22 Mar 2016

Ariel Shimona Edith Besozzi

Quanti altri attentati dovrà subire l’europa prima di reagire all’attacco del terrorismo islamico? Sarà capace finalmente di difendersi e di reagire o di nuovo dovremo assistere al teatrino terzomondista e pacivendolo che ha caratterizzato i commenti seguiti agli attentati di Parigi?

E’ necessario che l’europa impari la propria fragilità e che faccia di questo una nuova consapevolezza, sulla quale costruire un’identità forte che sappia reagire e contrapporsi a ciò che sta accadendo. Come può farlo? Può farlo a partire da sé, a partire dal riconoscimento delle proprie identità e dal rafforzamento di queste.

Sono appena tornata da un breve viaggio in Veneto e Friuli per la presentazione del mio libro “Sono Sionista” ed ho di nuovo assaporato la forza e l’intensità di una relazione reale con un’identità complessa e concreta, sia in Veneto che in Friuli. La ricchezza e la generosità dei popoli che mi hanno ospitato per le presentazioni, con i quali condivido un legame profondo per la terra e per la storia, mi ha restituito una comprensione ed una compartecipazione profonda per il messaggio del mio libro: il diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico. Penso che, per comprendere ed amare Israele, ma forse più esplicitamente per comprendere cose significa dire “Sono Sionista” con gioia e con orgoglio, sia necessario avere elaborato un’identità chiara ed una relazione reale con questa. L’identità è qualcosa che si compone di elementi individuali e collettivi e che può darsi e determinarsi quando, dall’incontro di queste due dimensioni, nasce la comprensione di sé e la scelta etica di fare di questo un elemento di incontro.

Ciò che invece impedisce la comprensione e crea reazioni violente è il fatto di pretendere di avere l’identità “giusta”, quella unica, che prescinde dalla famiglia in cui si nasce, dalla terra in cui si vive, dalla relazione di rispetto con questa, quella che prescinde dall’idea di dover rispettare alcune norme etiche condivise, quella che pretende la conversione o l’assoggettamento o addirittura la morte.

Nel corso della prima presentazione del mio libro sono stata attaccata da una donna ed un uomo islamici perché ho mostrato d’essere “troppo identitaria”, il fatto di rivendicare il diritto del mio popolo a vivere in pace, nella propria terra, entro confini stabili e difendibili mi rende “troppo”. Ma non solo questo, anche il fatto di avere ricordato che l’ebraismo non è soltanto una religione e che la storia ci dice che cristianesimo ed islam hanno fatto “guerre sante” ha portato la donna islamica presente all’incontro a sentirsi offesa ed a pretendere le mie scuse e questo è ciò che determina la sudditanza del mondo occidentale all’islam, l’idea assurda di doverci scusare per avere il coraggio di affermare d’essere altro rispetto all’islam.

Invece quello di cui dobbiamo preoccuparci è che, nel mondo, non solo nel mondo occidentale ma ovunque, l’islam sta muovendo una guerra di conquista attraverso il terrorismo, l’espropriazione della storia attraverso la distorsione degli avvenimenti (un esempio su tutti il bds), ed attraverso l’acquisto delle università ed il conseguente controllo di alcuni docenti ed alcune didattiche. La cosa alla quale occorre fare attenzione è l’interpretazione della vittima da parte degli islamici, attraverso l’utilizzo di menzogne che, se assecondato, legittima il terrorismo. Questo avviene sul piano collettivo ma anche individuale, come ha fatto l’islamica intervenuta alla presentazione del mio libro.

Ciò che noi dobbiamo fare, a mio avviso, è riappropriarci delle nostre identità, rivendicare la nostra storia ed avere il coraggio di sviluppare una relazione forte che esiga la necessità del rispetto dei popoli presenti in europa. Il sostegno ed il riconoscimento delle peculiarità può accrescere una relazione di reciprocità che può determinare una reale accoglienza, quella che non può prescindere dal rispetto reciproco.

Il popolo ebraico ha sviluppato nei secoli della propria storia diasporica la capacità di vivere ovunque senza perdere sé stesso, la propria tradizione, la propria cultura, la propria lingua, sempre nel rispetto della peculiarità dei luoghi e dei popoli.

Il tentativo di uniformare e di prescindere da lingue, culture e tradizioni, definite “locali”, così come è avvenuto in molti paesi europei come l’italia, la germania, il belgio, la francia, la spagna, ha reso le persone deboli, incapaci di riconoscersi e quindi di riconoscere l’altro da sé. Questo ha dato vita a due dinamiche, entrambe devastanti, quella del terzomondismo acritico ed incapace di reagire agli attacchi feroci dell’islam e quella del nazionalismo peggiore che contrappone all’imperialismo islamico basato sulla presunzione di essere migliori ed in quanto tali autorizzati ad eliminare gli altri, la stessa presunzione di appartenere ad una “razza superiore” ad una “nazione migliore”.

