[b]venerdì 8 giugno 2007[/b]

G[b]IUNTINA EDITRICE, Firenze 2007
Novità giugno 2007

Claudio Vercelli

ISRAELE

Storia dello Stato

Dal sogno alla realtà (1881-2007)
[/b]

Euro 18 – Pagine 500
ISBN 978-88-8057-286-2

L’AUTORE

Claudio Vercelli è ricercatore di storia contemporanea presso l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini di Torino, dove coordina il progetto Usi della storia, usi della memoria. È inoltre redattore di Shalom. Mensile ebraico di informazione e cultura. Da molti anni svolge attività di studio, di ricerca e di didattica sul Medio Oriente e sullo Stato d’Israele. Autore di numerosi saggi, comparsi su pubblicazioni e riviste scientifiche, concentra in particolare modo la sua attenzione sulla storia degli ebrei nell’età contemporanea. Sul conflitto israelo-palestinese ha recentemente pubblicato il volume Israele e Palestina: una terra per due (Torino, 2005) e Il conflitto israelo-palestinese tra passato e presente (Vercelli, 2006). Per i tipi della nostra casa editrice ha dato alle stampe Tanti Olocausti. La deportazione e l’internamento nei campi nazisti (Giuntina, Firenze, 2005).

IL LIBRO

Israele è nel cuore e nelle menti dei contemporanei, suscitando passioni e identificazioni, simpatie ma anche rifiuti e dinieghi. Della sua storia, in Italia, si sa ben poco. Ancor meno sono conosciute le ragioni, gli eventi, i fatti che hanno portato alla nascita dello Stato degli ebrei durante un secolo, il Novecento, che ha visto mutare equilibri profondi. Il libro intende indagare sui fatti, sui personaggi, sulle storie che hanno generato lo Stato d’Israele, fino ad arrivare ai giorni nostri. Non un mero resoconto ma una narrazione viva, dal di dentro, delle premesse culturali, politiche e sociali che dalla seconda metà del XIX secolo originano il pensiero sionista e, in rapida successione, l’immigrazione in quelle terre nelle quali, nel 1948, sarebbe nato il nuovo Stato. Di cui viene poi raccontata, nell’intreccio tra cronaca e memoria, l’evoluzione storica, i mutamenti sociali ed economici, le trasformazioni culturali. Insomma, da Herzl a Olmert, passando per i tantissimi che hanno lottato per vedere affermato il loro diritto ad esistere come individui ma anche come parte di una comunità nazionale. Una indagine su quel che è stato, una riflessione su quel che è, un’ipotesi su quel che potrà essere.

Editrice La Giuntina

Via Mannelli 29 rosso

50136 Firenze

E-mail: info@giuntina.it

www.giuntina.it

Tel: 055.2476781 Fax: 055.2349067

Indice

Introduzione

Questo libro

Parte prima

Le premesse

1.1 L’ebraismo e le esperienze storiche di comunità politica prima della nascita dello Stato d’Israele

L’ebraismo biblico e storico: dall’unione alla dispersione

Comunità ebraiche, stati nazionali e diaspora

La condizione diasporica: una nazione senza stato? Un popolo senza società?

1.2 Il Sionismo come moderna ideologia politica
Gli statuti imperfetti: il superamento delle interdizioni israelitiche e i suoi problemi
Le premesse al sionismo politico

La nascita del sionismo politico come fenomeno proprio dell’età del «nazionalismo romantico»

1.3 L’ebraismo europeo a cavallo tra due secoli

L’Europa centrale e occidentale

La specificità dell’Est europeo

Tra sionismo e socialismo
Il sionismo ad Est

Parte seconda

Il percorso

2.1 Il sionismo territorialista

L’evoluzione del pensiero e dell’azione sionista

Le aliyòt nella loro successione storica

L’esperienza delle aliyòt: migrare per rinascere
Lo sviluppo delle istituzioni ebraiche negli anni della Palestina mandataria

I criteri di colonizzazione

2.2 L’yishuv come laboratorio politico

L’ideologia di base del sionismo politico palestinese
Il pionierismo e l’autodifesa
Il controllo del territorio e la sua trasformazione: il socialismo collettivista dei kibbutzim e il ruralismo spartano dei nahallim

«Un popolo senza terra per una terra senza popolo»

L’ideologia dell’«uomo nuovo»

2.3 Gli anni del Mandato britannico
La Palestina mandataria
L’evoluzione del movimento sionista dagli anni Venti agli anni Quaranta
I sionisti, la Shoà e la guerra

Parte terza

Le conseguenze

3.1 Gli anni del travaglio e dell’indipendenza (1946-1949)

La lotta contro i britannici nella Palestina postbellica

Il travaglio

La nascita

Il 1949: un primo bilancio
La difficile attuazione del principio di eguaglianza in Israele: il caso degli arabi israeliani

3.2 Gli anni della costruzione di una identità nazionale (1950-1961)

Gli anni Cinquanta

La sfida di Nasser e la guerra del Sinai
La «Legge del Ritorno» e il dibattito sulla cittadinanza: chi è ebreo e cosa implica l’esserlo?

I fondamenti giuridici del nuovo Stato

La “scoperta” della Shoà

3.3 Gli anni del consolidamento (1961-1967)
1963: l’uscita di scena di Ben Gurion

L’evoluzione del sistema istituzionale israeliano
Il fenomeno migratorio e le trasformazioni sociali del paese

La nascita e lo sviluppo dell’Olp

3.4 Gli anni dell’affermazione (1967-1973)

La guerra dei Sei giorni, la conquista della Cisgiordania e di Gaza e la nascita del fenomeno degli insediamenti ebraici

Da Nasser ad Arafat: i tornanti della politica araba

Un monopolarismo imperfetto: il sistema partitico in Israele prima del 1977

L’economia e la politica degli investimenti occidentali nel paese

La presenza «orientale» e l’antisemitismo arabo

Israele, gli ebrei e l’Urss: la questione dei refuznik e le politiche migratorie sovietiche

3.5 Gli anni della trasformazione interna (1973-1977)

La guerra di Yom Kippur e i suoi effetti militari, politici e umani

Il petrolio e l’Opec

Il declino laburista e l’affermazione di Begin

L’affermarsi degli insediamenti come questione politica: la nascita del Gush Emunim

La separazione di Sadat dall’Urss e la visita a Gerusalemme (19 novembre 1977)

I fedajin e il terrorismo dell’Olp: la seduzione terzomondista del guevarismo mediorientale

