Nella foto: Alfred Nobel.

Sono passati 107 anni da quando lo scienziato tedesco Adolf von Baeyer vinse il Premio Nobel per la Chimica, primo ebreo a ottenere il noto riconoscimento assegnato dall’Accademia reale di Svezia: un risultato ottenuto grazie ai suoi studi su un tema molto caro proprio alla tradizione ebraica, le proprietà chimiche della colorazione indaco (il tekhelet, che viene nominato decine di volte nella Torah, come colore utilizzato per tingere gli tzitzit, le frange degli scialli rituali, e le vesti del Gran Sacerdote). A rinnovare la tradizione che vede numerosi scienziati ebrei comparire nel prestigioso albo, quest’anno è il medico americano Robert J. Lefkowitz, che insieme al collega Brian K. Kobilka ha conseguito il Nobel per i suoi studi sui recettori accoppiati alle proteine G, sostanze presenti sulla membrana cellulare e fondamentali nella comunicazione di messaggi molecolari tra cellule (dal riconoscimento degli ormoni ai segnali nervosi). Lefkowitz e Kobilka sono stati premiati per aver scoperto che “il recettore in questione è assimilabile a quello presente nell’occhio che cattura la luce”, e che pertanto “esiste un’intera famiglia di recettori che si assomigliano e lavorano nello stesso modo”, come spiega il sito del Nobel. “Era scritto nel mio destino che diventassi un medico – aveva raccontato Lefkowitz, che lavora al Howard Hughes Medical Institute della Duke University Medical Center, al giornale della sua università la scorsa estate – E’ stato il mio sogno sin dalla terza elementare. Non lo baratterei con niente altro al mondo”.
La notizia della vittoria è arrivata all’indomani del riconoscimento del lavoro di un altro scienziato ebreo, francese stavolta, Serge Haroche, 68enne di origine marocchina, che ha ottenuto il Nobel per la Fisica insieme allo statunitense David Wineland, per le straordinarie scoperte che hanno permesso “di misurare e manipolare singoli sistemi di quanti”.
“Quando l’Accademia mi ha telefonato per annunciarmi che avevo vinto stavo passeggiando con mia moglie. Ho sentito il bisogno di sedermi su una panchina prima di raccontarle la novità” ha ammesso Haroche raggiunto dal quotidiano francese Le Figaro. Le sue ricerche, che si sono concentrate sui fotoni, le particelle di luce, hanno dimostrato che è possibile ottenere risultati in contrasto con le leggi della fisica tradizionale, risultati che potrebbero condurre a novità inimmaginabili, come dei computer superveloci.
Delusi anche quest’anno invece gli scrittori israeliani, fra tutti Amos Oz e Avraham Yehoshua, considerati da molti anni vicini all’ambito riconoscimento che un cittadino dello stato ebraico ottenne per l’ultima volta nel 1966 (si trattava di S.Y. Agnon): a vincere il Nobel per la letteratura è stato il cinese Mo Yan.

Da: moked/מוקד

 

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