Temporary Separation Wall To Highlight Life In BethlehemTestata: Informazione Corretta
Data: 05 gennaio 2014

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

a sinistra: la facciata della chiesa St.James  a Piccadilly nascosta dal “muro” di Betlemme.

Cari amici,

uno dei primi passi di ogni etica consiste nel rendersi conto che la nostra azione è limitata e che dunque dobbiamo scegliere come e dove impegnarci, prendendocene la responsabilità. Non conta dunque solo quel che riusciamo a fare o meno, ma anche dove proviamo a farlo, che cosa riteniamo importante. La scelta dell’ambito del nostro impegno denuncia i nostri valori, che lo diciamo o meno, perfino senza che lo sappiamo.
Dove scegliamo di impegnarci, per chi, contro chi – lì sta la nostra responsabilità morale.
Perché vi dico questo? Perché nel nostro mondo abbondano persone che si dicono di buona volontà” che dimostrano il loro impegno civile e sociale, magari “cristiano” impegnandosi in atti più o meno simbolici di solidarietà internazionale, il che naturalmente va benissimo. Lo fanno a favore dei poveri e – dicono-  degli oppressi. Benissimo ancora.
Dove lo fanno? In Siria, per esempio, dove secondo l’Onu i morti sono oltre 120 mila, più o meno come gli abitanti di Bergamo o di Parma? In Sudan del Sud, dove una guerra di liberazione è stata subito seguita da una guerra civile?
In Tibet? In uno dei paesi africani devastati dalla carestia? In Aghanistan?
Nella Corea del Nord, dominata da un dittatore così feroce che volendosi liberare dalla presenza ingombrante dello zio non ha trovato modo migliore che farlo sbranare vivo da una muta di cani affamati?
Quasi nessuno lo fa. Troppo pericoloso. Troppo faticoso. Troppo poco popolare.
E i cristiani che vogliono impegnarsi, aiutano forse i loro correligionari in Egitto, dove le chiese sono bruciate regolarmente dalla Fratellanza Musulmana, magari con i fedeli dentro? In Siria ancora, dove insediamenti cristiani millenari sono distrutti, monache e religiosi e vescovi rapiti, chiese e monasteri distrutti? In Pakistan, dove essere cristiani è condannarsi a morte? Nell’Iran, che nonostante il volto sorridente di Rohani continua a imprigionare chi porta la croce e a giudicare reato capitale la conversione?
Ma no, figuriamoci. Bisognerebbe fare i conti con l’odio dei musulmani, ufficialmente definiti fratelli… scomodo, antipatico, poco politically correct.
E allora queste brave persone che cosa fanno? Se la prendono con un nemico che è così comodo odiare, che da sedici secoli almeno è antipatico agli intellettuali (praticamente tutti, i cristiani prima di tutto, dai padri della Chiesa in poi, che hanno continuato concordi al di là delle dispute fra ordini e perfino della Riforma protestante, fino a qualche decennio fa, ben dopo la Shoà; e poi Erasmo e Kant e Voltaire e Marx e insomma tutto il fior fiore della cultura laica e naturalmente di tutti i musulmani a partire da Maometto), voglio dire gli ebrei, o nella versione più attuale, Israele, che è la stessa cosa.
E’ così che i bravi responsabili di una delle chiese anglicane più note e trendy del pieno centro di Londra a due passi da Piccadilly Circus, St. James (non una congregazione, piuttosto una comunità” “inclusiva, che accoglie sia l’esperienza umana che l’umana diversità” “largamente rappresentativa di persone accoppiate e single, omo ed etero, con una forte fede cristiana o che combattono con essa”, come scrivono sul loro sito http://www.sjp.org.uk/our-approach.html , hanno deciso di usare l’occasione del Natale per impegnarsi. Cristianamente, è chiaro. Quindi non sulla Siria, non sulla fame nel mondo, non sui paesi oppressi dalle dittature. Tantomeno, figuriamoci, per coloro che muoiono per la fede in quel Vangelo che secondo loro “va compreso alla luce dell’esperienza e della diversità” e “di quel che il nostro tempo sa e allora non si sapeva”… No, l’impegno natalizio che corrisponde alla loro etica non può che essere antisemita.