3.6 Gli anni della pacificazione armata e della stabilizzazione territoriale (1978-1982)

La destra al governo

Gli accordi di Camp David: la pace della destra

Dopo Camp David: il mondo arabo e la successione di Mubarak a Sadat

Gerusalemme «capitale indivisibile» (Legge fondamentale dell’agosto 1980) e l’annessione del Golan (1981)

3.7 Gli anni della “palestinesizzazione” del conflitto con gli arabi (1982-1995)

Il decennio inquieto

L’operazione «Pace in Galilea» e la guerra in Libano

Gli effetti sull’Olp e in Israele

La prima intifada

L’ultima grande immigrazione: gli ebrei russi

I rapporti tra Usa e Israele

Il Medio Oriente degli anni Novanta: la guerra del Golfo

La nascita e la crescita dell’islamismo radicale nei Territori palestinesi: Hamas, Jihad islamico e Hezbollah

La politica di Shamir e l’avvio dell’epoca negoziale

1992: il ritorno al governo dei laburisti di Rabin

Oslo I e Oslo II

L’assassinio di Rabin

3.8 Gli anni della globalizzazione del paese (1995-2006)

Israele nel mercato mondiale che cambia: gli effetti di lungo periodo sull’economia nazionale

1996: il ritorno al governo del Likud con il nuovo sistema elettorale

La sinistra e la destra israeliane negli ultimi dieci anni: le trasformazioni del «campo della pace» e del «campo nazionale»

Il dilemma tra sicurezza e giustizia: gli insediamenti ebraici da risorsa a problema politico

La politica negoziale con i palestinesi del dopo Oslo: Wye Plantation

L’ “etnicizzazione” del voto e la vittoria di Barak
Il fallimento di Camp David
L’intifada al-Aqsa e l’extrema ratio di Taba

La vittoria di Sharon, il terrorismo dei kamikaze e la logica di morte dei “martiri”

La morte di Arafat e le trasformazioni in campo palestinese

Sharon e i palestinesi
L’Israele del dopo Sharon
La minaccia iraniana e la «seconda guerra del Libano»

L’amministrazione Bush e il «nuovo Medio Oriente», il terrorismo e Israele

3.9 Gli anni a venire e le questioni aperte (oltre il 2006)

Ciò che unisce e quel che divide in Israele: esiste un carattere nazionale israeliano?

«Nuovi storici» o «revisionisti»? Israele allo specchio della sua storia

Miti storici?

Israele, la sinistra e la destra in Italia: seduzioni, tradimenti e fraintendimenti

In conclusione: l’unicità di Israele

Bibliografia ragionata

07/06/2007

Gli israeliani confidano ancora nelle forze armate per la difesa del loro paese
Da un articolo di Yehuda Ben Meir e Dafna Shaked
I sondaggi confermano posizioni da falchi sulla sicurezza e da colombe sul compromesso di pace
http://www.israele.net/articles.php?id=1725

Il professore arabo boicottato dai britannici
Da un articolo di Amir Hanifes
Fin dove pur spingersi lodio ignorante e pregiudiziale?
http://www.israele.net/articles.php?id=1722

Gli arabi volevano davvero attaccare e distruggere Israele
Lo provano i documenti arabi studiati dallo storico Michael Oren
http://www.israele.net/articles.php?id=1721

I giorni che precedettero i sei giorni
Da un articolo di Charles Krauthammer
Non ch un solo piano di pace arabo che non esiga il ritorno allo status quo del 4 giugno 1967
http://www.israele.net/articles.php?id=1720

Ahmadinejad: La distruzione di Israele h vicina
E il ministro degli esteri iraniano sprona alla lotta armata i gruppi terroristi palestinesi
http://www.israele.net/articles.php?id=1718

Reagire al boicottaggio
Da un articolo di Herb Keinon
Lesempio del Premio Nobel Steven Weinberg
http://www.israele.net/articles.php?id=1716

Un nonsenso, e nel momento sbagliato
Da un articolo di Yuli Tamir
Il ministro dellistruzione israeliano sul boicottaggio accademico britannico
http://www.israele.net/articles.php?id=1717

LAutorit` Palestinese serve solo a pagare stipendi
Da un articolo di Khaled Abu Toameh
I palestinesi hanno perso fiducia nella sua capacit` di far rispettare legge e ordine
http://www.israele.net/articles.php?id=1713

Hamas tra potere e clandestinit`
Da un articolo di Ali Waked
Il gruppo jihadista h piy forte, ma anche piy vulnerabile
http://www.israele.net/articles.php?id=1714

Il bluff di Assad
Da un editoriale del Jerusalem Post
La nostra scommessa h che Assad non accetter` di incontrare Olmert
http://www.israele.net/articles.php?id=1712

Fu la guerra dei sei giorni che aprl la strada alla convivenza in Medio Oriente
Da un articolo di Sever Plocker
Sbaglia lEconomist a chiamarla vittoria di Pirro
http://www.israele.net/articles.php?id=1711

Nella sezione STORIA:

Cronologia della guerra dei sei giorni
Laggressore h colui che rende la guerra inevitabile (H. Taine)
http://www.israele.net/sections.php?id_article=1726&ion_cat=

Nella sezione ISRAELE OGGI:

Fratelli autistici
Una ricerca dellUniversit` di Gerusalemme getta nuova luce sui problemi di sviluppo dei fratelli di bambini autistici
http://www.israele.net/sections.php?id_article=1715&ion_cat=

A un professore dellUniversit` di Gerusalemme il premio Sir Zelman Cowen per la ricerca medica
Premiato il lavoro di Nir Friedman nello sviluppo della base di calcolo per lanalisi dei grandi complessi di dati che emergono nel campo della genomica
http://www.israele.net/sections.php?id_article=1724&ion_cat=

Vi invitiamo a visitare la sezione
AMICI UNIVERSIT@ DI GERUSALEMME
completamente rinnovata
http://israele.net/sections.php?section_cat=10006

Ricordiamo che h disponibile il libro:
Ad rivum eundem: cronache da Israele (1990-2006)
Per capire la complessit` del conflitto piy discusso e meno conosciuto al mondo: raccolti in volume piy di 100 articoli sulla storia e la cronaca dello stato di Israele dal 1990 a oggi. Per i lettori del sito www.israele.net, sconto del 30%.
http://www.israele.net/sections.php?id_article=1584&ion_cat=7

Grazie per lattenzione
La Redazione di www.israele.net

Con alcuni software i caratteri accentati potrebbero non essere rappresentati correttamente

Grazie per la vostra comprensione.

