A sei mesi di distanza, la diffusione della notizia dell’approvazione di una sciagurata risoluzione che nega il rapporto tra luoghi sacri di Gerusalemme e cultura ebraica ha sconvolto gli equilibri, tanto da spingere Israele ad interrompere comprensibilmente ogni rapporto con l’Unesco.

Ad approvare tale risoluzione è stato il Comitato Esecutivo dell’Unesco, organizzazione facente capo all’Onu che dovrebbe occuparsi di scienza, educazione e cultura. Non già di politica. Invece, per effetto di tale risoluzione, luoghi sacri come il Monte del Tempio e il Muro Occidentale dovranno essere denominati solo in arabo.

Questo significa che l’Unesco si schiera e dà ragione al mondo arabo, secondo cui il Tempio di Salomone non è mai esistito, esiste solo la moschera Al-Aqsa in quanto tutto, a Gerusalemme e non solo, è originariamente musulmano.

Musulmana è la Bibbia ebraica, musulmana la Palestina chiamata per l’appunto Dār al-Islām (Casa dell’Islam). Musulmana, e soltanto musulmana, la spianata delle moschee, che anche secondo l’Unesco dovrà essere chiamata solo e soltanto Haram al-Sharif. Questa però non è storia, neppure cultura, essendo una reinterpretazione falsa, di parte e in malafede. E’ semmai politica. E l’Unesco quindi ha tradito il suo ruolo.

La prima conseguenza è la totale cancellazione della storia ebraica. Una sorta di olocausto culturale che estirpa totalmente le radici ebraiche da Gerusalemme. Il Kotel, il Muro Occidentale o Muro del Pianto, non potrà più essere considerato un sito ebraico. Sarà soltanto Ḥāʾiṭ al-Burāq, un sito esclusivamente musulmano.

Ma chi l’ha deciso? Un voto di un Comitato Esecutivo: 24 favorevoli, solo 6 contrari, 26 pavidi astenuti che aggiungendosi ai contrari avrebbero potuto impedirne l’approvazione.

Non stupisce che tra i 24 favorevoli ci siano solo paesi arabi o islamici e stati notoriamente antisemiti. Decisiva, però, è stata l’astensione di alcuni stati europei come l’Italia e la Francia. Qualcosa di cui vergognarsi: anche l’astensione ha significato avallare il colonialismo dei nomi, il dominio arabo e l’olocausto culturale che vuole cancellare le radici ebraiche da Gerusalemme.

Hanno votato a favore: Algeria, Bangladesh, Brasile, Ciad, Cina, Repubblica Dominicana, Egitto, Iran, Libano, Malesia, Isole Mauritius, Messico, Marocco, Mozambico, Nicaragua, Nigeria, Oman, Pakistan, Qatar, Russia, Senegal, Sudafrica, Sudan, Vietnam. Sostanzialmente, tutti i BRICS tranne l’India, i paesi arabi e islamici, alcuni stati africani. Contrari solo Usa, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Lituania, Estonia. Tra le astensioni, stupiscono ma purtroppo non più di tanto quelle di Italia, Francia, Spagna, Svezia, Slovenia, Grecia

 

 

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Persino la direttrice generale dell’Unesco, la bulgara Irina Bokova, ha espresso le distanze dall’approvazione della risoluzione con queste parole: “Il patrimonio di Gerusalemme è indivisibile e ognuna delle sue comunità ha diritto all’esplicito riconoscimento della sua storia e del suo legame con la città”. Un motivo in più per ripensare l’Unesco.

Riccardo Ghezzi, Il Foglio 15/10/2016

 

 

One Response to La gravità e le conseguenze della sciagurata risoluzione dell’Unesco

  1. Embora pequeno número de argumentem que nascente é mas um mito,
    da gente prefere tamanho do pénis extensa a fim de que desfrutar uma experiência sexual mais aprazível.

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