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[b]Informazione Corretta, 14 giugno 2007[/b]

Oramai dobbiamo convincerci, nostro malgrado, che nella regione chiamata Palestina non esiste alcuna chance di normalità. La normalità, in quella regione ed in gran parte del Vicino Oriente, è purtroppo la paura quotidiana di dover

piangere la morte violenta di qualche parente od amico prima che cali la sera. Che siano attentati come in Israele oppure lotte fratricide come nei territori palestinesi poco importa: l’inevitabilità di dover vivere nell’angoscia lascia tracce indelebili sui giovani e sui bimbi, educa a considerare la violenza come un elemento costitutivo della società, incita all’aggressività.

Facciamo la nostra consueta breve panoramica su una piccola porzione di quanto è avvenuto nell’ultimo mese; ma questa volta cercheremo anche di trarne una conclusione politica.

I rudimentali ma ugualmente micidiali missili che quotidianamente da Gaza vengono lanciati su Sderot hanno fiaccato il morale e la consistenza economica di quella popolazione, che si è sentita troppo a lungo abbandonata dal mondo intero. Un missile su una qualsiasi città dell’occidente farebbe molto più rumore (mediatico e diplomatico) delle migliaia di missili caduti negli ultimi anni su Sderot.

Alla fine di maggio i servizi di sicurezza israeliani hanno impedito a due giovani donne di Gaza di commettere due attentati suicidi a Tel Aviv ed a Natanya: affiliate alla Jihad Islamica, avevano seguito un corso di addestramento ed erano stati forniti loro i certificati medici che avrebbero consentito alle due donne di giungere a Ramallah e da qui di farsi ricoverare in un ospedale israeliano (già, perché in Israele i palestinesi che ne abbiano bisogno ricevono le cure ospedaliere senza bisogno di altro che di un certificato medico!).

Il 31 maggio l’emittente televisiva di Hamas, Al-Aqsa, ha trasmesso la cerimonia di fine anno di un giardino d’infanzia dell’Associazione Islamica di Gaza. Nella trasmissione si è dato rilievo ad uno spettacolo di bambini. Questo era il dialogo, introdotto dal presentatore: “Allah Akbar. Lode ad Allah” (ripetuto 3 volte). “Chi è il vostro modello? Il Profeta” (ripetuto due volte). “Quale è il vostro cammino? Jihad” (ripetuto due volte). “Quale è la vostra più nobile aspirazione? La morte per la gloria di Allah” (ripetuto due volte).

Questa è la routine, anche se i nostri media salvo qualche rarissima eccezione (ricordate Topolino usato per indottrinare i bimbi?) la ignorano.

L’attenzione si concentra quasi esclusivamente, oggi, sugli eventi drammatici che a Gaza contrappongono con inaudita violenza le milizie di Hamas e quelle di Fatah . Ma “la” notizia, quella che forse domani non leggerete sui nostri quotidiani, è che per bocca del suo direttore per il Medio Oriente Sarah Whiston, l’ONG umanitaria Human Rights Watch ha accusato esplicitamente entrambi, Hamas e Fatah, di “violare brutalmente i più fondamentali principi umanitari” fino a compiere crimini di guerra mediante “la volontaria uccisione di prigionieri e di civili”. Non solo HRW ha stigmatizzato l’uso di un veicolo mascherato con insegne della stampa internazionale per compiere un attentato, ma ha riferito che domenica scorsa Hamas ha catturato il ventottenne cuoco di Mahmud Abbas, Muhammad Swairki, e lo ha gettato dal tetto di una casa di 15 piani dopo avergli legato mani e piedi; nella stessa notte Fatah ha catturato un sostenitore di Hamas, Muhammad al-Ra’fati, e lo ha gettato dal tetto di un altro edificio. Altri miliziani sono stati uccisi per strada dopo essere stati fatti prigionieri. Sia Fatah che Hamas hanno usato ospedali di Gaza per nascondersi o come campi di battaglia, con sparatorie ed uccisioni mirate che hanno coinvolto le strutture ospedaliere ed inevitabilmente gli ammalati.

La previsione meno gradita ma più realistica è che Hamas vinca questa guerra fratricida: l’Iran, la Siria e gli Hezbollah libanesi hanno addestrato, armato e finanziato i suoi uomini mentre Fatah non ha potuto contare su tali e tanti aiuti. Il mondo si troverà quindi a dover fare i conti con un territorio, Gaza, governato da terroristi e dedito al terrorismo da un lato e con una entità parastatale – la Cisgiordania – debole militarmente e politicamente ma intenzionata a non rinunciare ai rapporti faticosamente avviati con l’occidente.