Dal sito www.israele.net:

08-06-2007

Cronologia della guerra dei sei giorni

“L’aggressore è colui che rende la guerra inevitabile” (Hippolyte Taine)

14 maggio 1967– L’Egitto dichiara lo stato d’allerta e mobilita le forze armate nella zona del Canale di Suez.

15 maggio – Forze egiziane continuano ad affluire nel Sinai.

16 maggio – L’Egitto muove le forze armate più a est, attraverso il deserto del Sinai, verso il confine israeliano. Il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser chiede il ritiro delle Forze d’Emergenza Onu (UNEF), schierate nel 1957 a garanzia del ritiro israeliano dopo la crisi di Suez.

19 maggio – A seguito della richiesta dell’Egitto, i 3.500 caschi blu dell’Onu vengono rapidamente ritirati dalla penisola del Sinai e dalla striscia di Gaza. Radio Cairo annuncia: “Arabi, questa è la nostra occasione per infliggere a Israele un colpo mortale, annientarlo, cancellarne la presenza dalla terra santa”.

20 maggio – L’Egitto schiera più di 100.000 soldati a ridosso del confine sud-occidentale di Israele. Israele ordina la mobilitazione parziale delle riserve.

22 maggio – L’Egitto chiude gli stretti di Tiran (Sharm el-Sheikh) alla navigazione israeliana. È il casus belli che aveva già scatenato la guerra del 1956, quando l’Onu e 17 potenze marinare avevano dato assicurazione a Israele che il suo vitale diritto di transito nel Golfo di Aqaba sarebbe stato fatto rispettare). Sul piano del diritto internazionale, il blocco degli stretti è l’atto di aggressione che segna l’inizio della guerra del ‘67.

23 maggio – Il primo ministro israeliano Levi Eshkol avverte Nasser della gravità del suo gesto. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si aggiorna senza essere riuscito a concordare nessuna azione per fermare l’escalation.

24 maggio – Su richiesta dell’Egitto, la Giordania, l’Iraq, l’Arabia Saudita, la Siria e il Libano concentrano le loro forze armate (in tutto più di 540.000 soldati) ai confini d’Israele. Leader e mass-media arabi annunciano una guerra di sterminio per “buttare a mare gli ebrei”. Israele ordina la mobilitazione completa di tutti riservisti (260.000 soldati su meno di tre milioni di abitanti) e avvia una campagna diplomatica per porre fine al blocco navale egiziano. Il primo ministro Eshkol dichiara: “Agli stati arabi, compresi Egitto e Siria, voglio dire che noi non cerchiamo la guerra, non vogliamo attaccare. Lo abbiamo ripetuto infinite volte: non intendiamo colpire né la sicurezza, né il territorio, né i diritti dei vostri paesi”.

27 maggio – Il presidente Nasser dichiara: “Il nostro obiettivo di fondo sarà la distruzione di Israele. Il popolo arabo vuole combattere. Il significato del blocco di Sharm el-Sheikh è quello di uno scontro con Israele: avendo adottato quella misura siamo obbligati a prepararci ad una guerra generale con Israele”.

30 maggio – Egitto, Siria e Giordania firmano un patto militare di difesa comune. La Giordania mette le proprie forze armate sotto il comando egiziano. Radio Cairo proclama: “Con il blocco del Golfo di Aqaba a Israele restano solo due possibilità: essere strangolato a morte dal blocco militare ed economico arabo oppure entrare in guerra ed essere distrutto dal fuoco delle forze arabe da sud, da est e da nord”.

31 maggio – Il presidente iracheno Abdel Rahman Aref dichiara: “L’esistenza di Israele è un errore che deve essere rettificato. Questa è l’occasione che abbiamo per cancellare questa ignominia che ci accompagna sin dal 1948. Il nostro obiettivo è chiaro: cancellare Israele dalla carta geografica”.

1 giugno – In Israele viene varato un governo di unità nazionale. Moshe Dayan è ministro della difesa. Il presidente dell’Olp Ahmed Shukairy dichiara: “O noi o gli israeliani, non ci sono vie di mezzo. Gli ebrei di Palestina dovranno andarsene. Agevoleremo la loro partenza dalle loro case. Chiunque della vecchia popolazione ebraica di Palestina che sopravviverà potrà restare, ma ho l’impressione che nessuno di essi sopravviverà”.

5 giugno – Le forze aeree israeliane lanciano un attacco a sorpresa distruggendo a terra l’85% della forza aerea egiziana. A est la Giordania, nonostante la richiesta di Israele di tenersi fuori dai combattimenti, inizia a cannoneggiare la parte ebraica di Gerusalemme e la zona centrale del paese. A nord forze aeree siriane attaccano le raffinerie israeliane nella baia di Haifa e il campo d’aviazione di Megiddo. Le forze aeree israeliane reagiscono distruggendo gran parte dell’aviazione siriana. L’artiglieria giordana bombarda Tel Aviv, quella siriana Rosh Pina.

6 giugno – Le forze israeliane espugnano Latrun, che domina il corridoio Tel Aviv-Gerusalemme, e tagliano la strada Gerusalemme-Ramallah. La Sira bombarda località israeliane nel nord. Le forze israeliane conquistano Umm el-Katef e Abu Ageila nel Sinai e l’Ammunition Hill ai piedi del Monte Scopus (Gerusalemme). Successivamente penetrano nella striscia di Gaza, nelle città cisgiordane di Ramallah, Jenin e Qalqilyah e nel quartiere Abu Tor di Gerusalemme. L’esercito egiziano ordina la ritirata generale. La Legione Araba giordana ordina la ritirata dalla Cisgiordania.

7 giugno – La Siria continua a bombardare le zone israeliane lungo il confine, ai piedi delle alture del Golan. Le forze israeliane entrano nella Città Vecchia di Gerusalemme e arrivano al Muro Occidentale (del Pianto). Le forze israeliane si spingono in profondità nella penisola del Sinai, prendono il controllo della città cisgiordana di Gerico. L’Egitto respinge la richiesta Onu di cessate il fuoco. Paracadutisti israeliani conquistano i passi di Mitla e Jiddi, nel Sinai, alle spalle delle forze egiziane.

8 giugno – Proseguono i bombardamenti siriani sul nord di Israele. L’aviazione israeliana colpisce le postazioni siriane sul Golan.

