Ariel Shimona Edith Besozzi
10 Jan 2015

Come molte persone, mi piace pensare siano la maggior parte, per vivere, lavoro. Il tempo della mia vita è quindi scandito, da moltissimi anni, dall’impegno che questo mi domanda.
La settimana è per me tutta intensa ed entusiasmante, ma ogni istante assume un valore diverso, maggiore, grazie al fatto che è preparazione allo Shabbat.
Occorre un’organizzazione meticolosa, particolarmente nei mesi invernali perché il sole tramonta presto ed il mio lavoro mi libera pochissime ore prima del cessare dell’attività, obbligandomi a pensare con almeno uno, se non due giorni di anticipo alla preparazione delle cose che mi consentiranno di assaporare ogni istante delle circa 25 ore che lo Shabbat restituisce ad ogni persona che ha il privilegio di viverlo.

Per questo motivo posso immaginare ciò che stavano pensando e facendo le persone che sono state prese in ostaggio ieri, 9 gennaio 2015, a parigi. Probabilmente stavano compiendo, di corsa, gli ultimi acquisti per lo Shabbat, magari stavano qualcosa che si erano scordati.
In questo clima d’impegno prefestivo sono state braccate quelle persone. Un numero di ostaggi imprecisato fino a dopo la liberazione, la cui unica caratteristica certa che li accomuna è quella d’essere ebrei.
Ancora una volta in francia, nel giro di pochissimi anni, a distanza di pochi decenni vediamo ripetersi gli stessi gesti, ancora una volta i francesi hanno ignorato volutamente e ostinatamente i ripetuti attacchi alla comunità ebraica francese ed ancora una volta hanno deciso che, a seguito dell’uccisione di quattro ebrei da parte di terroristi islamici sia utile chiudere le sinagoghe.
Non voglio riproporre la cronologia degli attacchi subiti dagli ebrei francesi negli ultimi anni, dovrebbe essere stato molto più che sufficiente quello alla scuola di Tolosa, ma purtroppo non è così. Sfortunatamente i francesi e gli europei ed il mondo, che si sono giustamente indignati per l’attentato contro il giornale satirico, che hanno riempito le piazze (fisiche e virtuali) di matite e di scritte, non hanno fatto lo stesso quando a morire sono stati i bambini ebrei che uscivano da scuola (Tolosa), non si sono indignati quando un giovane ebreo è stato torturato per settimane ed ammazzato (a Parigi), non scenderanno in piazza oggi o domani per la strage nel negozio kosher.
I francesi e gli europei, ma anche gli statunitensi non sono scesi in piazza per l’uccisione di una bambina alla fermata del tram a Gerusalemme, non per i rabbini uccisi mentre pregavano in sinagoga… Piuttosto li abbiamo visti scendere in piazza ed assaltare le sinagoghe per protestare contro Israele che si difendeva dagli attacchi terroristici di hamas, chiedere a gran voce il riconoscimento dello stato che non c’è (la palestina) che ricordo è dedito da sempre al terrorismo…
Purtroppo i francesi hanno scelto 119 anni di sacrificare l’ebreo (Dreyfus), hanno scelto 74 anni fa di sterminare gli ebrei collaborando con i nazisti, per ricordare soltanto gli episodi più vicini le cui conseguenze dovrebbero essere ancora vive nella memoria di ognuno. Ora, con la stessa facilità, stanno riscegliendo di tacere ogni volta che l’islam, feroce e coccolato della francia, decide di eliminare gli ebrei. La francia figlia della rivoluzione e dell’illuminismo questo è oggi: una nazione ostaggio di se stessa della propria arroganza e della propria incapacità di scegliere la fermezza invece della dittatura.
Si odono poche voci sparse, si sentono pochi piccoli sussulti, ciò che si vede accadere, ancora una volta è l’azione vile della paura. La francia, come il resto d’europa, aveva paura ed era sedotta dalla dittatura nazista e fascista del secolo scorso esattamente come lo è ora dalla nuova dittatura islamica.
L’islam non è tutto cattivo, non è tutto sanguinario, gli islamici non sono tutti terroristi… forse, me lo auguro, ma ciò che vedo è che gli attentati, le stragi, le decapitazioni sono islamiche ed a fronte di questo non odo condanne risolute. Piuttosto posso dire con certezza di avere letto ed ascoltato il più creativo relativismo utilizzato per giustificare e non condannare l’islam da parte degli europei. Un’eccezione: un’interessante e seriaautocritica quella di Al Sisi nel suo discorso del 28 dicembre scorso all’Università al-Azhar, il più importante centro d’insegnamento religioso dell’Islam sunnita al mondo. Al Sisi dice, tra le altre cose: “Forse il problema sta nell’ideologia e questa ideologia è santificata in mezzo a noi… Si è raggiunto il punto in cui questa ideologia è ostile al mondo intero… Dobbiamo rivoluzionare la nostra religione…”. Un altra voce che si è levata fuori dal coro è quella di Souad Sabai presidente dell’Associazione donne marocchine in Italia «Ferma condanna senza se senza ma per questo atto criminale, ideologico e religioso. È arrivata l’ora che l’Occidente apra gli occhi su questo fenomeno criminale che è anche militare. Non è più l’estremismo fai da te delle moschee, qui si tratta di veri e propri commandi composti da persone preparatissime e pericolosissime. Sottovalutare la loro forza e la loro crudeltà è da ignoranti. Bisogna che tutta l’Europa si unisca per affrontare il tema del terrorismo».