In fondo la Gran Bretagna ha inventato la calunnia del sangue (nel 1144 a Norwich, per l’esattezza, facendo pagare quest’invenzione a tutta la comunità ebraica con la morte), e anche l’espulsione degli ebrei (già nel 1290, due secoli prima di Isabella di Castiglia), si è mantenuta Judenrein per mezzo millennio, e pur combattendoli ha anche dato una bella mano ai nazisti per eliminare gli ebrei d’Europa, impedendo manu militari la sola via di fuga sicura e geograficamente possibile, quella nel Mandato che era stato affidato loro dalla comunità internazionale col compito di favorire l’insediamento ebraico e di costituire una “casa nazionale” per il popolo ebraico.
La Gran Bretagna è stata anche il solo paese occidentale a riconoscere l’occupazione giordana di Giudea e Samaria e ad astenersi nella votazione per la nascita dello Stato di Israele, nel 1948.
Sua Maestà Elisabetta II ha fatto 107 viaggi all’estero nei suoi anni di regno, visitando tutti i paesi del mondo, con la sola eccezione di Israelehttp://en.wikipedia.org/wiki/List_of_state_visits_made_by_Queen_Elizabeth_II imitata in questo da suo figlio Carlo, con l’eccezione della partecipazione ai funerali di Rabin http://www.princeofwales.gov.uk/the-prince-of-wales/royal-duties/countries-visited
Certo, nel 1916 ci fu la dichiarazione Balfour, considerata dai palestinisti niente di meno che un “crimine contro l’umanità” http://www.israele.net/autorita-palestinese-dichiarazione-balfour-un-crimine-contro-lumanita e ci fu anche un certo filosemitismo di Churchill, ma si sa, nessuno è perfetto.
Insomma, che cosa ha fatto la parrocchia trendy e politically correct di St. James a Piccadilly?
Semplice, ha rinchiuso la sua facciata con un “muro” di Betlemme.
Un muro reale, realissimo. Sistemato intorno alla Chiesa perché “il muro circonda Betlemme” http://blogs.spectator.co.uk/douglas-murray/2014/01/absolute-moral-squalor-on-display-at-a-london-church/  “Alto otto metri perché il vero muro è alto otto metri”, “oscura la vista di questo edificio storico perché questo è ciò che è accaduto ai luoghi santi e agli edifici di Betlemme”.
Peccato che i virtuosi membri della “comunità di St. James” (“non congregazione”) mentano. Perché il “muro” non circonda affatto Betlemme, ma marchi semplicemente una divisione da Israele, lasciando la città in completa e larga continuità territoriale col suo hinterland, come potete vedere quihttp://elderofziyon.blogspot.com.es/2012/06/palestinian-christians-falsely-claim.html
Inoltre non è un muro vero e proprio se non dove le brave vittime palestinesi avevano l’abitudine di sparare dentro la casa dei propri cattivissimi vicini o di lanciare pietre e bombe molotov sulle loro macchine. In particolare è protetta con tunnel, muri e perfino una specie di tetti la strada che da Gerusalemme va a sud, bersaglio preferito dei poveri palestinisti.
Questo spiega perchè a tratti la barriera sia di cemento e alta 8 metri, mentre a tratti è una semplice rete come quella che divide le proprietà agrarie o protegge aeroporti e linee ferroviarie.
Infine la barriera non oscura affatto gli edifici del centro storico di Betlemme, come la Basilica della Natività perché corre ad alcune centinaia di metri.
Il solo edificio storico davvero circondato e sormontato dalla barriera è la Tomba di Rachele, che una volta era in mezzo alla campagna, poi fu oggetto di innumerevoli tentativi di incendio e di smantellamento da parte dei bravi palestinesi e oggi è tutelata da un muro sgradevole ma necessario.
Perché dunque i bravi anglicani così accoglienti e rispettabili della parrocchia di St.James hanno commesso il peccato di falsa testimonianza, seppure davanti al tribunale dell’opinione pubblicahttp://www.parolevolee.com/index.php/accueil/articles/item/409-un-mur-des-lamentations-a-piccadilly-les-chretiens-britanniques-pris-pour-des-dindes ?
