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[b]Fiamma Nirenstein ha concesso un'intervista in esclusiva al

http://www.debsocialclub.com/forum/viewforum.php?f=33[/b]

Rav: Domanda in merito alle minacce di estinzione dello stato ebraico fatte in passato e purtroppo ripetute in questi ultimi tempi:

Le fa più paura un arrivo in massa dei profughi palestinesi oppure un attacco atomico da parte del regime iraniano?

Fiamma: Diciamo che fanno paura nello stesso modo ambedue le cose, perché ambedue hanno lo stesso significato, cioè come dicevi giustamente, la distruzione dello Stato di Israele. Si tratta di due gravi minacce di cui una è nuova, quella di Ahmadinejad, e molto consistente. La si legge non solo nelle parole dell’iraniano, ma anche in alcuni aspetti pratici: nell’allestimento delle centrali atomiche che procede a ritmo piuttosto sostenuto; nella fitta rete di organizzazioni di terroristi, fra cui Hezbollah e Hamas, con cui Ahmadinejad intrattiene ormai rapporti regolari, una rete che circonda lo Stato di Israele da nord e da sud ed è molto distruttiva in se per sé. Da quando nel 2005 Ahmadinejad è stato eletto presidente questi incontri si sono moltiplicati. Hezbollah e hamas sono regolari frequentatori di Teheran, purtroppo è ormai una situazione certificata, molto concreta. Fatta di armi moderne, finanziamenti enormi, e di tecniche di battaglia che hamas sta copiando dagli hezbollah, come la guerra asimmetrica(*), in cui prendono di mira i civili con grandi missili e non solo con piccoli missili.
Per quanto riguarda i profughi invece, siamo di fronte a una questione molto complessa. Ormai si tratta dei nipoti e anche dei bisnipoti, quattro generazioni di discendenti di quei 600.000 che sono divenuti profughi fra il ‘48 e il ‘67 e che naturalmente se venissero in Israele, come appunto prevede il piano saudita(**), distruggerebbero un Paese che ha soltanto 6 milioni di abitanti di cui più di 1 milione sono arabi. Quindi tale ipotesi è del tutto improponibile. Così come è inaccettabile la condizione dei profughi palestinesi, discriminati e privati del minimo previsto dai diritti civili dai paesi arabi, che invece li hanno tenuti lì come manodopera di riserva per il terrorismo palestinese. Senza consentire loro l’integrazione, senza concedere loro cittadinanza (unica eccezione è la Giordania). Quindi si comprende quanto la situazione sia anomala: se pensi agli scambi di profughi e se pensi soprattutto che anche gli ebrei sono stati cacciati dai paesi arabi in numero identico a quello dei palestinesi , cioè più di 600.000. Eppure nessuno ha mai pensato di servirsene come una forza armata di riserva da usare per riconquistare i paesi arabi abbandonati.

Deborah: Cosa pensa delle relazioni tra l’attuale governo italiano e Israele?

Fiamma: Penso che ora come ora ci sia senz’altro un atteggiamento sbilanciato da parte dell’attuale Governo italiano, il quale si dimostra sempre anti-israeliano, poco intelligente nel capire quali siano le ragioni di Israele, infatti non ammette le sue logiche di autodifesa. Addirittura dimostra una simpatia istintiva per il terrorismo di hezbollah e dei palestinesi, soprattutto quando propone che Israele debba comunque intrattenere rapporti con un governo palestinese che ha deciso di non riconoscerlo, che ha deciso di non porre un alt al terrorismo. Quando spinge Israele a confrontarsi con un tale interlocutore, è evidente che non capisce la situazione, non capisce quanto questo sia pericoloso.
La posizione insensata presa da D’Alema in occasione della guerra di agosto scorso contro hezbollah, in cui sosteneva che Israele reagiva in maniera sbilanciata rispetto alla situazione, ne è stata un’ulteriore conferma. Di fatto si è trattato di una situazione in cui Israele era stato aggredito senza nessuna colpa dopo -anzi- aver sgomberato completamente nel 2000 tutta la fascia meridionale del Libano certificata dall’ONU. Un’area dove hezbollah aveva allestito una zona militarizzata in cui sono stati rapiti dei soldati ed è stata istituita una rete di missili, difesi fra l’altro con l’assistenza dei civili nei villaggi e destinata a colpire i civili in Israele. E ancora più inverosimile è il fatto che l’abbia ripristinata una volta conclusa la guerra, perché l’UNIFIL di fatto non ha portato a termine il suo lavoro.
Insomma, tutto questo è chiaramente significativo della totale mancanza di comprensione della situazione mediorientale. Pericolosa per Israele, ma pericolosa per tutti.

