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27 settembre 2014

Se il diritto internazionale viene applicato a corrente alternata

Quando Israele attaccava i terroristi a Gaza veniva condannato dagli stessi paesi arabi che ora sostengono l’attacco Usa contro i terroristi in Siria

di Alan Dershowitz

L’attacco aereo da parte di forze americane e arabe contro l’ISIS e altri obiettivi terroristici equivale agli attacchi aerei israeliani contro obiettivi terroristici di Hamas nella striscia di Gaza. Stando alle parole del generale a riposo Wesley Clark, gli attacchi aerei degli Stati Uniti mirano a “degradare e distruggere” le strutture dei gruppi terroristici, tra cui la rete elettrica, le loro fonti di finanziamento e altri obiettivi a doppio uso militare e civile.

Quando Israele ha attaccato obiettivi militari di Hamas, compresi alcuni a doppio uso militare e civile, è stato condannato da quegli stessi paesi arabi che ora partecipano e/o sostengono l’attacco congiunto in Siria di Stati Uniti e stati arabi. La differenza, naturalmente, è che la minaccia rappresentata dall’ISIS non è così incombente e immediata per gli Stati Uniti, i loro alleati occidentali e probabilmente neanche per i loro alleati mediorientali di quanto non fossero incombenti e immediate le minacce poste da Hamas per Israele.

Tra le nazioni più ipocrite che partecipano all’attacco condotto dagli Stati Uniti spicca naturalmente il Qatar, che non solo ha condannato Israele per aver difeso i propri civili contro i razzi e i tunnel delle infiltrazione terroristiche di Hamas, ma ha anche concretamente sostenuto e finanziato gli attacchi di Hamas e ha offerto asilo ai capi terroristi di Hamas che quegli attacchi ordinavano.

Certo l’ipocrisia non è una novità, quando si tratta della doppia morale applicata dalla comunità internazionale nei confronti di Israele. Gli Stati Uniti e i loro partner arabi hanno il diritto di intraprendere un’azione preventiva contro i gruppi terroristici senza dover temere condanne alle Nazioni Unite, “rapporti Goldstone” o la minaccia di vedere i propri leader trascinati davanti alla Corte Penale Internazionale. Invece qualunque cosa faccia Israele, indipendentemente da quanto si preoccupi di ridurre al minimo possibile le vittime civili, diventa motivo di isteriche condanne internazionali.

Se gli attacchi americani in Siria continueranno vi saranno molto probabilmente delle vittime civili, perché l’ISIS mescolerà i suoi terroristi fra i civili e tra i numerosi ostaggi che ha sequestrato. A quel punto i missili americani e arabi colpiranno malauguratamente anche dei civili. Sarà interessante confrontare la reazione del mondo di fronte a queste vittime civili con la reazione di fronte alle vittime civili causate dai missili israeliani quando hanno malauguratamente colpito gli scudi umani deliberatamente utilizzati da Hamas. L’esperienza del passato ci dice che il rapporto fra morti civili e morti terroristi negli attacchi aerei americani è notevolmente peggiore di quanto non sia negli attacchi aerei israeliani. Nelle guerre del recente passato come quelle in Afghanistan, Iraq, Pakistan ed ex-Jugoslavia, il rapporto fra morti non-combattenti e morti combattenti è sempre stato di gran lunga superiore a quello causato dalle operazioni anti-terrorismo israeliane nella striscia di Gaza, dove quella degli scudi umani è la tattica di prima scelta di Hamas.

Altrettanto interessante sarà vedere la reazione della comunità internazionale e di tante ONG agli attacchi condotti dagli Stati Uniti contro obiettivi misti militari/civili, come la rete elettrica e le fonti di finanziamento. Il diritto internazionale a questo proposito è vago, indefinito e pertanto soggetto ad applicazioni selettive. I dubbi vengono sempre risolti a svantaggio di Israele, ma a favore di altre nazioni impegnate in azioni militari del tutto simili.

L’attacco congiunto da parte degli Stati Uniti e di un gruppo di paesi arabi potrebbe finalmente convincere il mondo che le leggi di guerra devono essere adattate alla nuova realtà del terrorismo. Se si dovesse applicare alla lettera il dettato della Sezione 51 della Carta delle Nazioni Unite, nessun paese potrebbe difendersi contro imminenti attacchi sia da parte di terroristi che di eserciti convenzionali. Quella sezione prevede che abbia avuto luogo un attacco armato da parte di uno stato nemico prima che scatti il diritto all’autodifesa. Tale disposizione non era realistica quando venne redatta ed ancora meno realistica oggi, di fronte alle minacce terroristiche. La legga di guerra richiede anche la proporzionalità, cioè che le prevedibili vittime non-combattenti siano valutate in proporzione all’importanza militare dell’obiettivo. Ma non tiene conto delle situazioni in cui il nemico nasconde deliberatamente dietro scudi umani i propri obiettivi militari più importanti.

Facile per la comunità internazionale applicare queste regole in modo rigido e non realistico quando l’unico paese a cui le si applica è lo stato nazionale del popolo ebraico. Ora invece dovrà applicarle su tutta la linea, il che richiederà di ridefinirle in un modo ragionevole e realistico, tale da non regalare un ingiusto vantaggio a qualunque terrorista che si guarda bene dal rispettare norme e diritto.

(Fonte: Jerusalem Post, 24 Settembre 2014)

 

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