La soluzione più coerente sarebbe, a questo punto, rinunciare all’ideale noto come “due stati per due popoli” , divenuto utopico, per aggrapparsi a quello certamente meno allettante ma forse ottenibile in tempi rapidi di “tre stati per tre popoli”: uno stato governato da Fatah in Cisgiordania, in pace col suo vicino israeliano, ed uno stato governato da Hamas a Gaza, predestinato ad una guerra che si potrà concludere solamente con una sconfitta definitiva. Questi due stati palestinesi potrebbero stringere accordi dettati dalla contiguità territoriale e dall’identità nazionale oltre che dal senso di opportunità, fino a federarsi; potranno associarsi ai due vicini Egitto e Giordania , ed aspettare in tal modo tempi migliori per unificarsi. Il terzo di questi “tre stati per tre popoli”, Israele, potrà a sua volta vivere in pace con chiunque accetti il suo diritto ad esistere e ne rispetti la sicurezza e sovranità (come già sta facendo) e divenire partner economico e culturale di chiunque lo voglia.

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Prima di concludere aggiungiamo altre due notazioni che possano aiutarci a capire e giudicare.

La prima, tradotta e curata da MEMRI, ci spiega come i fondamentalisti islamici stiano usando Internet contro di noi.

Nei forum islamisti possiamo costantemente verificare che i media occidentali vengono accuratamente monitorati per trarne conseguenze operative, in modo da rendere più efficaci le loro minacce. Facciamo alcuni esempi.

Lo scorso 3 novembre il forum www.mohajroon.com/vb ha segnalato che in una trasmissione televisiva di Spiegel era stato illustrato una innovativa tecnologia americana che avrebbe consentito ai militari di identificare dall’interno dei loro veicoli il nascondiglio dei cecchini attraverso un sistema di microfoni direzionali particolarmente sensibili. Il forum islamista consigliava pertanto di sparare solamente quando il rumore dello sparo avrebbe potuto essere coperto o confuso da rumori esterni.

Il 4 aprile 2007 il forum www.al-hesbah.org riferiva di una trasmissione internet in cui soldati americani raccontavano le loro esperienze in Iraq. Un loro convoglio aveva scoperto terroristi che preparavano un’imboscata e li aveva uccisi. I militari americani, diceva il partecipante al forum, usavano telecamere miniaturizzate collocate sulla punta dei loro missili, che potevano essere orientate dall’interno del veicolo e queste avevano consentito di vedere i mujaheddin nascosti dietro una siepe. Risultato: da allora aumentò la cautela nello scegliere i nascondigli, avendo cura che muri o siepi fossero sufficientemente alti da coprire chi preparava un agguato.

L’11 maggio 2007 il forum http://al-boraq.com riportava un articolo del Washington Examiner sulla collaborazione fra il controterrorismo americano ed alcuni governi arabi, in particolare l’Algeria.

L’11 marzo 2007 il Global Islamic Media Front lanciò un ultimatum alla Germania ed all’Austria chiedendo l’immediato ritiro delle loro truppe dall’Afghanistan, e da allora fu messo in atto un accurato monitoraggio dei loro media per valutarne le reazioni. Il giorno dopo il forum www.al-mohajroon .com già riferiva le prime reazioni ed il 22 marzo www.al-hesbah.org riferiva i risultati di una indagine condotta 5 giorni prima da www.spiegel.de in cui il 57% dei tedeschi si era espresso a favore del ritiro.

Un anno prima, il 4 febbraio 2006, i forum islamisti avevano segnalato una indagine che MSNBC stava conducendo on line raccogliendo le risposte alla domanda “I musulmani sono giustificati per aver organizzato in tutto il mondo proteste contro le vignette che dissacravano il Profeta Maometto?”, per invitare i loro lettori a rispondere affermativamente ed in questo modo falsare a loro favore i risultati (“per assistere i nostri fratelli in Europa ed aumentare la loro influenza” diceva l’invito).

La seconda notazione vuole solamente mettere in risalto il passo di un documento firmato (per ora) da 4.000 scienziati ed accademici non israeliani , tra i quali molti premi Nobel, per contrastare il boicottaggio contro Israele deciso due settimane fa dalla Britain’s University and College Union: “Noi tutti concordiamo sul fatto che separare gli israeliani per un boicottaggio accademico è un errore. Per dimostrare la nostra solidarietà con i nostri colleghi accademici israeliani in questo contesto noi sottoscritti dichiariamo che siamo accademici israeliani in riferimento a qualsiasi boicottaggio accademico. Noi considereremo noi stessi accademici israeliani e rifiuteremo di partecipare a qualsiasi attività dalla quale gli accademici israeliani siano esclusi…Criticare Israele non costituisce antisemitismo…ma separare Israele per sottoporlo a riprovazione e sanzioni internazionali oltre ogni proporzione rispetto a qualsiasi altro gruppo del Medio Oriente costituisce antisemitismo ed è anche disonesto”.

[b]http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90[/b]

 

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