14 AGOSTO 2015

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Qualche giorno fa a Parigi è stato presentato l’evento ‘Tel Aviv su Seine’, manifestazione estiva in cui si invitano paesi stranieri ad allestire una spiaggia artificiale sulle sponde del fiume, con stand, musica e cibi tipici. Come succede sempre più spesso quando c’è di mezzo Israele, le associazioni pro-Palestina e il Partie de Gauche si sono scatenati chiedendone l’annullamento. Danielle Simmonet, consigliera comunale dichiara: “Dopo un anno dal massacro di Gaza, Parigi organizza “Tel Aviv a Paris”.

Quando diviene chiaro che l’evento non sarebbe stato annullato ma ulteriormente supportato dal Primo Ministro Valls e dal sindaco Anne Hidalgo, la polemica monta sui social network e la pressione costringe il Ministero degli Interni a disporre una sorveglianza doppia con 500 unità tra gendarmi e poliziotti, per evitare manifestazioni d’intolleranza e di antisemitismo. I media francesi rilanciano, Le Monde in testa, evidenziando come “molti utenti di Internet e numerose associazioni stiano protestando contro #TelAvivSurSeine” e il settimanaleL’Express informa i lettori che l’evento “sta suscitando le ire di molti attivisti filo-palestinesi” e del network di simpatizzanti loro collegato.

Ma un blogger di lingua francese scopre il gioco che si nasconde dietro l’ondata d’indignazione e svela i metodi con i quali la lobby anti-israeliana tiene in scacco i media tradizionali sfruttandone la poca dimestichezza con i social network. Il giovane che ha effettuato la ricerca è Nicolas Vanderbiest, assistente all’Università Cattolica di Louvain. Usando strumenti che si impiegano per mappare le reti sociali ha appena pubblicato informazioni in grado di mostrare con chiarezza come pochi account ben gestiti hanno abbindolato l’opinione pubblica inducendo a credere i media francesi che nella protesta anti-israeliana fossero coinvolti migliaia di utenti. Le contestazioni – e relativi retweet su Twitter – erano in verità un falso ben congegnato.

Questo episodio – e le relative polemiche – nel nostro paese hanno avuto solo una flebile eco. Ma l’analisi del modus operandi dei gruppi d’influenza pro-palestinesi evidenzia come lavorano questi militanti in tutto il mondo. Da oggi sarà lecito pensare che dietro ad altre “ondate di indignazione” contro lo stato ebraico in molti paesi siano stati usati strumenti analoghi. La protesta contro la partecipazione d’Israele alla manifestazione estiva non aveva un vero consenso, la polemica è stata creata artificialmente millantando la reazione indignata di migliaia di followers inesistenti per costringere l’amministrazione parigina ad una reazione. Mai come questa volta possiamo affermare che le bugie hanno le gambe corte. Oggi con gli strumenti opportuni è possibile disinnescare facilmente certe menzogne, con l’augurio che la smentita ad una notizia falsa abbia lo stesso peso dei titoli in prima pagina. L’involontaria complicità dei giornalisti – che non hanno tempo e strumenti per compiere ricerche approfondite – è diventata da tempo uno strumento di propaganda per spacciare per vere polemiche create ad arte con l’obiettivo di danneggiare l’immagine di Israele. Di seguito, l’interessante studio di Nicolas Vanderbiest che ha portato a queste conclusioni.

1 – Il racconto su Twitter

Il primo tweet utilizza l’hashtag #telavivsurseine è un tweet positivo e riprende un messaggio del direttore della comunicazione dell’ambasciata d’Israele. E’ il 3 agosto.

Bisogna attendere il 5 Agosto perché un utente propal riprenda l’hashtag e denunci la partnership tra le due città.

Il primo vero tweet negativo è di Quentin Faure «lettore del Monde Diplo» denominandosi della «TeamBourdieu». Si rivolge al sindaco di Parigi Anne Hidalgo e gli chiede «se gli arabi debbano oltrepassare un checkpoint» per raggiungere l’evento:

Ma questo non è nient’altro che un troll. È l’account Moonbee che prova ad accendere le proteste della militanza:

che fin dall’inizio precisa che non avere come riferimento Tel Aviv ma di avversare lo Stato d’Israele portando la conversazione sul piano politico:

@BMoon_bee @Anne_Hidalgo tiens tu dois sûrement pas avoir les moyens de payer un voyage . Je t’envoie photo telaviv pic.twitter.com/pYnpnKqklK

— DavidQVEMF2 (@Davidzg1) August 9, 2015

L’argomento rimane ancora poco discusso, siamo alla sera del 5 Agosto. Solo 465 persone fino ad ora ne hanno parlato. Le conversazioni vertono praticamente tutte sul sindaco Anne Hidalgo.

hidalgo

Ma l’8 agosto succede qualcosa: parte una forma di protesta massiccia e organizzata che incedere in modo quasi militare tanto è forte e decisa l’azione in termini di coordinamento.  Ecco la situazione il 7 agosto alle 23,00

ed eccoci il giorno seguente, alla stessa ora. La protesta è esplosa in modo esponenziale:

Per capire meglio, elenchiamo le aree colorate che appaiono in questo grafico:

  • L’area blu la possiamo qualificare come  pro-palestinese e si concentra intorno a 3 account: Oxymorus, KarimaB_PaulDraszen. Questi contabilizzano 2000 tweets – retweets inclusi.
  • L’area malva con Rania2Palestine,Servale45 et Madjid Messaoudene (MadjiFalastine), quest’ultimo consigliere municipale del Fronte di Sinistra a Saint Denis conta un totale di 1000 tweets.
  • L’area verde è un po’ meno attiva. Tre account: il rappeur Médine, la militante Sihame AssbagueCitoyenDuMonde  – il più prolifico – che twitta 25 messaggi e ne retweetta 1197.

