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[b]Dal FOGLIO del 9 giugno 2007:[/b]

Gerusalemme. La verità sulla Siria di Barry Rubin è che la Siria continua a prendere in giro l’occidente e che l’occidente fatica a rendersene conto. “The Truth About Syria” è l’ultimo libro del d

irettore del Global Research for International Affairs (Gloria) Center dell’Interdisciplinary University di Israele. Oggi, Damasco è protagonista delle cronache. Le notizie da Gerusalemme sono contrastanti. Dice il quotidiano Yedioth Ahronoth che gli israeliani avrebbero inviato recenti messaggi a Damasco segnalando la volontà di rinunciare alle alture del Golan in cambio di un accordo di pace che richiederebbe al regime di Bashar el Assad di non sostenere più il terrorismo e di staccarsi dall’alleanza con Teheran. La radio israeliana ha poi riportato che secondo fonti siriane nessun messaggio sarebbe arrivato a Damasco. Un ufficiale siriano negli scorsi giorni ha detto che il paese è interessato a riprendere i negoziati. Anche il premier israeliano Ehud Olmert. Allo stesso tempo, abbondano preoccupanti cronache di preparativi alla guerra. Sia Israele sia la Siria starebbero ammassando gli eserciti al confine in vista di un conflitto annunciato con eccessiva precisione: durante l’estate. Barry Rubin dice al Foglio di non aspettarsi né una guerra né negoziati. Spiega che per il regime di Damasco la non pace con Israele è giustificazione per la mancanza di democrazia. Il recupero del Golan sarebbe “un disastro. La popolazione poi chiederebbe libertà e una buona economia. Il regime non sopravviverebbe”. Da parte israeliana, invece, Rubin spiega che la volontà di aprire al dialogo rappresenta anche una mossa di politica interna del governo Olmert, in difficoltà negli ultimi mesi. Un processo di pace legittimerebbe i vertici al potere. “Olmert venderebbe il Golan per la sua sedia”, ha accusato ieri un esponente della destra religiosa. Ma per il professore “Israele vuole anche mostrare di essere flessibile, di volere la pace e se la pace non arriva non è colpa sua”. Per Rubin la Siria è il paradigma di come lo stato e la politica araba funzionino. “E’ un regime fallito: non c’è democrazia, è una dittatura, c’è corruzione. Ma ha successo: ha retto per più di trent’anni”. Il segreto per il professore è l’utilizzo dell’ideologia, della demagogia, l’aggressione contro i vicini, la creazione di capri espiatori come gli Stati Uniti, Israele e la capacità “di prendere in giro l’occidente”. Inoltre, dice, da decenni la Siria si presenta come uno stato laico, ma “è il maggior sponsor di gruppi estremisti islamici”. L’Iran sostiene la debole economia del paese. Per Rubin hanno interessi comuni: in Libano Hezbollah; nei Territori palestinesi Hamas; in Iraq il caos. Inoltre Teheran fornisce a Damasco la legittimazione islamica. Il regime è retto da una minoranza alawita, setta tradizionalmente considerata al di fuori dell’islam. Il governo libanese accusa il regime di Assad di aver innescato l’insorgenza del gruppo radicale islamico Fatah el Islam. Damasco “riesce a prendere in giro tutti. Soprattutto l’Italia”, ha detto il professore, ricordando che pochi giorni fa il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, dopo i suoi incontri a Damasco, ha detto di essere fiducioso nella collaborazione della Siria proprio mentre l’esercito libanese sequestrava un carico di armi proveniente dal suo confine. “La strategia siriana è parlare con moderazione con i paesi occidentali, in maniera radicale con quelli arabi, agire radicalmente fuori scena”. Il dialogo “la protegge dalle rappresaglie”. Oggi, Damasco teme il tribunale internazionale sull’ex premier libanese Rafiq Hariri, che potrebbe trovare colpevoli vicini al suo regime.

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http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=8&sez=120&id=20803

 

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