Testata: Informazione Corretta Data: 04 dicembre 2012 Autore: Ugo Volli .

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli.

Netanyahu, sullo sfondo Gerusalemme.

Cari amici,
avete visto che cattivoni questi israeliani? Invece di starsene buoni buoni e imparare la lezione che hanno ricevuto all’Onu, pretendono di reagire e di tutelarsi. Per esempio Israele fino all’altro ieri agiva da agente delle tasse per l’autorità palestinese: raccoglieva l’equivalente dell’Irpef dei lavoratori arabi impiegati in Israele e negli insediamenti e anche le tasse doganali dei beni che attraversano Israele per essere consumati nei territori amministrati dall’Anp e glieli girava. Erano circa 100 milioni di euro al mese, l’80% circa del bilancio dell’Anp, se si escludono doni e finanziamenti internazionali. (http://tribune.com.pk/story/474102/israel-halts-palestinian-tax-transfer-over-un-bid/) La cosa aveva un senso dentro la logica di Oslo. Non essendo l’Anp uno stato, ma un’autorità non era necessario che fosse fiscalmente indipendente. Ma vi pare che la Germania o gli Stati Uniti o la Svizzera girano all’Italia le tasse degli italiani che lavorano lì? O che  la Slovenia raccolga per noi le tasse doganali dei prodotti che arrivano attraverso il suo territorio? Naturalmente no, tocca all’Italia organizzarsi, ottenere i dazi e le imposte che eventualmente decide di ottenere, pagandone il prezzo politico, economico e organizzativo.
Adesso che l’Anp è uscita dai trattati di Oslo e pretende di essere uno stato autonomo non lo farà neanche Israele, o almeno ha sospeso questa autorità, destinando i fondi raccolti nel mese di dicembre a ripagare i debiti che l’Anp ha nei confronti dell’azienda elettrica israeliana che fornisce corrente ai suoi territori, circa 200 milioni di euro (http://www.middleeastmonitor.com/news/middle-east/4757-yuval-steinitz-israel-refuses-to-transfer-350-million-shekels-to-the-palestinian-authority).
Che cattivi questi israeliani, vedete, non accettando di finanziare l’elettricità e di fare gli agenti delle tasse per i palestinesi, rifiutano la loro pretesa di essere uno stato per quel che fa loro comodo e un non stato se è più conveniente così (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4314391,00.html).
Avevano largamente avvertito che avrebbero agito in questo senso se l’autorità palestinese fosse uscita dall’accordo di Oslo andando alla ricerca di un fondamento come stato all’Onu; ma fare quel che si è detto e che il diritto internazionale autorizza non è proprio simpatico. (http://www.jforum.fr/forum/international/article/palestine-le-prix-a-payer).
L’altra cosa che gli israeliani hanno fatto e che suscita la riprovazione internazionale è stata non iniziare le costruzioni, ma portare avanti il processo burocratico (http://www.jpost.com/DiplomacyAndPolitics/Article.aspx?id=294335) per costruire una cinquantina di case (3000 abitazioni) nella periferia nord-orientale di Gerusalemme, in una zona detta E1.  La cosa ha suscitato larga indignazione in tutto il mondo. Che in Siria si ammazzino regolarmente duecento persone al giorno non importa più niente a nessuno, ma che Israele costruisca delle case è certamente uno scandalo.
Che cos’è la zona E1 e perché tanto scandalo? Si tratta semplicemente di un terreno disabitato di dimensione assai ridotte (12 chilometri quadrati, lo spazio compreso in un rettangolo di 3 kilometri per 4) che separa la cittadina di Maalè Adumìm, all’inizio della strada fra Gerusalemme e Gerico, poco dopo il tunnel sotto il monte Scopus, dalla municipalità di Gerusalemme. Il senso urbanistico del progetto è quello di dare continuità urbana fra Maalé Adumim e la municipalità di Gerusalemme (http://www.commentarymagazine.com/2012/12/03/maale-adumim-e-1-and-the-two-state-solution/). Si tratta di un vecchio progetto, iniziato vent’anni fa da un’icona del pacifismo come Itzaak Rabin (http://en.wikipedia.org/wiki/E1_Plan). In qualunque accettabile sistemazione del conflitto, Maalé Adumim, che di fatto è un quartiere satellite di Gerusalemme ed è la terza città ebraica per popolazione oltre la linea verde, per consenso generale è destinato a restare in Israele, eventualmente in cambio di altri territori, e così certamente la zona E1. Secondo gli accordi di Oslo è in “area C”, dove cioè Israele conserva i poteri amministrativi e quelli urbanistici. Dunque l’autorizzazione a costruire non modifica sostanzialmente lo status quo (trovate un’analisi molto dettagliata di questo problema qui: http://jcpa.org/article/protecting-the-contiguity-of-israel-the-e-1-area-and-the-link-between-jerusalem-and-maale-adumim/).
Perché dunque tanto allarme? Decidete voi: perché qualcuno ha deciso che il voto all’assemblea dell’Onu ha il potere legale non solo di ammettere uno stato come osservatore non membro e dunque di proclamarlo implicitamente stato, ma anche di stabilirne i confini (il che non è mai accaduto nella storia, perché le questioni di confine sono sempre state definite con trattati fra gli stati interessati) e dunque come d’incanto la linea verde che segna l’armistizio del ’49 e che nei trattati armistiziali è esplicitamente indicata come non equivalente a una frontiera internazionale, lo è diventata. O forse perché gli israeliani vanno tenuti al loro posto, come commissariati dalla comunità internazionale e devono agire nell’interesse dei palestinesi e non dei loro. E’ una vecchia storia, che risale ai tempi dei ghetti in Europa e nei paesi arabi: bisogna insegnare a questi ebrei a non alzare la testa. Ma, vedete, il governo Netanyahu ha un gravissimo difetto, resiste a questa impostazione, non ci sta, continua a considerare suo dovere non umiliarsi di fronte alla volontà “buona” di progressisti e pacifisti, ma  si ostina a fare il legittimo interesse nazionale israeliano (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/162796#.ULzrqIajfiw). E per questo è considerato particolarmente cattivo, “di estrema destra”, antiarabo e nemico di Obama. Vedremo fra poco più di un mese se l’elettorato israeliano sarà d’accordo.

 

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