By Rights Reporter – dic 28, 2014

Come ogni fine anno lo Shin Bet ha rilasciato il suo rapporto di previsione per l’anno che verrà. A leggerlo c’è di che preoccuparsi per il 2015 anche perché Israele sta vivendo un momento politico particolare. Ma non sono solo i potenziali pericoli che corre lo Stato Ebraico a preoccupare, è tutto il quadro in Medio Oriente che fa dire allo Shin Bet che questo è senza dubbio il periodo più buio e oscuro per tutta la regione.

Il quadro generale

Le antenne dello Shin Bet segnalano una situazione drammatica a livello sociale in tutta la regione e questo avrà certamente un impatto negativo sulla sicurezza e sulla stabilità regionale. In particolare preoccupano le situazioni in Siria, Iraq, Libia e Somalia. Ma anche l’Iran potrebbe subire dei cambiamenti sociali che potrebbero portare le Guardie della Rivoluzione al potere. Un altro Paese che preoccupa non poco è l’Egitto dove la situazione sociale non migliora come ci si aspettava dopo i danni fatti dal regime della Fratellanza Musulmana.

La Siria

Quello siriano è senza dubbio il quadro che più preoccupa l’intellegence israeliana. Il Paese è sostanzialmente diviso in tre parti, una ancora in mano al regime di Assad, una in mano allo Stato Islamico e una in mano ai ribelli “moderati” laici. E’ sulla Siria che si combatte anche una battaglia tra le potenze mondiali, una battaglia che vede gli Stati Uniti soccombere di fronte all’alleanza tra la Russia di Putin e l’Iran degli Ayatollah appoggiati anche da Hezbollah. In questa battaglia il terzo incomodo è lo Stato Islamico che ha saputo approfittare della mancanza di un vero “Stato leader” regionale, un ruolo che prima di Obama era appannaggio degli Stati Uniti ma che ora sembra non appartenere a nessuno. Per Israele (ma per tutto il mondo) questa è senza dubbio la situazione più esplosiva e potenzialmente pericolosa per un eventuale conflitto su larga scala. Fino ad oggi le Alture del Golan sono state interdette agli estremisti islamici (salvo qualche episodio) ma lo Shin Bet prevede che saranno proprio le Alture del Golan il prossimo obbiettivo vero campo di battaglia su cui si scontreranno gli schieramenti estremisti e quelli guidati dall’Iran ed Hezbollah che sostengono il regime di Damasco. E qualunque sia il risultato che ne uscirà Israele si troverà ad affrontare una minaccia letale proprio sui suoi confini nord, una minaccia che potrebbe allargarsi anche al Libano meridionale nel caso siano gli iraniani ad averla vinta. Poi c’è il discorso delle armi chimiche siriane. Ormai c’è la sicurezza che Assad abbiai nascosto una cospicua fetta del suo arsenale chimico agli ispettori dell’Onu e se questo arsenale finisse in mani sbagliate (Hezbollah o Stato Islamico che sia) il pericolo che correrebbe Israele sarebbe enorme. Per questo il consiglio che il rapporto forniisce ai governanti israeliani è quello di fare di tutto affinché le Alture del Golan non cadano nelle mani sbagliate. La questione è vitale e, se necessario, sarebbe opportuna anche una “occupazione preventiva” o comunque una serie di azioni volte a non permettere alle “forze ostili” di stabilirsi in pianta stabile sul Golan. In particolare preoccupa la zona a nord di Quneitra dove si trovano una serie di villaggi drusi che fungono da base per azioni ostili contro Israele. Questi villaggi sono sotto controllo di due unità operative di Hezbollah. Una di loro è sotto il comando del figlio di Imad Mughniyeh, l’uomo che ha curato le attività terroristiche di Hezbollah all’estero e che è stato eliminato da Israele nel 2008. Un secondo gruppo è sotto il comando di un altro volto noto, Samir Kuntar, il terrorista assassino di bambini rilasciato da Israele in cambio dei corpi di due militari israeliani uccisi in Libano (Eldad Regev e Ehud Goldwasser).

La Libia

L’altro scacchiere che lo Shin Bet inquadra come potenzialmente pericolosissimo per Israele è la Libia, anche se geograficamente parlando appare meno pericoloso di quello siriano. La Libia e divisa sostanzialmente in tre parti, la Cirenaica a est, la Tripolitania a ovest e la regione di Fezzan nel sud. Questa situazione potrebbe seriamente destabilizzare l’Egitto con drammatiche ripercussioni su Israele. Anche in questo caso appare evidente come l’assenza di una grande potenza come gli Stati Uniti favorisca l’estremismo islamico.

Il Sinai

Tornando più vicino ai confini di Israele, l’altra zona ad alto rischio è il Sinai dove operano i terroristi di Ansar Bait al-Maqdis, un tempo legati ad Al-Qaeda e ora legati allo Stato Islamico, ISIS. Poche settimane fa il capo del ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi, ha annunciato per la prima volta dalla nascita del califfato che Israele è uno degli obbiettivi del ISIS e dei gruppi ad esso legati. Lo Shin Bet prevede quindi che presto il gruppo di Ansar Bait al-Maqdis possa colpire obbiettivi israeliani nel sud di Israele.

L’Iran

Ma il pericolo più grande per Israele rimane l’Iran. E non è solo il programma nucleare a preoccupare ma anche la situazione interna che potrebbe portare nel giro di poco tempo i Guardiani della Rivoluzione al potere. Infatti, nonostante il forte allentamento delle sanzioni a seguito di accordi con gli Stati Uniti e con la UE, la situazione sociale in Iran rimane drammatica. Di questo ne potrebbero approfittare proprio i Pasdaran per destituire Hassan Rohuani. Da mesi ci sono segnali importanti che vanno in questa direzione. A risentirne sarebbe tutta l’area compreso il Libano dove gli Hezbollah sono legati a doppio filo proprio ai Pasdaran i quali sono tra i più ferventi sostenitori di un attacco massiccio a Israele. Il programma nucleare iraniano resta comunque in cima alla lista dei pericoli mortali per Israele.

Le minacce globali

Il rapporto affronta poi in maniera dettagliata le minacce globali derivanti dalla Jihad globale ormai apertamente combattuta su diversi fronti, da quello Somalo al Kenya, dalla Nigeria al Sudan, dallo Yemen alla Indonesia. Anche in questo caso è la drammatica situazione sociale a fornire agli Jihadisti il terreno fertile su cui lavorare. E’ evidente che la Jihad globale esplode dove la situazione sociale è peggiore e se ne approfitta a grandi mani.

Concludendo questa breve analisi del lunghissimo rapporto dove non abbiamo volontariamente affrontato il discorso di Hamas perché merita un articolo a parte, il 2015 si presenta come uno degli anni più bui e difficili per tutto il Medio Oriente e in particolare per Israele che si trova, quest’anno ancora più del solito, ad affrontare minacce mortali che arrivano da ogni direzione.

Articolo scritto da Noemi Cabitza

rightsreporter.org

 

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