Il presidente Morsi vuole imporre che le strutture alberghiere del Mar Rosso passino entro sei mesi dai ricchi investitori con doppia nazionalità a egiziani Doc.

Ha messo le mani su parlamento, esercito e costituzione, usa gli stessi metodi di Mubarak per imprigionare gli oppositori e ora punta a mettere le mani anche su Sharm El Sheik, una delle ultime ricchezze del paese.

 

A differenza di Mubarak capace – nonostante dittatura e corruzione – di garantire qualche entrata il presidente dei Fratelli Musulmani Mohammed Morsi, rischia però di distruggere una delle ultime risorse di un Egitto già alla bancarotta. A dar retta al quotidiano britannico The Sunday Telegraph la fine di Sharm sarebbe già stata scritta grazie alla scriteriata legge, approvata a settembre, che impone ai proprietari con doppia nazionalità di vendere entro sei mesi i propri immobili a cittadini «nati da genitori egiziani». Una legge che impedisce anche di trasferire i beni a eredi con doppio passaporto. Nella bigotta quanto miope smania di vendetta del nuovo potere islamista il decreto rappresenta una ritorsione nei confronti della vecchia lobby di costruttori ed ex generali amici di Hosni Mubarak che 30 anni fa si aggiudicò gli appalti per la costruzione di hotel e villaggi turistici. Gente come il costruttore egiziano spagnolo Hussein Salem latitante in Spagna, ma proprietario ancor oggi dei più lussuosi hotel di Sharm. Gente che non si fece scrupoli a dirottare altrove i proventi e a far girare cospicue tangenti sui conti esteri della corte di Mubarak. La trasformazione del dimenticato villaggio del Sinai in una galassia turistica capace d’attrarre 4 milioni di stranieri all’anno rappresenta però una delle grandi eredità dell’era Mubarak. E anche una delle ultime risorse del paese. Mentre gli alberghi del Cairo restano vuoti e le crociere sul Nilo non si vendono più le spiagge del Sinai continuano ad incassare euro e dollari. Un’eccezione non da poco per un Egitto dove le riserve di valuta estera, precipitate a gennaio, stando alla Banca centrale, al minimo storico di 13, 6 miliardi di dollari non bastano a coprire più di tre mesi di importazioni.

Sottraendo Sharm El Sheik ai suoi padri-padroni per affidarla a qualche grigio burocrate della consorteria islamica Mohammed Morsi rischia però di trasformarla in una spiaggia vuota e desolata. Una spiaggia vietata a bikini ed alcolici dove qualsiasi turista europeo o russo si guarderebbe dal trascorrere le vacanze. Il generale Shawky Rashwan, responsabile dell’attuazione delle nuova legge, nega che il governo punti all’esproprio dei vecchi proprietari e parla di semplice tentativo di garantire qualche compensazione ai proprietari delle terre su cui furono costruiti gli alberghi. In verità la legge sembra già fare il suo corso. Il dottore Adel Taher, uno dei protagonisti dello sviluppo del turismo delle immersioni subacquee, racconta al Sunday Telegraph che i residenti originari di Sharm El Sheik già bussano alle porte dei proprietari con doppia nazionalità chiedendo loro di vendere e sloggiare. «Abbiamo investito tutto quel che avevamo perché ci credevamo ora il governo non può dirmi che sono meno patriota di altri egiziani» – racconta il Dr Taher che – a causa del doppio passaporto egiziano e americano – non può nemmeno sperar di lasciar qualcosa ai due figli. E tra chi grida al tradimento c’è Ozorees el- Ghazawy un albergatore che teme di perdere le decine di milioni di dollari investiti in trent’anni. Tutta gente che farebbe di tutto per tornare al passato e decisa – come promette el Ghazawy «a combattere fino alla fine per difendere i nostri investimenti».

Da:IlGiornale

 

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