Liame: Israele è un paese in guerra da 60 anni, e oggi le prospettive di pace sembrano più lontane rispetto ad altri momenti. Si può imputare ogni colpa solo ad una parte? In caso contrario quali sono secondo Lei gli errori che ha commesso Israele in proposito?

Fiamma: Guarda, è molto di moda sostenere che anche Israele abbia le sue colpe e le sue responsabilità. Io direi invece che Israele ha commesso errori, involontari, che possono accadere in tempo di guerra, per esempio avere alle volte il grilletto troppo facile oppure colpire malauguratamente dei civili, senza peraltro intendere affatto colpirli. Per il resto, dal 1948 in avanti addirittura subito dopo la conclusione della prima guerra, ho sempre visto una grande disponibilità da parte di Israele verso quanto le ha sempre richiesto il consesso internazionale, ovvero la cessione dei territori. Si può infatti constatare che laddove questa cessione è stata accettata come pegno di pace, da parte cioè dall’Egitto e dalla Giordania, la pace c’è. Da quell’altra parte invece c’è un rifiuto, un rifiuto che è arabo e non soltanto palestinese. Quindi Israele può aver compiuto senz’altro qua e là errori politici, e mi pare che ne abbia anche fatti parecchi, ma non sono paragonabili, invece, all’intenzionalità dell’altra parte. Gli errori di Israele sono preterintenzionali, mentre invece gli errori della parte araba nei confronti della pace sono intenzionali. È evidente quanto la differenza sia fondamentale.

Giannetto: Fiamma, ritiene che un’ipotetica entrata di Israele nell'Unione Europea porterebbe ad un miglioramento della situazione?

Fiamma: Oggi come oggi non la vedo tanto possibile. Mi piacerebbe certo, la ritengo infatti una proposta intelligente e generosa avanzata dapprima dai Radicali. Tuttavia al momento l’Europa è talmente ostile a Israele che l’ingresso nell’UE servirebbe solo, io credo, a legarle le mani. Non riesco a immaginare l’Europa che insorge nel momento in cui Israele subisse gli attacchi terroristici che abitualmente subisce, e magari chissà anche prendere una posizione decisa per catturare i terroristi e per evitare l’attacco successivo. La vedo semmai propensa a limitare il campo di azione di Israele per evitare che possa prendere delle misure a riguardo.

Deborah: Cosa pensa delle pretese di hamas per liberare Gilad Shalit? E del rifiuto di hezbollah di dare notizie sui due soldati catturati?

Fiamma: Penso che questa sia, da parte di hamas, una novità, mentre da parte di hezbollah è sempre accaduto. Ormai sono anni e anni che mettono in atto i rapimenti, una pratica molto costosa, un sistema che colpisce chi in quel momento non se l’aspetta, soldati in stato di non belligeranza fermi sul confine. Come lo era Gilad Shalit, un ragazzino di leva che faceva la guardia e non era impegnato in nessuna operazione. Lo stesso vale per Ehud Goldwasser e Eldad Regev, impegnati nel servizio di pattugliamento. Nessuno di loro era in guerra e sono stati rapiti, un atto inqualificabile, e vengono trattenuti ancora oggi senza che venga fornita alcuna notizia alle famiglie, non si sa infatti se sono vivi o morti. Il rapimento è un mezzo ripugnante ed è sempre più di moda purtroppo, sempre più utilizzato non soltanto nell’ambito del conflitto arabo-israeliano, ma in generale. È utilizzato da tutte le forze integraliste islamiche. Si pensi che a Gaza soltanto nell’ultimo anno sono state rapite 18 persone fra giornalisti e operatori. Israele scambia enormi numeri di prigionieri per riavere le persone sequestrate. Nel 2004 Sharon per ottenere il rilascio di un commerciante israeliano che era stato rapito e i corpi di altri 3 soldati (o anche parti di quei corpi, perché purtroppo assistiamo anche a questo, al commercio di parti del corpo da parte di hezbollah) rilasciò circa 700 terroristi. Gente regolarmente incarcerata e processata. Insomma ben altro status rispetto a quello di rapiti e paradossalmente alcuni di loro sono persino tornati a fare i terroristi. Quindi da parte di Israele si assiste a un impegno notevole nei confronti delle famiglie dei soldati, ragazzini che vivono tre anni in un servizio militare fra i più pericolosi del mondo e promette loro “faremo qualsiasi cosa per liberarvi se per caso doveste cadere prigionieri”. Tuttavia al momento la situazione è tale, così aggressiva, così pesante che forse questa strategia va ripensata, va rielaborata. Infatti pur trattandosi di un atteggiamento generoso, a favore della vita e pur delineando la psicologia di Israele in modo positivo, ha come effetto collaterale che l’intero fronte terrorista si ringalluzzisce e viene incentivato a commettere altri rapimenti. E soprattutto restituisce mano d’opera per gli attentati terroristi.
Diciamo che anche in questo senso si crea un disequilibrio fra le due parti.
Sì senz’altro. Insomma c’è sempre questo enorme disequilibrio. L’odio anti-israeliano è così ripugnante a qualsiasi persona civile, che sinceramente è un problema in se per sé. Immagina come sarebbe l’interlocuzione se ti trovassi a discutere tutto il tempo con qualcuno che ti grida addosso e bestemmia incessantemente.
Sarebbe una comunicazione complicata.
Ecco. Ed è esattamente questo: una comunicazione complicata.
È necessario prendere in considerazione che c’è questo problema ulteriore, quello della comunicazione.

