Testata: La Stampa
Data: 25 maggio 2013
Pagina: 29
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Contro i terroristi più forze in campo e meno computer»

Sulla STAMPA di oggi, 25/05/2013, a pag. 29,con il titolo ” Contro i terroristi più forze in campo e meno computer “, Maurizio Molinari analizza con grande chiarezza e lucidità gli errori commessi dall’anti-terrorismo americano e inglese negli ultimi tempi. M15 e FBI farebbero bene ad imparare a memoria quanto Molinari descrive nell’articolo che riprendiamo.


Maurizio Molinari

Fra i tavoli di legno del bar del Cosmos Club su Massachusetts Avenue, dove diplomazia e intelligence sono di casa, l’interrogativo del giorno riguarda la similitudine fra lo scivolone dell’MI5 a Londra e quello dell’Fbi a Boston.
Il controterrorismo inglese conosceva gli anglo-nigeriani Michael Adebolajo e Michael Adebowale ma non è riuscito a impedire che decapitassero un soldato di Sua Maestà in una strada della capitale così come l’Fbi aveva indagato sul ceceno-americano Tamerlan Tsarnaev ma senza poter prevenire l’attentato alla maratona di Boston, ordito e realizzato con il fratello Dzokhar. Poiché MI5 e Fbi operano con metodi simili e hanno fallito nella prevenzione di attacchi jihadisti realizzati da «lupi solitari» slegati da organizzazioni più grandi, sorge il dubbio che il controterrorismo creato all’indomani dell’11 settembre abbia pericolosi punti deboli.

Da qui la domanda su «What went wrong», cosa è andato storto, che riporta ad una delle lezioni di dottrina militare più studiate: la caduta nel 1942 della roccaforte britannica di Singapore nelle mani dei giapponesi. Singapore si considerava imprendibile perché difesa da potenti cannoni diretti verso il mare, da dove nella Prima Guerra Mondiale erano venuti i pericoli, ma l’esercito nipponico la prese senza colpo ferire attaccandola dall’entroterra grazie ad una marcia nella giungla malese di quasi mille chilometri. L’errore dei comandanti britannici di Singapore fu di affrontare la Seconda Guerra Mondiale come se fosse la Prima, ovvero di combattere il conflitto precedente. Erano pronti per la guerra passata, non per la prossima. E’ uno degli errori militari più comuni e decisivi. E’ lo stesso motivo per cui gli Stati Uniti furono beffati l’11 settembre 2001 da qualcosa che non era mai avvenuto prima: gli aerei-missile di Al Qaeda. Ora il problema di Fbi e MI5 è simile: affrontano il dopo-Al Qaeda con gli stessi strumenti usati contro Al Qaeda. L’imponente sistema di sorveglianza per intercettare comunicazioni da un gruppo terrorista alle sue cellule serve a poco contro i lupi solitari» mossi solo dalla propria ideologia jihadista, così come il sistema delle «Red Flags» – le bandierine rosse che allertano su comportamenti sospetti di individui sotto controllo – è ponderato su azioni come l’acquisto di esplosivi e le visite di siti web jihadisti, non sull’acquisto di coltelli affilati o i post su Facebook sulla pura e semplice fede nell’Islam. Da qui l’interrogativo sulla necessità di un reset nel modus operandi del controterrorismo che tenga conto della necessità di controllare più potenziali sospetti, in più luoghi, impegnati in più attività anche se apparentemente innocue. Limitandosi ad applicare in maniera più massiccia la sorveglianza elettronica ora in vigore ciò può portare ad un’ulteriore limitazione delle libertà personali senza dare garanzie di successo. Ma forse c’è un’altra strada, ovvero un ribilanciamento dell’imponente opera di sorveglianza elettronica con la rivalutazione dell’importanza degli agenti in carne ed ossa, quelli «on the road» che vivono a contatto costante con il potenziale nemico ovunque egli sia e sono meglio noti come «Humint», acronimo di «human intelligence». Se Sua Maestà avesse avuto delle semplici vedette nelle foreste della Malaysia avrebbe visto passare fiumi di soldati del Sol Levante e forse avrebbe salvato Singapore, se la Cia non avesse abbandonato l’Afghanistan dopo la ritirata sovietica forse avrebbe potuto intuire cosa si preparava contro l’America nei campi di Osama bin Laden. E se Fbi e MI5 avessero più agenti sul terreno, non solo a Kabul o Bengasi ma nelle periferie delle proprie città, forse gli attacchi dei «lupi solitari» non avrebbero colto di sorpresa Londra e Boston.

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