di Daniel Pipes
Liberal
4 gennaio 2012
http://it.danielpipes.org

Pezzo in lingua originale inglese: South Sudan, Israel’s New Ally

Non capita tutti i giorni che il leader di un Paese nuovo di zecca faccia il suo viaggio inaugurale all’estero a Gerusalemme, la capitale dello Stato più assediato al mondo, ma Salva Kiir, presidente del Sud Sudan, accompagnato dai ministri degli Esteri e della Difesa, ha appena compiuto questo viaggio alla fine di dicembre. Il presidente israeliano Shimon Peres ha salutato la sua visita come un «momento storico ed emozionante». E questa visita ha invogliato a parlare della possibilità di aprire una sede dell’ambasciata del Sud Sudan proprio a Gerusalemme, cosa che lo rende l’unico governo al mondo a farlo. Questo sviluppo inconsueto è frutto di una storia singolare.

Il Sudan odierno prese forma nel XIX secolo quando l’Impero ottomano controllava le regioni settentrionali e provava a conquistare quelle meridionali. Nel 1898, gli inglesi, escludendo il Cairo, stabilirono i tratti dello Stato moderno e per i successivi cinquant’anni governarono separatamente il nord musulmano e il sud cristiano-animista. Ma nel 1948, cedendo alle pressioni settentrionali, gli inglesi unirono le due amministrazioni a Khartoum sotto il controllo del nord, rendendo i musulmani dominanti in Sudan e facendo dell’arabo la lingua ufficiale. Di conseguenza, l’indipendenza proclamata nel 1956 portò a una guerra civile, perché gli abitanti del sud lottavano per eludere l’egemonia musulmana. Fortunatamente per loro, la strategia “di un’alleanza della periferia” del primo ministro israeliano David Ben-Gurion si tradusse in aiuto israeliano offerto ai musulmani non-arabi del Medio Oriente, inclusi i sudanesi del sud. Il governo israeliano fu la loro prima fonte di sostegno morale, di aiuti diplomatici e di rifornimento di armi, per tutta la durata della prima guerra civile protrattasi fino al 1972.

Charles Jacobs che riceve nel 2000 il Boston Freedom Award dalle mani di Coretta Scott King “per il suo impegno abolizionista”.

Il presidente Kiir ha riconosciuto questo contributo nella sua visita a Gerusalemme, notando che «Israele ha sempre sostenuto la popolazione del Sudan meridionale. Senza di voi, non saremmo insorti. Avete combattuto con noi per la creazione del Sud Sudan». In risposta a ciò, Peres ha ricordato di essere stato presente a Parigi nel 1960, quando lui e il primo ministro dell’epoca Levi Eshkol stabilirono il primo legame in assoluto con i leader della parte meridionale del Sudan. La guerra civile in Sudan proseguì in modo discontinuo dal 1956 al 2005. Col passare del tempo, i sudanesi del nord musulmano divennero sempre più brutali verso i loro connazionali del sud, ferocia che sfociò tra il 1980 e il 1990 in massacri, schiavitù e genocidio. Viste le innumerevoli tragedie dell’Africa, simili problemi non avrebbero potuto far impressione sugli occidentali stanchi di essere compassionevoli, fatta eccezione per lo straordinario sforzo condotto da due americani abolizionisti. Dalla metà degli anni Novanta, John Eibner della Christian Solidarity International ha riscattato decine di migliaia di schiavi in Sudan, mentre Charles Jacobs dell’American Anti-Slavery Group ha condotto una “Campagna Sudan” negli Stati Uniti che ha messo insieme un’ampia coalizione di organizzazioni. E poiché tutti gli americani aborriscono la schiavitù, gli abolizionisti hanno formato un’unica alleanza di destra e sinistra, di cui fanno parte Barney Frank e Sam Brownback, la Congressional Black Caucus e Pat Robertson, i pastori neri e i bianchi evangelici. Al contrario, Louis Farrakhan ha rischiato parecchio ed è stato ostacolato a causa dei suoi tentativi di negare l’esistenza della schiavitù in Sudan.

John Eibner in compagnia di Silva Kiir a Parigi, nel 2006.

Lo sforzo abolizionista terminò nel 2005 quando l’amministrazione Bush fece pressione su Khartoum affinché siglasse l’accordo globale di pace che pose fine alla guerra e dette alla popolazione del Sudan del sud l’opportunità di votare per l’indipendenza. Cosa che essa ha fatto con entusiasmo nel gennaio 2011, quando il 98 per cento degli elettori ha votato per la secessione dal Sudan, portando sei mesi dopo alla creazione della Repubblica del Sud Sudan, un evento salutato dall’israeliano Peres come «una pietra miliare nella storia del Medioriente». L’investimento a lungo termine di Israele ha dato i suoi frutti. Il Sud Sudan s’inserisce in una rinnovata strategia di un’alleanza della periferia che include Cipro, i curdi, i berberi e (un giorno) un Iran post-islamista. Il neo-Stato offre un accesso alle risorse naturali (specie il petrolio). Il suo ruolo nei negoziati sull’uso delle acque del Nilo ha un certo peso nei confronti dell’Egitto. Al di là dei benefici pratici, la nuova repubblica rappresenta un esempio illuminante di una popolazione non-musulmana che oppone resistenza all’imperialismo islamico attraverso la sua integrità, perseveranza e dedizione. In questo senso, la nascita del Sud Sudan riecheggia quella di Israele. Se la visita di Kiir a Gerusalemme è veramente una pietra miliare, il Sud Sudan dovrà percorrere un lungo cammino da poverissimo protettorato internazionale dotato d’istituzioni deboli per raggiungere la modernità e la reale indipendenza. Questo percorso necessita che la leadership non sfrutti le risorse del nuovo Paese né sogni di creare un “Nuovo Sudan” conquistando Khartoum, ma getti le basi per uno Stato di successo. Per gli israeliani e gli altri occidentali, questo significa offrire a Juba aiuti nel settore dell’agricoltura, della salute e dell’istruzione ed esortarla a rimanere concentrata sulla difesa e sullo sviluppo, evitando di fare guerre. Un Sud Sudan di successo potrebbe alla fine diventare una forza regionale e un fedele alleato non solo di Israele ma anche dell’Occidente.

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.