9 giugno – Le forze israeliane sfondano sul fronte del Sinai fino al Canale di Suez e sul fronte siriano, risalendo le alture del Golan.

10 giugno – Le forze israeliane completano la conquista delle alture del Golan. Viene accettato un cessate il fuoco mediato dall’Onu. Israele ha assunto il controllo di tutta la penisola del Sinai, della striscia di Gaza, della Cisgiordania, della parte est di Gerusalemme e delle alture del Golan.

19 giugno – Il governo di unità nazionale israeliano si dichiara pronto a restituire le alture del Golan alla Siria, il Sinai all’Egitto e gran parte della Cisgiordania alla Giordania in cambio della pace con pieno riconoscimento e normalizzazione dei rapporti con i vicini arabi.

29 agosto-1 settembre – Otto capi di stato della Lega Araba, riuniti al vertice di Khartoum (Sudan), ribadiscono la posizione araba: “No alla pace con Israele, no al riconoscimento di Israele, no al negoziato con Israele”.

22 novembre – Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approva la risoluzione 242 secondo la quale una pace giusta e duratura dovrà essere negoziata dalle parti sulla base dei seguenti principi: ritiro israeliano da (parte dei) territori occupati; fine di ogni rivendicazione e belligeranza, rispetto di sovranità, integrità territoriale e indipendenza politica di ogni stato della regione col diritto di vivere in pace entro confini sicuri e riconosciuti; soluzione equa del problema dei profughi; libertà di navigazione. È la risoluzione che farà da cornice ai negoziati tra Israele ed Egitto (1978-79), alla convocazione della Conferenza di pace di Madrid (1991), ai negoziati fra Israele e Giordania (1994) e tra Israele e palestinesi (anni ‘90).

dicembre 1967-novembre 1968 – Gunnar Jarring, inviato speciale dell'Onu incaricato di avviare il negoziato previsto dalla risoluzione 242, fa inutilmente la spola fra le capitali ma si scontra col rifiuto arabo di intavolare negoziati diretti con Israele.

(A cura di: www.israele.net)

Si veda anche:

Gli arabi volevano davvero attaccare e distruggere Israele
Lo provano i documenti arabi studiati dallo storico Michael Oren
http://www.israele.net/articles.php?id=1721

I giorni che precedettero i sei giorni
Da un articolo di Charles Krauthammer
Non c'è un solo “piano di pace” arabo che non esiga il ritorno allo status quo del 4 giugno 1967
http://www.israele.net/articles.php?id=1720

Fu la guerra dei sei giorni che aprì la strada alla convivenza in Medio Oriente
Da un articolo di Sever Plocker
Sbaglia l’Economist a chiamarla “vittoria di Pirro”
http://www.israele.net/articles.php?id=1711

1967: sei giorni per sopravvivere
Da un articolo di Michael B. Oren
I nuovi documenti confermano che Israele fece di tutto per scongiurare il conflitto
http://www.israele.net/articles.php?id=1706

05-06-2007

I giorni che precedettero i sei giorni

Da un articolo di Charles Krauthammer

Non c'è un solo “piano di pace” arabo degli ultimi 40 anni, compreso quello saudita attuale, che non esiga il ritorno allo status quo del 4 giugno 1967. Perché questa data è così sacra? Perché era il giorno prima dello scoppio della guerra dei sei giorni, con la quale Israele conseguì una vittoria fra le più eclatanti del XX secolo. Da quarant'anni gli arabi cercano di cancellarne le conseguenze.
Il vero anniversario della guerra dei sei giorni dovrebbe cadere tre settimane prima. Il 16 maggio 1967, il presidente egiziano Gamal Nasser chiese lo sgombero dalla penisola del Sinai della Forza d'interposizione ONU che per dieci anni aveva mantenuto una certa pace fra Egitto e Israele. Le Nazioni Unite obbedirono, e a quel punto Nasser impose il blocco navale dell'unico sbocco marino d'Israele verso il sud, il porto di Eilat, un vero e proprio atto di guerra.
Come fu che l'Egitto arrivò a questa provocazione irresponsabile è una storia complicata (raccontata da Michael Oren nel libro “La guerra dei sei giorni”), fatta di intenzioni aggressive combinate con fatali disinformazioni. L’Unione Sovietica aveva passato con urgenza ai suoi clienti mediorientali Siria ed Egitto la notizia, falsa, secondo cui Israele stava ammassando truppe per attaccare il confine siriano. Israele cercò disperatamente di dimostrare l’infondatezza dell’accusa invitando per tre volte l’ambasciatore sovietico a visitare la zona del fronte, ma questi rifiutò. L’allarme sovietico innescò una sequenza di manovre inter-arabe che, a loro volta, portarono Nasser, il campione del pan-arabismo, ad un affrontare mortalmente Israele rimilitarizzando il Sinai e imponendo il blocco a sud.
Perché tutto ciò è ancora oggi importante? Perché le tre settimane tra il 16 maggio e il 5 giugno 1967 aiutano a spiegare la quarantennale riluttanza d’Israele a rinunciare ai frutti della guerra dei sei giorni – il Sinai, il Golan, la Cisgiordania e la striscia di Gaza – in cambio di un pezzo di carta che dovrebbe garantire la pace. Israele aveva ottenuto analoghe garanzie dopo la guerra del 1956 sul Canale di Suez, in seguito alle quali aveva sgomberato il Sinai in cambio di una forza di interposizione ONU e dell’assicurazione da parte dalle potenze occidentali di mantenere libero il passaggio per gli Stretti di Tiran. Ma tutti questo era scomparso a un solo cenno di Nasser.
In quelle tre interminabili settimane, il presidente americano Lyndon Johnson cercò di raccogliere un convoglio di navi di diversi paesi che sfidasse il blocco degli Stretti di Tiran e aprisse la strada al sud d'Israele. Ma il tentativo era miseramente fallito.
È difficile esagerare quello che furono quelle tre settimane per Israele. L'Egitto, già alleato militare della Siria, strinse un patto militare d’emergenza con la Giordania, l'Iraq, l'Algeria, l'Arabia Saudita, il Sudan, la Tunisia, la Libia e il Marocco, i quali cominciarono a inviare contingenti militari per partecipare al combattimento imminente. Mentre truppe e blindati andavano ammassandosi su tutte le frontiere d’Israele, le trasmissioni radio e televisive da ogni capitale araba annunciavano giubilanti l'imminente guerra finale per lo sterminio d'Israele. "Distruggeremo Israele e i suoi abitanti proclamava l’allora capo dell'Olp Ahmed Shuqayri – e per i sopravvissuti, se ce ne saranno, sono pronte le navi per deportarli”.
Per Israele, l'attesa fu debilitante e penosissima. L'esercito israeliano fatto di cittadini dovette mobilitare tutti le riserve. Mentre i cittadini soldati aspettavano sui vari fronti che il mondo venisse in soccorso della nazione in pericolo, la società israeliana era completamente bloccata e l’economia cominciava a dissanguarsi. Il capo di stato maggiore Yitzhak Rabin, in seguito celebrato come eroe di guerra e più tardi come martire della pace, ebbe un crollo nervoso. La tensione di attendere mentre la vita del paese era in gioco, ben sapendo che un’attesa troppo prolunga avrebbe permesso a cento milioni di arabi di sferrare il primo colpo contro il suo paese di tre milioni di abitanti, era talmente intollerabile da renderlo per un momento incapace d’una decisione coerente.
Conosciamo il resto della storia. Rabin si riprese in tempo per guidare Israele alla vittoria. Ma si tende a dimenticare quanto sia stata pericolosa quella situazione d'Israele. La vittoria dipendeva totalmente dalla buona riuscita di un attacco contro l'aviazione egiziana la mattina del 5 giugno. Fu una scommessa di proporzioni incredibili. Israele lanciò quasi tutti suoi 200 aerei in questa missione, esponendola totalmente alla contraerea e ai missili. Se fossero stati intercettati e distrutti, a Israele sarebbero rimasti 12 aerei per difendere il suo territorio – le sue città e i suoi abitanti – dai 900 aerei delle aviazioni arabe.
E si tende anche a dimenticare che l'occupazione israeliana della Cisgiordania fu un fatto assolutamente non voluto. Israele aveva implorato re Hussein di Giordania di tenersi fuori dal conflitto. Impegnato in duri combattimenti con un Egitto numericamente superiore, Israele non aveva alcuna voglia di aprire un altro fronte a soli pochi metri dalla Gerusalemme ebraica e a pochi chilometri da Tel Aviv. Ma Nasser disse personalmente ad Hussein che l'Egitto aveva distrutto l'aviazione e gli aeroporti d’Israele e che la vittoria totale era a portata di mano. Hussein non poté resistere alla tentazione di prender parte al combattimento. Vi prese parte, e perse.
In occasione del 40esimo anniversario di quei fatti, saremo inondati da resoconti di quella guerra, e dagli esercizi esegetici sulla pace perpetua che si spalancherebbe per Israele se solo ritornasse sulle linee del 4 giugno 1967. Ma gli israeliani ci vanno cauti. Ricordano bene il terrore di quel 4 giugno e quell’intollerabile mese di maggio quando, senza che Israele possedesse nessun territorio occupato, l'intero mondo arabo preparava furiosamente l’imminente eliminazione di Israele. E il mondo non fece assolutamente nulla.

