Ariel Shimona Edith Besozzi

Ci sono alcune cose che accadono simultaneamente ed in questo essere nello stesso tempo descrivono se stesse con maggiore chiarezza, portando alla luce più ancora di quanto sarebbero in grado di dire se si sparpagliassero in tempi un poco più distanti l’una dall’altra.
Siamo nei giorni di Hannukah, ciò che rappresenta è stato detto molto meglio di quanto potrei io, per questo racconterò solo di ciò che sta accadendo…

Proprio nella prima sera, quando noi accendiamo la prima candela i pro-pal annunciano che faranno buio, nel bel mezzo dei giorni di Hannukah, quando la luce cresce proprio la sera di Shabbat, quando alle candele per Hannukah si aggiungono quelle delle Shabbat, la sera più illuminata nella parte più bui dell’anno. Dicono di protestare contro Israele che a detta loro non fornirebbe energia elettrica alla striscia di Gaza, peccato che non sia vero, che invece Israele fornisca da molto energia elettrica e pure gratuita a Gaza, evidente invece il desiderio di opporre come sempre la morte, l’oscurità alla nostra voglia di luce, alla nostra luce…

Accade, che in Pakistan un gruppo di terroristi islamici al grido di Allah Akbar compie una strage in una scuola uccidendo moltissimi bambini e gli insegnanti. E’ la vigilia di Hannukah
La sera prima viene trasmessa la prima puntata di due nella quale un comico italiano con spericolato ardore racconta le dieci parole, il giorno in cui accendiamo la prima candela viene trasmessa la seconda puntata. Entrambe le puntate hanno un altissimo share, il gradimento pare essere generale, molti vengono conquistati dalla spiegazione offerta di un teso che evidentemente credevano di conoscere.

Il giorno dopo, l’UE riconosce lo stato che non c’è e decide di togliere Hamas dall’elenco delle organizzazioni terroristiche. Si prepara, nel frattempo, una riunione contro Israele a Ginevra richiesta dalla Giordania.

Perché metto insieme questi fatti? Cosa centra quello che è accaduto in Pakistan con uno spettacolo televisivo e con quanto deciso in UE in merito allo stato che non c’è?
Partirò dallo spettacolo perché riconosco a Benigni il merito di avere fatto un ottimo lavoro, gli riconosco la forza di una profonda conversione che si è manifestata nella capacità di parlare di D-o laicamente, chi conosce un poco l’ebraismo sa che questo è piuttosto normale nella nostra tradizione ma bisogna dare atto che non è così semplice in un paese cattolico, attraversato da una profondissima crisi spirituale e di senso, riuscire a dire con tanta forza quanto sia impossibile dividere la scoperta di D-o dalla necessità di assumersi la responsabilità dell’esistenza. Benigni ha utilizzato profondamente la tradizione ebraica, ha sicuramente studiato e da come parlava mi è sembrato averlo fatto con profondo interesse ed entusiasmo.

Gli ascolti ed il successo della trasmissione ci dicono che molte persone hanno bisogno di sentire parlare d’amore, di quell’amore, della profondità d’essere creature, figli, della magia della relazione con il creato. Il trasporto con cui ho sentito alcune persone in giro parlare di ciò che hanno sentito, dire nel corso delle quattro ore abbondanti delle due puntate, mi mostra che esiste un desiderio profondo di conoscenza, di esperienza di questo modo di stare in relazione con la vita, con se stessi, con gli altri, ma soprattutto con D-o.

