivela Vilnai. E in questo mese di guerra «nelle città israeliane la replica dell’artiglieria di Teheran potrebbe provocare almeno 500 vittime, qualcosa meno o qualcosa di più».
Lo Stato ebraico, aggiunge l’ex militare, «dovrà far fronte anche ai missili lanciati da Hezbollah dal Libano e dal braccio armato di Hamas dalla Striscia di Gaza». Israele ha fretta. Entro ottobre – secondo gli esperti dell’intelligence – l’Iran avrà arricchito grandi quantità (circa 250 kg) di uranio al 20%, il minimo per costruire poi testate micidiali. E a dare ragione ai timori israeliani c’è il blitz di una novantina di agenti federali tedeschi, sempre a Ferragosto, in alcune case di Amburgo, Oldenburg e Weimar. Azione speciale nel quale sono stati arrestati un cittadino con passaporto della Germania e altri tre con doppia cittadinanza tedesca e iraniana. Tutti accusati di aver esportato in Iran valvole per la costruzione di un reattore nucleare, violando così l’embargo in vigore. I sospetti – Rudolf M., Kianzad Ka., Gholamali Ka. e Hamid Kh. – tra il 2010 e il 2011 avrebbero fornito le componenti a Teheran servendosi di compagnie di faccia in Turchia e Azerbaigian in cambio di milioni di euro.
Source: Dagospia
 

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