(Da: Washington Post, 18.05.07)

Nella foto in alto: 23 maggio 1967, riservisti israeliani mobilitati sul fronte sud

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Newsletter di Morasha.it a cura di David Piazza
Kolòt-Voci

Bicentenario del sinedrio napoleonico

di Elena Lattes

Quando nel 1796 le milizie francesi invasero l'Italia, il nostro Paese era diviso in Staterelli nella maggior parte dei quali non esisteva nessuna libertà religiosa. Per questo si può far risalire la prima emancipazione ebraica (e valdese) al 1797, quando Napoleone, portando con sé i venti della rivoluzione francese, abolì ogni differenza religiosa, garantendo così anche la libertà di culto. L'anno successivo Bonaparte impegnato nella campagna d'Africa, abbandonò l'Italia che ricadde sotto il giogo dei reazionari e le violenze antiebraiche scoppiarono sia nei territori che avevano visto il dominio papale, sia in Piemonte e in Toscana, in particolare a Siena e Pitigliano. Nel 1800, però, Napoleone ritornò in Italia, annettendo successivamente al regno di Francia tutti i territori conquistati. Per affrontare l'antigiudaismo dilagante e nel tentativo di riconoscere anche agli ebrei il diritto ad essere rappresentati, ma soprattutto per porre le istituzioni ebraiche sotto il proprio diretto controllo, convocò nel 1806 a Parigi un'assemblea di centoundici notabili di cui 13 piemontesi, 16 provenienti dal resto d'Italia (fra cui alcune figure di spicco come ad esempio i rabbini Jacob Carmi che divenne poi vicepresidente del Sinedrio e Graziadio Neppi di Ferrara) e i rimanenti dalle altre parti dell'Impero.

Questa sua iniziativa non fu accolta da tutti con favore: alcuni ebrei non vollero riconoscere l'autorità dell'Imperatore nelle questioni che li riguardavano. Ma l'opposizione più dura fu da parte dello zar Alessandro di Russia che definì Napoleone l'"Anticristo e il nemico di Dio" e da parte della chiesa ortodossa di Mosca, unitamente a quella luterana di Prussia. Le conclusioni dell'assemblea furono sottoposte al vaglio di un Sinedrio convocato a Parigi nel febbraio dell'anno successivo, formato da 71 membri per due terzi rabbini e un terzo laici. Istituzione quest'ultima, che ricordava il Gran Sinedrio, attivo fino al 72 dell'era cristiana quando Israele cadde sotto i colpi dell'imperatore Tito. Le delibere finali vennero poi trasposte in norme che, con decreto napoleonico del 17 marzo 1808, disciplinavano dettagliatamente la nuova organizzazione e sancivano l'ebraismo come terza religione ufficiale. Si istituirono poi dei concistori locali, per ogni dipartimento o gruppo di dipartimenti che contasse duemila ebrei, ognuno formato da tre laici e due rabbini.

Per ricordare quanto avvenuto esattamente 200 anni fa, grazie all'iniziativa del Dott. Andrea Y. Lattes, l'università di Tel Aviv, la Società israeliana di ricerche napoleoniche e l'ambasciata francese hanno organizzato un simposio dal titolo: "Napoleone e gli ebrei" durante il quale eminenti studiosi e famosi letterati prenderanno in esame (il 31/5) i diversi aspetti di quel periodo: da quello storico a quello giuridico, passando per il letterario, il filosofico e tanto altro ancora. A parlarne, oltre naturalmente l'ideatore, anche nomi illustri come il professor Shlomo Simonsohn, esperto di ebraismo italiano e fra i fondatori dell'Università di Tel Aviv, lo scrittore A. B. Yeoshua e la dr.ssa Fania Oz Salzberger figlia dello scrittore Amos Oz.