Queste parole mi sembra possano confermare che qualcosa da correggere, qualcosa di cui parlare ci sia.
Siamo in gennaio, fervono in ogni luogo i preparativi per la giornata della memoria, in molte scuole gli insegnati mostreranno ai propri alunni i film sulla Shoah, si faranno celebrazioni di vario genere, si porranno pietre d’inciampo, ci saranno concerti e tutti quanti improvvisamente si appassioneranno agli ebrei, poverini, questo popolo che ha tanto sofferto… molte ciglia sbatacchieranno per allontanare le lacrime che saliranno agli occhi di molte e molti…
Tutto questo oggi, di fronte a ciò che continua ad accadere, di fronte all’ordine impartito dalla francia agli ebrei di non andare in sinagoga oggi, di fronte al fatto che i nostri uomini ancora non sono liberi da andare in giro con la kippa, sono un’assurda, ignorante, inutile, violenta perdita di tempo. Per questo vi chiedo, in rispetto delle vittime della Shoah, se non siete con noi, con Israele, se non siete pronti a combattere il terrorismo, se non siete pronti a combattere perché noi si sia liberi di stare ovunque, eliminate la celebrazione della giornata della memoria!
La scorsa settimana per noi si è chiusa la lettura del primo libro della Torah, in quelle pagine Giacobbe/Israele chiede a Giuseppe di benedire i suoi nipoti, nati in Egitto, da madre egiziana, il patriarca dice : “Questi tuoi figli che ti sono nati nella terra d’Egitto prima che io venissi, sono miei” (Gn 48,5).
Per essere sicuro che la tradizione ed il legame non si perda, Giacobbe, in esilio, non benedice il figlio ma i nipoti perché, si dice che, ciò che ci rende ebrei, non è avere avi illustri ma nipoti ebrei. Questo insegna oggi a noi, che siamo la generazione dei nipoti di quelli che hanno subito la Shoah che abbiamo la responsabilità di non lasciare che ciò accada di nuovo e per fare questo ci insegna che è essenziale crescere figli e poi nipoti nella Torah, nella tradizione essere nel nostro popolo con impegno.
Ma insegna anche, a coloro i quali ebbero parte a quegli eventi e che non li seppero impedire, che, se non sono stati in grado d’insegnare ai propri nipoti a non lasciare che quella ferocia, quell’odio vile e spaventoso si manifesti ancora oggi, ebbene, hanno fallito.
Sono i nipoti che ci dicono se esistiamo ancora come popolo, come tradizione. Sono altresì i nipoti di coloro che assistettero alla Shoah (quelli che oggi hanno 20, 30 anche 40 anni) e che sfilano in piazza con la keifia e con la maglietta con scritto “boicotto Israele” che dimostrano che l’europa, che allora ha lasciato accadere la Shoah, è fallita che è pronta, come allora, all’oscurantismo.
Quando vedrò, (al minimo segno di violenza nei confronti di un ebreo) una moltitudine di uomini andare in piazza e per le vie indossando una kippa a testimoniare che “siamo tutti ebrei” e nessuno si può più permettere di fare qualsiasi cosa ad uno di noi senza che tutti, ebrei e non, reagiscano come un corpo unico, solo allora saprò che l’europa è uscita dalla spirale di oscurantismo e di morte nella quale è da migliaia di anni.
Ci sono persone che non hanno paura di dire quello che pensano, di combattere contro questo islam così violento ed ignorante, che non sono immobilizzati da una falsa equidistanza, che sanno che, perché le cose cambino, occorre essere con Israele, che portano il proprio corpo, che non temono di firmare con il proprio nome, che si espongono, che testimoniamo anche quando facendolo rischiando la loro vita, non sono molte ma sono quelle che mi offrono la speranza di continuare a restare.
Ciò che vorrei dire ai molti che credono ancora che essere alternativi, visionari, rivoluzionari voglia dire andare nei centri sociali, appoggiare organizzazioni che fiancheggiano il terrorismo fingendo coraggio, occupare abusivamente le case, favorire l’immigrazione clandestina, definirsi atei per poi abbracciare una religione che ti chiede di uccidere in nome del suo dio, tutto questo è convenzionale, già visto, noioso e ben poco coraggioso.
Rivoluzionario è scegliere la vita, scegliere di fare fatica per riuscire a costruire un mondo migliore, rivoluzionario è non provare nessuna droga e sapere usare l’immaginazione, rivoluzionario è sapere di dover fare tre anni di militare e non smettere mai di credere che questo ha senso anche quando ti trovi a dover combattere davvero, rivoluzionario è avere la consapevolezza d’essere solo creature, accettarlo e non per questo sottrarsi dalla responsabilità d’essere non solo per sé ma per tutto il mondo!
Rivoluzionario oggi in occidente è questo: essere responsabili delle proprie azioni e sostenere le proprie idee senza uccidere le idee degli altri!
Noi ebrei abbiamo la fortuna di avere Israele ma voi se non scegliete la libertà, quella vera, quella capace di farvi mettere regole ed arginare chi vuole convertirvi o uccidervi dove andrete?

Ariel Shimona Edith Besozzi

 

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