Uno sguardo su Gerusalemme

di Ariel Shimona Edith

Gerusalemme è bianca e azzurra, gialla e rosa all’alba, arancio blu al tramonto. Gerusalemme è la frutta polposa e grande, il pesce iridescente, i sacchi enormi di spezie e semi, il profumo di pane accatastato in montagne generose e calde, i dolci lucidi di miele, gli uomini che fanno la spesa al mattino, il venerdì con tutti i figli al seguito perché le donne sono a casa a preparare lo Shabbat. Gerusalemme è levigata e solida, le strade scivolano sotto i piedi e si arrotondano tra sali e scendi continui. Gerusalemme è l’ostinazione dei parchi cittadini da cui puoi sederti e guardarla dentro e nello stesso tempo fuori. Gerusalemme è la confusione un po’ decadente di alcuni quartieri che ancora sembrano dediti al rappezzo. Gerusalemme è la tensione della contesa che si esprime e si declina nel differente modo di abitarla.

L’arroganza della spianata delle moschee (Monte del Tempio) inaccessibile e urlante della preghiera dei muezin.
L’asciutta possibilità del Kotel che resta a mostrare la magnificenza dell’antico tempio, contatto vivo con il trascendente, esperienza religiosa anche per chi crede di non essere religioso. Appoggio le mani e la fronte sulla sua pietra e mi abbandono al silenzio della preghiera, intorno a me le donne sono raccolte dentro i piccoli libri di preghiera, il sole è rovente, scioglie, non sento caldo soltanto la densità piena dello Shalom.
L’anno sta per finire, manca poco a Rosh HaShana, ovunque montagne di rimonim, spremute per dare sollievo a chi si trova per le vie. Il succo di questi frutti che per la tradizione contengono 613 semi come il numero delle mitzvot ne ha in un certo senso il sapore: rinfresca, rigenera ma è anche sottilmente aspro ed annoda leggermente la bocca, quando l’hai provato non riesci più a farne a meno, ne impari la presenza in te.
La sera dopo cena usciamo per una passeggiata, veniamo catturati da un canto festoso, una kuppa in un prato accanto ad una Sinagoga, gli uomini accompagno lo sposo danzando, poco dopo vediamo comparire la sposa, regale, velata, lucente e luminosa incede verso di lui. Il pomeriggio del giorno successivo incontriamo un’altra sposa.
A Gerusalemme, in Israele, i giovani si sposano, hanno figli che imparano presto l’impegno e la gioia d’essere lì. Mentre l’Europa è stanca e cinica ed i giovani europei invecchiano prima di diventare grandi, in Israele si vive e si da la vita, con consapevole gioia di esistere.
Troviamo la città vecchia, soprattutto la parte araba con i suoi budelli di suk, vuota di turisti, il recente conflitto, la tensione che ancora abita la parte est ne ha bloccato il flusso, anche quello religioso. Per me, è piuttosto rilassante questa assenza, anche se descrive con precisione la natura avida di chi innesca il conflitto danneggiando quello che dovrebbe considerare il proprio popolo.
Di nuovo vengo accolta nel ventre di Gerusalemme, scendo ed attraverso il percorso dell’acqua incanalata alle abitazioni attraverso un antichissimo percorso, il tunnel di Ezechia. La sorgente di Ghihion si trova sul pendio ovest della valle di Chidron, presso la Città di Davide, gli scavi raccontano ed incontrano gli episodi del Tanak confermando l’esistenza della nostra storia dentro di lei. Mi piace il fresco umido, la discesa repentina, il buio assoluto dell’acqua fredda. Mi è capitato di andare dentro la terra di altre città nel mondo avvertendone la natura mutevole e magmatica, Gerusalemme è una roccia, è forte e potente, assoluta, non scivola, non si nasconde, si manifesta. Credo sia questa sua identità epifanica a renderla contesa. Credo, altresì, sia la capacità ebraica di dire la presenza di D-o nella totale assenza di immagini a definire Gerusalemme capitale d’Israele, Israele stessa.
La luce a Gerusalemme è unica e non si nasconde mai neppure la notte, accartocciate le parole grumose e gutturali dell’ebraico sono l’unico suono possibile dentro il vento che si leva rinfrescante come una carezza materna sul far della sera.
Non posso dire Gerusalemme, le parole che conosco sono inadatte, posso soltanto continuare a ricordarla dopo averla a lungo cercata.

ה אִם-אֶשְׁכָּחֵךְ יְרוּשָׁלִָם– תִּשְׁכַּח יְמִינִי.

ו תִּדְבַּק-לְשׁוֹנִי, לְחִכִּי– אִם-לֹא אֶזְכְּרֵכִי:
אִם-לֹא אַעֲלֶה, אֶת-יְרוּשָׁלִַם– עַל, רֹאשׁ שִׂמְחָתִי.

“Se dovessi dimenticarti, Gerusalemme, possa la mia mano destra dimenticare (come muoversi);

possa la mia lingua rimanere attaccata al mio palato se non conserverò il tuo ricordo, se non dovessi elevare Gerusalemme al di sopra della mia (più grande) gioia.”

Salmo 137, 5-6

Ariel Shimona Edith

 

One Response to L’anno prossimo a Gerusalemme…no, ora!

  1. […] su Gerusalemme, a 360° Altre cose mooooolto belle e mooooolto interessanti le trovate qui (come al solito, il link non è un invito a leggere: è un […]

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