La sola risposta che riesco a darmi è la bontà. I giacobiti, se posso chiamarli così, e tutti i loro simili, che sono molti al mondo, rovesciano il vecchio motto attribuito ad Aristotele “amicus Plato sed magis amica veritas”http://it.wikipedia.org/wiki/Amicus_Plato,_sed_magis_amica_veritas  e pensano che la verità sia sì amica, ma che l’aiuto a quelli che ritengono loro amici (e che magari se potessero  li sgozzerebbero, come capita in Medio Oriente, ma questa è un’altra storia), valga ben più della verità.
Quel che conta per loro, come per i tifosi, è che vinca la loro squadra, et pereat mundus. O magari gli interessa semplicemente eliminare gli ebrei, oggi da Betlemme, domani da Piccadilly Circus, in attesa di raggiungere, magari dopodomani la “soluzione finale”.
Naturalmente negano e negheranno di avere intenzioni del genere, ma allora incombe loro l’obbligo di prendersi la responsabilità di aver scelto, invece della Siria, dell’Iraq, dei loro confratelli ammazzati in tutto il mondo islamico, Betlemme, dove dalla fine dell’ondata terroristica del 2000-2002 a quel che ricordo non vi sono stati morti né subiti dalla popolazione araba, né inflitti da essi agli israeliani proprio grazie alla barriera di protezione e probabilmente questa è la ragione per cui essa non piace loro.
Vi prego di leggere questa lettera aperta che ha inviato loro una delle vittime (lei mancata, per fortuna, la sua compagna di passeggiata no) di un omicidio di quelli che l’orribile “muro” ha evitato da quando è stato criminalmente eretto:http://www.parolevolee.com/index.php/accueil/articles/item/412-lettre-a-la-direction-de-l-eglise-st-james-piccadilly-londres-une-histoire-vraie . Ma che volete che siano, per i parrocchiani di St. James, così eleganti, così amanti del bello, delle vite umane risparmiate di fronte all’”oscuramento degli edifici storici”?
E non hanno ragione, secondo gli ottimi giacobiti, i bravi palestinesi a accoltellare degli ebrei che hanno la gravissima colpa di esistere?
Dunque va benissimo mentire, attirare l’attenzione con una scenografia clamorosa, ignorare i luoghi in cui si muore per davvero: quel che conta è l’obiettivo, che resta lo stesso di nove secoli fa  a Norwich o di settant’anni fa ad Auschwitz.
Tanto le menzogne, come insegnava Goebbels (che non era anglicano, ma insomma, St. James è una comunità accogliente) se ripetute a lungo diventano verità. E’ questo il senso della scelta dei giacobiti, la loro specifica responsabilità. Anche se avessero ragione nella loro denuncia – e non l’hanno affatto – avrebbero torto, perché ben più grave della turbativa urbanistica è l’omicidio e ancor di più quello programmato, sistematico, indifferente alla vita delle vittime, che si chiama terrorismo.
Per combattere il terrorismo è nata la barriera e questo i bravi borghesi del centro di Londra, soli o accoppiati che siano, non lo dicono, anzi lo nascondono attentamente. Dato che oggi ancora si possono fare degli auguri, vorrei augurare alla parrocchia di St. James che non sia smentita per quanto li riguarda questa bugia peggiore, quel dato più importante omesso nel loro teatrino, il terrorismo palestinese.


La famiglia Fogel, sgozzati nella notte.

Auguro loro di non ritrovarsi in casa, come pure si meriterebbero, un terrorista islamico che faccia loro quel che quel tipo di persone fa quando non è fermato in qualche modo, per esempio da una barriera di sicurezza e che Londra purtroppo ha già sperimentato: stragi, carne straziata di innocenti, morte distribuita a caso agli altri solo perché altri.

 

One Response to Le bugie di San Giacomo.

  1. Claudia Radici ha detto:

    Per protestare contro questa installazione vergognosa, si può firmare questa petizione: http://www.thepetitionsite.com/824/000/388/no-more-israel-hatefests-from-st-james-church-piccadilly-london/

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