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=115&id_art=3455&aa=2007
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Medio Oriente: scarsi sviluppi nel mercato dei capitali

Nel febbraio 2005 si è tenuto Jeddah un meeting organizzato dall’Investment Programme dell’OECD per i paesi del Medio Oriente. L’oggetto dell’incontro era la creazione di una Task Force per lo sviluppo del sistema finanziario della regione nel biennio 2006-2007. Il documento finale prevedeva principalmente sei raccomandazioni per migliorare il mercato dei capitali. Nonostante qualche tentativo di liberalizzazione e di riforma, più accentuato in qualche paesi rispetto ad altri, a metà 2007 tali suggerimenti rimangono per larga misura inascoltati.

Leonardo Baccini

Equilibri.net (07 giugno 2007)

Le sei saccomandazioni dell’OECD ai Paesi del Medio Oriente
La maggior parte dei paesi mediorentali ha la necessità di liberalizzare e modernizzare i mercati finaziari. Infatti, in Medio Oriente l’intermediazione finanziaria tende ad essere dominata dale banche, la maggior parte delle quali è di proprietà statale. Inoltre, molte istituzioni finanziarie private sono controllate dallo stato o sono gestite da gruppi di interesse che tendono a utilizzarle per raggiungere obbiettivi dettati dalla politica industriale nazionale. Come fa notare l’Investment Program dell’OECD, le economie dei paesi mediorentali beneficerebbero notevolmente dalla modernizzazione del sistema finanziario dal momento che la maggior parte di loro condivide gli stessi problemi strutturali: un elevato tasso di crescita della popolazione, un livello basso di risparmio interno e alti tassi di disoccupazione. Comunque, sempre secondo l’OECD, la modernizzazione finanziaria dovrebbe riguardare anche i paesi mediorentali scarsamente popolati e ricchi, dotati di risorse petrolifere. Questo rappresenta infatti l’unico modo per questi paesi di divenire centri finanziari internazionali e di diversificare le proprie economie ancora troppo incentrate sul greggio e sulle attività ad esso legate.

La prima raccomandazione dell’Investment Program dell’OECD ai paesi mediorentali è perciò tutta incentrata sulla liberalizzazione e la deregolamentazione dei mercati finanziari. Più precisamente, l’OECD chiede di modernizzare il sistema finanziario per creare occupazione e innovazione tecnologica. Inoltre, chiede di ampliare il range di servizi e prodotti finanziari, di migliorare l’attività di controllo allineandola agli standard occidentali e di consentire alla concorrenza straniera di competere sul mercato finanziario alle stesse condizioni degli investitori interni.

La seconda raccomandazione è invece incentrata sulla necessità di ulteriori sviluppi del sistema finanziario mediorentale. Nonostante le differenze talvolta anche considerevoli tra i diversi paesi della regione, almeno tre caratteristiche li accomunano. In primis, stando a un recente studio dell’IMF, il livello di sviluppo finanziario del Medio Oriente è stato il più basso dopo quello dei paesi dell’Africa Sub Sahariana dagli anni 80’ ad oggi. Questo dato è tanto più allarmante se si pensa agli immensi introiti monetari che il petrolio ha garantito a molti di questi paesi, soprattutto nell’ultimo quinquennio. Inoltre, la maggior parte di dei paesi mediorentali ha la tendenza di esportare I propri capitali in occidente, anziché investirli nel mercato interno. Sempre secondo IMF, questo è dovuto principalmente a un eccessivo intervento del governo nell’economia, a una bassa qualità delle istituzioni, e all’inefficienza e al sottosviluppo del mercato dei capitali. Infine, la maggior parte degli investimenti finanziari si concentra patologicamente nel sistema bancario, anziché bilanciarsi equamente tra crediti bancari, bond e equity, come sarebbe auspicabile in economie sane. Solo per fornire un esempio, nel 2004 le attività bancarie rappresentavano 85% degli investimenti finanziari in Medio Oriente, mentre erano il 45% in Asia, il 41% in Europa e il 35% in America Latina (Global Financial Stability Report).

La terza raccomandazione può essere così riassunta: l’OECD suggerisce di modernizzare il sistema legale e normativo del mercato finanziario mediorentale, promuovendone l’integrazione nel mercato finananziario globale. Chiede anche di migliorare la trasparenza del sistema bancario, di favorirne la privatizzazione e di diversificare gli investimenti finanziari mitigandone la dipendenza dal sistema bancario.

Nella maggior parte dei paesi mediorentali, le aziende quotate in borsa sono poche. Inoltre, come già detto, molte delle aziende quotate sono di proprietà dello stato. Le poche imprese private sono familiari e sono caratterizzate da una scarsa trasparenza interna. Azionariato incrociato e accordi tra azionisti sono metodi ben collaudati per garantirsi un controllo assoluto delle aziende quotate, evitando scalate di borsa. La tabella sotto mostra la concentrazione delle imprese in Medio Oriente, comparandola con alter regioni.

Average Company Size (in $ millions)
10 Largest (% of MC)

MENA
80
MENA
54.4

Africa
232
Africa
44.3

Emerging Europa
123
Emerging Europa
63.9

Latin America
294
Latin America
41.1

Emerging Asia
118
Emerging Asia
38.6

Conseguenza di questa patologica concentrazione imprenditoriale, il risparmio istituzionale di questi paesi è molto basso. Alcuni paesi, come Arabia Saudita, Egitto e Giordania, hanno un sistema di fondi pensioni abbastanza sviluppato, ma anche in questo caso gli investimenti nel mercato dei capitali interno è piuttosto ridotto. In tutto il Medio Oriente poi gli investimenti del risparmio in fondi pensioni o in piani di investimento collettivo (CIS) rappresenta una percentuale molto bassa del prodotto interno lordo.

La quarta raccomandazione è incentrata sulla necessità di rafforzamento del sistema di investimento istituzionale. Secondo l’OECD questo può essere raggiunto soltanto migliorando la difesa dei diritti di proprietà, la trasparenza e la protezione degli investitori private e riformando il sistema fiscale e il regime di bancarotta cosi’ da creare un ambiente propizio per gli investimenti.