Ciò che è accaduto, la strage, le posizioni deboli nei confronti del terrorismo, il riconoscimento dello stato che non c’è mi descrivono invece la distanza tra quello che teoricamente viene apprezzato quando viene raccontato in una trasmissione ed il comportamento che viene messo in atto. Potrei pensare che un conto sono le persone che hanno assistito allo spettacolo e condiviso, forse, ciò che è stato detto, un conto sono i loro governanti, ma non posso perché sono convinta del fatto che se Benigni avesse detto che la maggior parte di quanto ha raccontato proviene dalla tradizione ebraica, che il popolo ebraico vive da secoli secondo quelle indicazioni, che Israele è uno stato che sta provando, con tutti i limiti imposti dal fatto di essere uno stato oggi all’interno di uno scacchiere internazionale, composto da persone di ogni tipo che non sono perfette (perché sono state insegnate loro le dieci parole e magari una parte grande del commento), ma sta provando ad essere uno stato moderno che tiene presente a se quei principi, quella storia, quella tradizione. Ebbene, se Benigni avesse detto queste cose, probabilmente molte persone non avrebbero ascoltato ciò che diceva, molte avrebbero trovato odioso che ci si infilassero i soliti ebrei, ma si sa che controllano il mondo o che pensano di essere sempre i migliori, molti avrebbero pensato che non è vero perché loro sono quelli che fanno cose atroci al popolo che non c’è…

Ciò che avviene, ogni volta, ogni giorno, è questa specie di black out per cui se Benigni dice che il Signore ci dice “io metto davanti a te la vita e la morte, scegli la vita” tutti si commuovono e pensano che si, che è quello che vogliono fare, che vorrebbero che tutti facessero, ma poi quando si tratta di sceglier la vita e condannare il terrorismo che è la negazione della vita, quando si tratta di rigettare una cultura che inneggia all’uccisione di chiunque non la pensi come lei… ecco che il passaggio dall’ispirazione ideale all’azione concreta si perde ed ancora una volta scelgono la morte.

Lo fanno perché gli arabi hanno petrolio e denaro ed hanno comprato la complicità europea?!? Francamente non credo, forse potrei credere a queste letture se non ci fossero state le cacciate, i pogrom, la Shoah… ma oggi non ci credo. Ciò che credo è che purtroppo manca il passaggio, in un certo senso Benigni ha dato alcuni strumenti, meravigliosi strumenti, lo ha fatto anche con pazienza ed entusiasmo ma se non si fa il passaggio di riconoscere che proprio quel popolo, quella tradizione, quella storia sono la carne di quegli strumenti allora non è servito a niente.

Siamo esseri umani e, come ricordava bene nel corso della trasmissione, abbiamo la necessità di fare noi stessi nella vita, attraverso la vita. Purtroppo se non viene fatto il passaggio sulla concretezza degli avvenimenti, se si sceglie di nuovo la morte e non la vita allora gli strumenti non sono più tali, divengono discorsi vuoti, belli da ascoltare ma che non producono l’effetto per il quale sono stati pensati: trasformare gli esseri umani nel migliore essere vivente possibile, sempre teso a migliorare se stesso, secondo un’indicazione precisa, quella indicazione precisa.
Se quindi Benigni tace le fonti da cui ha attinto per costruire il commento alle dieci parole, passeranno dei post su FB nei quali la meravigliosa citazione del Talmud sulla donna verrà attribuita a Benigni, come se ne fosse l’autore ed ancora una volta si sarà persa l’occasione di fare comprendere che se io vado in giro con il capo coperto, la gonna lunga e la maglia a maniche lunghe non lo faccio perché limito la mia libertà ma perché la vivo e la posseggo, nella misura in cui non ho la necessità di spogliarmi per divenire evidente lo posso essere perché la mia tradizione, le donne e gli uomini che ne fanno parte sanno che siamo l’uno a fianco dell’altra, né sotto, né sopra…insieme nella diversità dei nostri ruoli e dei nostri corpi.

Non credo sia onesto non citare le proprie fonti, so che non possiamo lasciare ad un uomo, ad un comico un compito così gravoso ma credo sia necessario dire che forse, i milioni di persone che hanno ascoltato rapite quelle parole dovrebbero poi farne comportamento e non permettersi più di lasciare che si cerchi di distruggere il popolo che quelle parole ha prodotto.

arielshimonaedith.wix.com

 

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