Entrambe queste reazioni sono devastanti nella misura in cui perdono di vista il senso di sé, in quanto essere umano, legato ad una famiglia, ad una terra, ad una storia, ad una tradizione, ma umano come umano è l’altro; in questo modo legittimando l’uccisione delle persone, perché nemiche a prescindere o perché non diventano quello che questi neo-nazismi credono esse debbano essere. Ciò che mostra chiaramente il livello di devastazione dell’essere umano, non più capace di sentirsi parte di una società in cui credere e per la quale essere disposto ad impegnarsi, è la quasi totale mancanza di reazioni solidali agli attentati di Bruxelles. Guardando le foto dell’attentato di oggi, e confrontandolo con quelle degli attentati in Israele o con quelle del 11 settembre, ciò che risulta evidente è l’indifferenza, la freddezza, l’individualismo…l’incapacità di reagire, non determinata dalla paura ma dal senso di non essere parte di una comunità, di un popolo dalla mancanza di solidarietà umana.

Il fatto di non essere più in grado di provare empatia per un essere umano che sta morendo dissanguato accanto a te, ma di essere magari impegnato nel provare pietà per chi muore a migliaia di miglia da te, perché ti hanno detto che ciò che accade là è colpa tua, perché sei un occidentale imperialista e quindi ti senti in colpa, rappresenta uno degli elementi della grave malattia di cui l’europa è affetta.

Nella tradizione ebraica esistono gli anticorpi per reagire all’aggressione, per vivere, per rispettare l’altro senza lasciarsi assimilare, senza disperdersi ma lasciandosi arricchire ed arricchendo, come individui e come popoli. Questi anticorpi sono ebraici ma non solo, sono un dono che è dell’umanità e che dall’umanità può essere agito e scelto, senza bisogno di conversione, senza bisogno di rinunciare a sé stessa. Non è possibile prescindere dall’idea di dotarsi di regole condivise per poter convivere, non è possibile prescindere dal fatto che l’islam sta cercando di imporre le proprie regole al mondo e che queste, tra le altre, prevedono la possibilità ed il diritto di uccidere persone inermi, per scegliere di reagire, di combattere. Stiamo assistendo alla distruzione del senso della convivenza e della condivisione e sta accadendo perché la maggior parte della classe dirigente politica europea (e ultimamente anche statunitense) ha deciso e sta decidendo di legittimare il terrorismo islamico, lo sta rafforzando attraverso la diffusione di falsità, come ha fatto ieri la Pini all’incontro dei giovani del pd, senza che a fronte di queste menzogne ci sia una presa di posizione decisa. L’europa e l’occidente devono ripartire dai precetti di Noè!

Non difendere il Sionismo, il diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico, non difendere la possibilità di amare la propria terra e di rispettare la vita, anche quando questo significa imbracciare la armi per proteggerla, significa consegnarci nella mani dell’impero islamico, significa scegliere la morte o nella migliore delle ipotesi la schiavitù.

L’islam sta mostrando al mondo questa faccia, poche sono le voci che si levano in opposizione a questo modello terrificante all’interno dello stesso mondo islamico e, quelle poche, vengono perseguitate e criticate, non solo dagli stessi islamici, anche dagli europei e dagli statunitensi che non hanno il coraggio di essere sé stessi, non sanno chi sono e quindi sono in grado soltanto di compiacere il potente di turno.

Se esiste un islam diverso che si mostri, ma che nel mostrarsi non mi chieda di rinunciare a me stessa, alla mia identità perché altrimenti non si tratta di un islam diverso, solo di un islam più furbo!

Io non voglio vivere pensando che la donna velata che incontro al supermercato potrebbe essere una terrorista, ma, perché questo sia, è lei che mi deve dimostrare di non volermi sopraffare, di non volermi assoggettare, di non pretendere che io diventi uguale a lei. E’ lei, sono loro, che devono ribellarsi e che devono determinare un diverso corso.

Sono stufa di sentirmi dire che Israele è imperialista perché cerca di sopravvivere in uno stato piccolissimo mentre miliardi di islamici stanno invadendo il mondo e stanno cercando di assoggettarlo attraverso il terrorismo e la ricostruzione menzognera della storia.

“Che i popoli europei assumano nelle loro mani il proprio destino.”

Come disse Sebastiano Venier in occasione della Battaglia di Lepanto “Che si combatta è necessità et non si può far di manco!”.

Ariel Shimona Edith Besozzi

 

 

One Response to “Che i popoli europei prendano nelle loro mani il proprio destino.”

  1. Claudio ha detto:

    Dopo gli ultimi attentati in Belgio, ha cominciato a ronzarmi per la testa l’idea che all’Europa, se vuole salvarsi da questa situazione, non resta che chiedere aiuto ad Israele. Anche se su un argomento del genere non c’è niente da scherzare, lo pensavo così… tra il faceto e il serio… ora però ho letto su televideo che l’Europa sta ipotizzando di applicare il modello Tel Aviv per la sicurezza negli aeroporti… Ma allora l’idea è più seria di quello che pensassi! 🙂 Chissà se gli stati europei, sperimentando sulla propria pelle le minacce a cui è soggetta Israele, non provi un po’ più di empatia-simpatia verso quest’UNICA democrazia medio-orientale?

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