La quinta e la sesta raccomandazione vertono entrambe sulla necessità di una riforma del mercato dei capitali in modo da attrarre investimenti esteri. In particolare, l’OECD suggerisce di omologare la regolamentazione interna a quella dei paesi occidentali e di permettere alle imprese straniere di essere quotate nei mercati borsistici locali. Infine, la cooperazione intra-regionale dovrebbe essere ampliata, aumentando la quotazione e lo scambio di strumenti finanziari, esplorando la possibilità di lanciare piattaforme regionali di contrattazione e più in generale migliorando l’integrazione dell’area mediorentale.

La settima e ultima raccomandazione riguarda il settore industriale. L’OECD suggerisce che rafforzare lo sviluppo delle Piccole e Medie Imprese (SME) deve essere l’obiettivo principale di politica industriale in Medio Oriente. Infatti, esiste un ampio consenso tra gli analisti che le piccole e medie imprese, specialmente quelle che utilizzano le nuove tecnologie, garantiscono, a livello macroeconomico, tassi di crescita economica elevati. L’OECD mette in guardia contro la possibilità che un sistema finanziario inappropropriato possa rivelarsi un grave ostacolo per lo sviluppo di queste aziende. La settima raccomandazione invoca un sistema di agevolazione finanziaria per le imprese che investono in Ricerca e Sviluppo (R&D), specialmente per le SME più competitive alle quali la “finanza Islamica” dovrebbere riservare un trattamento privilegiato.

Conclusioni
Le riforme strutturali suggerite dall’OECD sono una vera sfida per la classe dirigente dei paesi mediorentali. Tale sfida non è solo impegnativa, ma è anche urgente. Infatti i provenienti petroliferi accumulati in questi cinque anni di elevato prezzo del greggio devono essere investiti al più presto e in maniera efficiente. Il momento sembra propizio perché le aziende più importanti della ragione hanno fatto capire che sono disposte a investire sul mercato interno anziché nei mercati offshore. Senza un’adeguata riforma del mercato finanziario, il mercato del Medio Oriente sarà sempre soggetto alle crisi cicliche e congiunturali del capitalismo mondiale. Inoltre, in paesi con una forza lavoro in rapida e costante espansione e elevate tassi di disoccupazione, la necessità di garantire risorse finanziarie in modo tale da incrementare l’occupazione è un problema serio, non solo per quanto riguarda la crescita economica, ma anche la stabilità politica. A questo “problema serio” non possono sfuggire nemmeno le ricchissime monarchie petrolifere del Golfo.

Comunicato della mostra : 52a Biennale di Venezia: Padiglione Israele
Il Padiglione d’Israele trasformato in un rivestimento esterno per l’installazione.

Yehudit Sasportas: Guardians of the Threshold
(I Guardiani della Soglia)

Rappresentante dello Stato d’Israele alla Biennale di Venezia è l’artista Yehudit Sasportas, che espone un’installazione di grandi dimensioni: I Guardiani della Soglia.
Sasportas, figura di spicco nella scena internazionale dell’arte contemporanea oltre che vincitrice di numerosi premi, ha partecipato a svariate collettive a livello mondiale, ed ha esposto con individuali nelle più importanti gallerie e musei.
Ne ‘”I Guardiani della Soglia” l’artista adopera diverse tecniche di comunicazione, includendo il disegno, la pittura, la scultura e l’architettura, al fine di trasformare l’edificio modernista del Padiglione d’Israele, che si sviluppa su tre piani, in uno spazio di virtuale fantasia, sfumando i confini tra interno ed esterno.

“L’opera della Sasportas testimonia la sua affinità con l’architettura modernista, eco della personale visione utopica che l’artista ha assimilato nella sua infanzia in Israele” dice Suzanne Landau, curatrice del Padiglione d’Israele. “Lo spazio del Padiglione ai Giardini non solo risulta vicino al suo interesse per il modernismo, ma è diventato parte integrante del lavoro esposto”.

Al piano terra del Padiglione è posto uno schermo, e su di esso un disegno ricco di luce, di foreste e di spazi aperti, usato come unica fonte di luce in quello spazio buio.
Al primo piano viene proiettata in un “buco immaginario” nel muro l’immagine di un enigmatico panorama con uno stagno al centro, creando un’apparenza che essa si sviluppi al di là della superficie del muro.
Nei cancelli adiacenti sono esposti due disegni raffiguranti forme e costruzioni geometriche spezzate, nelle quali si scoprono le uniche immagini urbane dell’installazione.
Il riflesso dell’immagine dello stagno si rinviene in una grande scultura tridimensionale situata al piano superiore del Padiglione, dalla quale si levano aghi lunghi e sottili, mentre un disegno vicino rispecchia lo spazio aperto. Una facciata modernista e monumentale con finestre e disegni che raffigurano riflessi di alberi copre la parete più alta dell’edificio, che si erge lungo tutti e tre i piani.
L’installazione s’intreccia con gli elementi architettonici che servono come entrata ed uscita, i quali subentrano ai confini definiti dello spazio interno dell’edificio.

Nell’installazione “I Guardiani della Soglia” Sasportas giustappone svariati significati ed opposte identità: est ed ovest, natura e cultura, razionalità e spiritualità, includendo in essa le tensioni tra la struttura scultorea modernista e formale e la struttura pittorica emozionale.
L’interesse dell’artista per l’architettura moderna è evidenziato dalla meticolosa precisione nella costruzione delle porte, delle finestre e dei cancelli usando un linguaggio minimalista e rigoroso, in contrasto sia con lo spazio buio ed ombroso, sia con l’atmosfera misteriosa che si respira nel Padiglione, rendendolo evocativo dello spazio interno di una metaforica caverna.

Sasportas realizza ogni disegno miscelando tecniche diverse, in un processo di ‘ibridazione’.
Ogni opera è basata su un’esperienza concreta con la natura, affiancando un lavoro intuitivo basato sulla memoria a disegni di elementi organici: utilizza inoltre alcuni mezzi tecnologici che le consentono di creare abbinamenti multimediali al fine di rappresentare visualmente i suoni che lei stessa registra nella natura.
I suoi numerosi lavori sono dunque il risultato di una fusione tra vari approcci e molteplici risorse.
L’installazione è accompagnata da un catalogo in Inglese-Ebraico-Tedesco.

