Cari amici,

lo sapete che cos’è il terrorismo? Dato che vivete in questo mondo e in questo tempo, immagino di sì. Ma magari non ci avete mai pensato in termini generali. Permettetemi dunque di citarvi qualche definizione. Per la Treccani è “L’uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine, mediante azioni quali attentati, rapimenti, dirottamenti di aerei e simili.” (http://www.treccani.it/enciclopedia/terrorismo/). Per Wikipedia “Il termine indica azioni criminali violente, premeditate ed atte a suscitare clamore come attentati, omicidi, stragi, sequestri, sabotaggi, dirottamenti a danno di collettività o enti quali istituzioni statali e/o pubbliche, governi, esponenti politici o pubblici, gruppi politici, etnici o religiosi.” (https://it.wikipedia.org/wiki/Terrorismo). Per il Sabatini-Colletti, si tratta di “Modalità di lotta politica basata su atti di violenza indiscriminati (attentati, sabotaggi ecc.)“ (http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/T/terrorismo.shtml). Per il dizionario online di Repubblica, infine – rilevante per la fonte non proprio indifferente al fascino delle “rivoluzioni” è un “Metodo di lotta violenta, adottato da una fazione politica, da gruppi o movimenti di guerriglia, per abbattere un regime, un governo con atti di violenza destinati, oltre che a colpire gli avversari, a creare tensione e insicurezza tra la popolazione”. (http://dizionari.repubblica.it/Italiano/T/terrorismo.php).

Insomma gli elementi sono chiari: violenza, carattere indiscriminato, intenzione di creare insicurezza e paura, obiettivi in un’intera popolazione o in uno stato. Quale sia la causa in gioco, se “buona” o se “cattiva”, se universale o particolare, politica o religiosa, di autodifesa o di attacco, non conta. Un terrorista è un terrorista. O no?

 

Difficile negare che il terrorismo islamico rientri in questa categoria. A Parigi un mese fa, a Boston durante la maratona, a Londra e Madrid nel sistema di trasporti, a New York contro le Twin Towers, eccetera eccetera, gli elementi caratteristici ci sono tutti. E in Israele? In Israele no. Almeno così dicono due illustri personaggi, l’ambasciatore in Israele dell’Unione Europea Lars Faaborg-Andersen (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/204602) e il premier svedese Stefan Löfven (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=60684) che segue in questo perfino con una certa moderaziane la sua ministra degli esteri Margot Wallström, la quale sostiene che tutto ciò che di male accade in Medio Oriente e ne deriva, come gli attacchi di Parigi (http://debuglies.com/index.php/2015/11/16/israele-vs-svezia/) deriva dal conflitto israelo-palestinese (cioè in definitiva dall’esistenza di Israele) e che la violenza di questi mesi in Israele non è del terrorismo, ma delle “esecuzioni extragiudiziarie” compiute dall’esercito israeliano (http://www.rightsreporter.org/assurdo-ministro-degli-esteri-svedese-accusa-israele-di-esecuzioni-extragiudiziali/). Tutto ciò ricorda la celebra gaffe del Segretario di Stato americano Kerry a proposito degli attacchi del gennaio scorso a Parigi (quelli contro Charlie Hebdo e contro gli ebrei al negozio HyperCacher), a differenza degli ultimi atti terroristici. (http://edition.cnn.com/2015/11/17/politics/john-kerry-charlie-hebdo-rationale/).

 

E’ necessario riflettere su queste dichiarazioni. Potrebbero sembrare le solite sparate propagandistiche, o magari il solito servilismo filoarabo di cui è maestra l’America di Obama ( http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=60683) ma che anche l’Unione Europea adotta ampiamente (http://www.jpost.com/Blogs/A-Mid-East-Journal/EU-labeling-and-the-Arab-Peace-Plan-435171). Ma c’è qualcosa di più in queste dichiarazioni, un rovesciamento così completo di quelle basi del buon senso che si ritrovano nelle definizioni del dizionario, che richiede una spiegazione. Comunque la si pensi, è chiaro al di là di ogni dubbio che in Israele da un paio di mesi è in atto un’ondata di tentativi di omicidio politicamente motivati, indifferenziati, volti a impaurire la popolazione, per destabilizzare uno stato. Magari Löfven e Faaborg-Andersen sono convinti che cercare di destabilizare Israele e di terrorizzare la sua popolazione sia un’ottima cosa – ma questo non toglie che si tratti di terrorismo.

 

E allora, perché lo negano? Bisogna supporre, con la carriera che hanno fatto che siano persone intelligenti, o almeno furbe. C’è una sola ragione per questo, che si può dividere in due livelli, quel che loro pensano e quel che credono che il loro pubblico gradisca sentirsi dire. Io la vedo così: o Löfven e Faaborg-Andersen pensano davvero o ritengono che convenga dire (o più probabilmente tutti e due) che uccidere gli ebrei non è terrorismo. Perché? Ma per la stessa ragione per cui nella Germania di ottant’anni fa uccidere gli ebrei non era reato (e a un livello preliminare non era reato boicottarli, come l’Unione Europea tenta di realizzare oggi). Per la stessa ragione per cui quarant’anni fa una trionfante maggioranza, a soli trent’anni dalla chiusura di Auschwitz, votò che il sionismo, cioè il patriottismo ebraico, era una forma di razzismo (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/40-years-ago-this-week-un-resolution-equating-zionism-with-racism/2015/11/11/). Il problema è che nel fondo della sua identità, l’Europa non ha accettato davvero che gli ebrei siano esseri umani come gli altri. E per questo uomini di chiesa come diplomatici, giornalisti come intellettuali, al momento buono, oggi come ottant’anni fa, si schierano senza porsi troppi problemi dalla parte di chi cerca di ucciderli.

 

Ugo Volli, Informazione Corretta, 14.12.2015

 

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.