Questa notte si esaurirà la cinque giorni di cessate il fuoco tra Israele e Hamas. E, come titola Repubblica, “l’accordo si allontana” in riferimento all’accordo per una tregua duratura proposto dal Cairo. “Il premier israeliano Netanyahu ha fatto diverse concessioni – scrive il quotidiano diretto da Ezio Mauro – ma è stato netto su una cosa: Hamas ‘non può sperare di compensare una sconfitta militare con un successo politico’ e Israele non accetterà mai una proposta di tregua che non tenga conto degli interessi di sicurezza di Gerusalemme ( quindi niente più razzi e missili lanciati dalla Striscia di Gaza)”. “Immediata, da Gaza, la sferzante risposta di un portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri – scrive Aldo Baquis sulla Gazzetta del Mezzogiorno – La ‘sconfitta’ non c’è stata e Netanyahu, ha sostenuto, ha preferito nascondere agli israeliani ‘le ingenti perdite’ militari patite a Gaza. Hamas, ha proseguito, non è infiacchito e il prossimo round di combattimenti, ha previsto, si svolgerà ad Ashqelon, ossia in territorio israeliano”. E sempre Hamas, come scrive Repubblica, ha intanto ammesso le minacce e censure ai danni dei giornalisti stranieri: nel corso di un’intervista a una televisione libanese un dirigente del movimento che controlla la Striscia di Gaza ha dichiarato, “Chi fotografava o filmava i nostri combattenti o i lanci dei razzi era di fatto un agente del nemico. Chi non cambiava idea su come raccontare la guerra lo abbiamo cacciato”.

Sempre da Israele, diversi quotidiani italiani danno spazio alla storia di Morel e Mahmoud, coppia di sposi il cui matrimonio è stato osteggiato da un gruppo di estremisti. Lei ebrea, lui musulmano, sono incappati in “Lehava, il gruppo di destra che ha come obiettivo quello di ‘bloccare i matrimoni misti nella Terra Santa’”, scrive Repubblica. Il matrimonio si è celebrato “in un quartiere di Tel Aviv blindato da 200 agenti antisommossa – riporta Francesca Paci su La Stampa – schierati per contenere la protesta di centinaia di estremisti della destra ebraica”. A chiudere ogni polemica, le parole del presidente israeliano Reuven Rivlin. “Mahmud e Morel hanno deciso di sposarsi e di esercitare la propria libertà in un paese democratico – afferma Rivilin in un post su Facebook – Nessuno è obbligato a dividere con loro la felicità ma tutti devono rispettarla. Violenza e razzismo non hanno posto nella società israeliana”.

La democraticità di Israele e la sua appartenenza al mondo occidentale è, secondo Angelo Panebianco (Corriere della Sera), uno dei motivi per cui in Europa si sono scatenate nelle scorse settimane violenti manifestazioni a carattere anti-israeliano e antisemita. Nel riflettere su quello che definisce il carattere totalitario dell’estremismo islamico, Panebianco afferma che la sua volontà di distruggere i valori democratici “sorprendentemente, incontra molta più comprensione, fra certi occidentali, di quanta se ne potrebbe ragionevolmente aspettare”. L’esempio di questa sorprendente comprensione sarebbe, per l’editorialista del Corriere, proprio Israele e quanto è accaduto nel corso del conflitto a Gaza. “Certamente, nell’odio per Israele confluisce un antisemitismo mai sradicato che oggi preferisce mimetizzarsi, mostrarsi interessato alla causa palestinese – scrive Panebianco – Ma gioca anche il fatto che in Medio Oriente Israele è, con le sue peculiarità, la società più simile a quelle occidentali. E, in quanto tale, bersaglio, qui in Europa, di ostilità e disprezzo. Confrontate quanto i nemici europei di Israele hanno detto e scritto in questi giorni su Gaza con l’assordante silenzio che essi hanno rigorosamente mantenuto nei confronti delle stragi jihadiste di cristiani che si consumavano nello stesso momento. E capirete. L’ostilità per Israele – conclude Panebianco – è oggi il com denominatore, l’elemento che accomuna, e avvicina, gli europei alienati e l’estremismo islamico. E prepara i primi al ruolo di alleati del secondo”.

Chi ha dimostrato comprensione nei confronti dell’estremismo islamico è Alessandro Di Battista, deputato del Movimento Cinque Stelle, con la pubblicazione di un post in cui chiedeva di “dialogare con i terroristi” dello Stato Islamico e ne giustificava di fatto la violenza. A difenderlo, Marco Pannella: “Innanzitutto – spiega Pannella su Radio Radicale – Di Battista ha detto che il terrorismo è l’unica arma violenta che resta ai ribelli a parte le armi della nonviolenza, che restano le migliori: e questo nessuno lo ha ricordato. Tutti ad attaccare Di Battista come se stesse dalla parte dei terroristi. Invece Di Battista vuole che siano elevati al ruolo di interlocutori i ribelli, i disperati che scelgono la violenza perché non hanno un progetto politico”(La Stampa).

I ribelli, a cui fanno riferimento Pannella e Di Battista, sono in questo caso i jihadisti del Califfato (Isis), che minacciano le minoranze irachene. E proprio l’Isis ha subito la prima grande sconfitta militare, perdendo la diga di Mosul grazie a un’offensiva congiunta dell’esercito peshmerga con teste di cuoio e aviazione americana. “Le truppe curde – scrive il corrispondente del Corriere Lorenzo Cremonesi – con l’aiuto di massicci raid aerei statunitensi, hanno preso ieri il quasi totale controllo della diga di Mosul; fondamentale per l’approvvigionamento di acqua potabile ed energia dell’Iraq”.

Daniel Reichel twitter @dreichelmoked

 

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