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  • In arancione, ritroviamo Al Kanz, uno dei principali account social musulmani di Francia
  • Infine in celeste, la comunità «a favore dell’evento» dove s’incontra il direttore della comunicazione dell’ambasciata israeliana , un militante dei Repubblicani Aurore Bergé, i giornalisti Julien Bahloul e Claude Askolovitch. I loro interventi hanno permesso alla stampa creare articoli nei quali illustrare una versione dei fatti alternativa. Questi account pro-evento allertano anche la loro ‘comunità’ di riferimento che accorre ad alimentare lo scontro.

Alla fine sono piuttosto evidenti i due opposti campi che si contendono la visibilità:

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I propalestinesi hanno giocato bene le loro carte, perché l’affaire balza alle cronache. I politici devono reagire. È il caso della consigliera di Parigi, Danielle Simonnet, del Partito di Sinistra, che redige un comunicato contro l’evento sulla Senna. Qualcuno crea una petizione on line  per informare l’opinione pubblica, mentre Bruno Julliard, il vice sindaco di Parigi, si dichiara favorevole all’iniziativa sulla stampa.

2 – L’analisi

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Abbiamo quindi 39.306 tweet pubblicati per 10.428 persone. Semplificando, una media di quattro tweet a persona. Analizzando la viralità di notizie di cronaca analoghe sui social network, per ottenere la stessa reazione in termini numerici sarebbe servito il triplo del tempo. Ad una prima occhiata è vero, la movimentazione genera l’impressione di un movimento spontaneo e molto popolare, cosa che però non corrisponde alla realtà. La grafica dimostra come gli account interessati all’argomento siano tra loro siano molto (troppo) connessi nella rappresentazione grafica (sono followers/following, cioè si seguono a vicenda), con la sola eccezione del gruppo rosso “pro-Israele”.  Si tratta, come si dice in gergo, di “astroturfing”, ovvero della creazione a tavolino di falso consenso, per alimentare in modo artificiale un’aura di sostegno alla loro battaglia.

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Per illustrarvi questo metodo, prendiamo un tweet molto semplice e non esageratamente antisionista come questo qui sotto:

Questo ha ottenuto una 60na di retweets. Tuttavia, controlliamo a fondo gli account che stanno dietro questi retweet, scopriamo qualcosa di singolare: sono account falsi. Sono account creati solo per alimentare artificialmente il numero di RT, come MannWhatsup, che postano ossessivamente materiale a senso unico, creati solo per gridare allo scandalo. La maggior parte hanno questa caratteristica, sono account “vuoti” che twittano e retwittano a comando e alle spalle non hanno una persona fisica. Nicolas conosce molto bene l’account dell’associazione umanitaria Baraka City, coinvolto in altre iniziative:

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Nel 2013 si è battuta contro il canale M6 e il suo programma «Pechino Express». Il canale televisivo aveva fatto la scelta azzardata di organizzare il gioco in Birmania, paese dove la minoranza dei Rohingya è stata massacrata. All’epoca Nicolas aveva mostrato come c’era stato un chiaro esempio di astroturfing. Tutti gli account di protesta erano legati a Al Kanz e Baraka City senza essere connessi tra loro e questo è una delle prove più evidenti che presentano gli account creati unicamente per i retweets e dare un’ampiezza artificiale ad un hashtag:

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Questi utenti, a furia di postare contenuti per cercare di influenza in modo fraudolento la conversazione su Twitter, si sono allenati a quest’esercizio, tanto da sviluppare una piattaforma dedicata che ha la possibilità in automatico di sfornare un certo numero di tweets al minuto per motivare un movimento d’opinione tra i follower. All’epoca proponevano anche dei tweets pronti all’uso, che li hanno aiutati a conseguire piccole vittorie. Ritroviamo l’uso delle stesse tecniche anche nel caso di “Tel Aviv sur Seine”, come:

  • l’utilizzo di immagini shock

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  • l’inserimento dell’hashtag scelto che ritroviamo in tutti i messaggi:

alkanz

Nel caso di “Tel Aviv sur Seine”, Al Kanz allerta la community che aveva già creato (notare la presenza di account birmani che sono fuori luogo per una protesta francese contro Tel Aviv). Tutte le informazioni sono buone per nutrire l’hashtag, anche quelle false. Questi militanti infatti sanno molto bene che i giornalisti non hanno tempo per verificare la veridicità delle notizie.

La pagina di 20minutes – che fa un’analisi veloce delle reazioni sul web – lo possiamo constatare

 

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