Downunder: La recente guerra con Hezbollah in Libano ha, secondo Lei, ottenuto qualche risultato pratico oppure creerà ulteriori problemi per Israele nel medio e lungo termine?

Fiamma: No, no, te lo dicevo prima. È di stamattina la decisione degli israeliani di presentare a Ban Ki Moon, il segretario dell’ONU che è in viaggio verso il Medio Oriente, una dimostrazione di come la Siria abbia passato a hezbollah tutte le armi necessarie per rifornire, fino al completo armamento, le sue case matte e le sue riserve. Da ciò si deduce che l’UNIFIL ha fallito la sua missione, perché lo scopo principale era prevenire la possibilità di un futuro conflitto. Questo non è stato fatto e bisognerebbe cercare di agire finché si è in tempo, perché l’atteggiamento di hezbollah non è cambiato: è sempre aggressivo, nessuno li ha fermati. Inoltre quell’esercito libanese su cui tanto si contava e che in effetti ha preso posizione nel sud del Libano come non aveva mai fatto prima, fisicamente intendo dire, non ha però agito contro hezbollah. Al contrario in molti casi ci sono testimonianze che è stato aiutato, per esempio da Jumblatt.

Naacal: Come pensa Israele dovrà agire nei confronti degli insediamenti in Cisgiordania, nell'ottica della possibile nascita di un futuro Stato palestinese?

Fiamma: Ci sono insediamenti che possono essere eventualmente sgomberati e quelli per cui è proprio impossibile, sia per la loro grandezza sia per la loro importanza, per esempio la fascia intorno a Gerusalemme, e Maale' Adomim. È chiaro che non possono essere sgomberati, altrimenti si creerebbe un campo libero da Gerusalemme alla Giordania il che è naturalmente una cosa impensabile data la situazione. Quella è di fatto una porta aperta, non soltanto per i giordani, ma anche per i siriani, per Al Qaeda. Quindi si sente la necessità di un piano strategico solido, è fondamentale rispettare quelle persone che nel corso degli anni hanno investito in quelle zone. È impensabile uno smantellamento senza ponderare ciascun caso.
Però ti voglio dire subito che trovo questo discorso molto prematuro. È inutile parlare di smantellamento di insediamenti quando da quell’altra parte c’è un governo che non riconosce l’esistenza dello Stato di Israele.
Auspico senz’altro che si arrivi ad un punto in cui sia possibile discutere di questo tema, di uno Stato palestinese accanto ad uno Stato israeliano. Per ora lo vedo molto lontano proprio per la presenza di hamas. Vai a leggere la Carta fondamentale di Hamas(***) e magari fornisci anche il link, affinché possano leggere anche gli altri, perché sarà una lettura istruttiva. Leggete che cosa dice e capirete qual è la situazione. È un documento pieno di ferocia, di antisemitismo, di odio per la vita, di desiderio di distruzione non solo di Israele, ma di tutti gli ebrei del mondo.
Insomma, siamo di fronte a una situazione molto dura, una situazione in cui purtroppo parlare di pace è ancora difficile, nonostante i tentativi incessanti del governo israeliano. E nonostante i tentativi da parte dei palestinesi. Sì perché nonostante Abu Mazen cerchi da parte sua di avere un atteggiamento aperto e possibilista, le difficoltà in questo momento restano enormi.

Deborah Fait

 

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