L’allarme della sinagoga: «Albi e timbri del Comune sono inutili Si trovi un leader islamico fra chi vive minacciato e sotto scorta»
Alberto Giannoni – Lun, 19/01/2015

La notizia del giorno sono le nuove espulsioni per elementi sospettati di avere legami con i gruppi del fondamentalismo militante. Ne ha parlato ieri il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Nove persone in tutto sono state allontanate dall’Italia. E due dei nove immigrati, tutti in regola con il permesso di soggiorno, risiedevano nel Milanese. Da quanto si è appreso i due, pare un egiziano e un marocchino, erano tra quelli sotto osservazione da parte della polizia e dei carabinieri del Ros.

A Milano intanto la preoccupazione per il possibile radicamento del fondamentalismo è attuale e presente. E inevitabilmente si intreccia con il tema dei luoghi di culto. Il Comune ha studiato delle soluzioni per rispondere alla domanda delle associazioni religiose che legittimamente chiedono sedi decorose e regolari: l’albo delle religioni e il bando emanato per assegnare tre aree pubbliche destinate a ospitare moschee e altri luoghi religiosi.

Questo piano di Palazzo Marino però ha suscitato contrarietà e scetticismo. E oggi anche il portavoce della sinagoga Beth Shlomo, Davide Romano, ne evidenzia i limiti: «È l’illusione tutta italiana – dice – quella per cui si possono risolvere i problemi con la burocrazia, i timbri e i certificati. Ma questioni così grandi non si possono affrontare con l’introduzione di alcuni requisiti in più». «Noi – spiega – dobbiamo sapere che con la moschea istituzionalmente riconosciamo un ruolo privilegiato a qualcuno rispetto ad altri. E quel qualcuno per decenni sarà un punto di riferimento per migliaia di persone». «Il Comune deve confrontarsi con questa necessità». «Come non si combatte la mafia (solo) con i certificati, dobbiamo capire che al di là dei formalismi di albo e bando comunale, l’estremismo islamico non si combatte con la burocrazia». Il problema, dunque, è l’interlocutore. «Ci vorrebbe un Martini islamico» dice, con un suggestivo parallelo con il cardinale che per anni ha guidato l’arcidiocesi ambrosiana. «Serve – spiega Romano – un leader con capacità di dialogo riconosciute da anni. Dobbiamo passare dalle promesse alle premesse. A Milano dopo anni si è consolidato un dialogo forte e fecondo fra ebrei e cristiani. Purtroppo, invece, la nostra città ha visto rompersi i rapporti fra la comunità ebraica e il Caim ( il coordinamento dei centri islamici , ndr) così come i rapporti fra l’Unione dei giovani e ebrei e i Giovani musulmani. Questo è un pessimo segnale. Stiamo andando verso Parigi», il suo allarme.

«I fatti di Parigi non sono stati improvvisi – ricorda – ci sono stati 400 atti di antisemitismo all’anno, prima». «E quando l’intolleranza sale – riflette – i primi a essere colpiti sono gli ebrei». «Attenzione, dunque – prosegue Romano – lo status quo non può essere conservato. È pericoloso. Serve una svolta. Bisogna puntare sui musulmani moderati. Prendiamo la lista delle personalità musulmane sottoposte a tutela o a scorta per le minacce subite dai fondamentalisti. Partiamo da loro. Da chi si occupa di religione e non di politica». «E per le moschee di Milano – continua – ripartiamo dal piano di Marocco e Giordania, due paesi realmente amici e moderati governati da sovrani che discendono da Maometto».

ilgiornale.it

 

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