Yehudit Sasportas:
Guardians of the Threshold (I guardiani della soglia)

Suzanne Landau

L’edificio modernista in cemento del padiglione israeliano è stato trasformato, per la durata della Biennale di Venezia del 2007, in un guscio esterno che accoglie la complessa installazione di Yehudit Sasportas, The Guardians of the Threshold. Una simbiosi tra disegno, pittura, scultura e architettura, l’opera di quest’artista subordina a letture e interpretazioni stratificate lo spazio disponibile.
Fin dall’inizio il lavoro di Sasportas ha evidenziato un’attrazione verso l’architettura modernista, un’eco della sua “visione utopica” che l’artista ha assorbito durante la propria infanzia in Israele. Perciò, l’edificio del padiglione all’interno dei Giardini non soltanto appare in sintonia con l’interesse di Sasportas per il modernismo, ma diventa parte integrante dell’opera nel suo complesso. L’installazione è disseminata di elementi architettonici: la tenda all’entrata, la monumentale struttura (una facciata modernista con finestre e alberi) che copre il muro più alto dell’edificio dirimpetto all’entrata, i due ingressi con porte scorrevoli nel livello intermedio, il grande ingresso al livello superiore. Lo spazio reale, nettamente definito, del padiglione si è trasformato in uno spazio esterno opzionale; le porte e le finestre si sono aperte entro una sfera di fantasia, un apocalittico spazio virtuale.
Nel penetrare dentro il padiglione/installazione, avvolto nell’oscurità ed evocato mediante l’ombra degli alberi, si incontrano varie aperture che agiscono come fonti di luce: disegni che assorbono luce ed emettono luce e dipinti che raffigurano foreste, radure e montagne. Il “buco” proiettato su una parete del secondo piano apre alla visione di un enigmatico paesaggio con palude che si dissolve in una distante nebbia, forse al tramonto, forse all’alba. L’osservatore percepisce una scena illusionistica che si estende dietro al piano del muro e che propone l’immagine di un altro mondo, un punto di partenza. I due dipinti all’interno delle porte adiacenti mostrano le uniche immagini urbane dell’installazione. Le frammentate forme geometriche associate a sagome di quasi-edifici producono entropia, una metamorfosi in direzione di una realtà diversa, fantastica, e di altri scenari. Ridotta a tonalità nere, grigie e azzurre, la scala cromatica rafforza l’atmosfera notturna di tutta l’installazione.
L’immagine della palude riecheggia, al livello superiore, in una grande scultura rotonda tridimensionale che riflette una radura di foresta, raffigurata nel dipinto installato accanto ad essa. Dalla palude fuoriescono innumerevoli bastoncini/aghi sottili che suggeriscono l’idea di un mondo e di eventi subacquei. Le grandi aste sparse intorno alla palude sono forse aghi d’albero ingranditi, parti di radice, oppure lance a guardia della soglia, il subliminale, ma nel contempo giocano con l’impressione di un disegno tridimensionale di linee nello spazio.
Simili a strati di scavo, le fonti multiple dei disegni e dei dipinti di Sasportas si sovrappongono in un processo di ibridazione. I disegni ispirati alla memoria che l’artista ha della propria esperienza diretta della natura si mescolano con disegni realizzati intuitivamente, sulla base di un ricordo o di un altro disegno di natura morta eseguito in studio, e con altri disegni ancora tracciati con la mediazione tecnologica di fotografie scattate dall’artista e proiettate su schermo. Sasportas definisce la propria memoria “archivio dell’inconscio”, che si autoduplica rifrangendo e riflettendo immagini e scenari, volgendosi all’interno e all’esterno: un mondo interiore in cui i sogni e la realtà si mescolano e si fondono. L’installazione di Sasportas è una sintesi di molte identità duplici e significati dicotomici: est e ovest, natura (foresta) e cultura (architettura), razionale e spirituale. Incarna le tensioni tra la formale struttura scultorea modernista e le strutture pittoriche ed emotive, tra la retorica della disciplina intellettuale e il contenuto narrativo. Le composizioni, tecnicamente chiare, di forme rettangolari si contrappongono ai disegni e ai dipinti ma, allo stesso tempo, si fondono con essi – esito, questo, di un lungo processo di virtuosismo artigianale e fonte di un’esperienza spirituale e rivelatrice – per formare un’unità singola, attestando la totalità e l’eterogeneità postmoderna dell’approccio di Sasportas.

Anteprima stampa: 7-9 giugno 2007

Inaugurazione giovedì 7 giugno 2007 ore 13.00

10 giugno – 21 novembre 2007

Ufficio Stampa
Padiglione di Israele
La Biennale di Venezia – 52. Esposizione Internazionale d’Arte
Carola Serminato
carola.serminato@tiscali.it

Prosegue con la vittoria contro Andorra, sotto una pioggia torrenziale, il buon cammino di Israele nelle qualificazioni verso UEFA EURO 2008â„¢.

Campo pesante
Sfida del Gruppo E condizionata dalla pioggia battente, e proprio sfruttando una pozzanghera Roberto Colautti offre a Toto Tamuz l’assist per il primo gol verso la fine del primo tempo. Il raddoppio porta la firma dello stesso Colautti, di testa, all’8’ della ripresa.

Sostegno dall’Under 21
Rispetto alla vittoria di sabato contro l’E.R.J. di Macedonia, Israele cede all’Under 21 l’attaccante Ben Sahar, il difensore Dekel Keinan e il terzino Yuval Shpungin. Restano invece con la nazionale maggiore Barak Itzhaki e Tamuz, che al 3’ confezionano la prima azione pericolosa: il cross Itzhaki è respinto dal portiere di Andorra Koldo Álvarez, Tamuz raccoglie la respinta e calcia sul palo.

Gol del vantaggio
I padroni di casa ci provano dalla distanza con Marc Bernaus, mentre Israele fatica sul campo pesante, ma è proprio il terreno di gioco a favorire gli ospiti al 37’. Koldo sembra poter controllare agevolmente un pallone che anziché rimbalzare si inchioda a terra, consentendo a Colautti di aggirare il portiere e di crossare per l’indisturbato Tamuz.

Vittoria al sicuro
Dopo il gol all’esordio di sabato, Itzhaki prima calcia al lato a inizio ripresa e poi crossa al 53’ per il colpo di testa vincente di Colautti. L’ultimo brivido degli ospiti arriva a dieci minuti dalla fine quando Andorra dispone di un calcio di rigore, concesso per un fallo di Arik Benado su Ildefons Lima. Juli Sánchez calcia però fuori e manca il secondo gol di Andorra nel girone. I padroni di casa riprenderanno le qualificazioni il 22 agosto in trasferta contro l’Estonia, mentre Israele farà visita all’Inghilterra l’8 settembre.

COMUNICATO STAMPA.

Da: Ufficio Stampa SIMOH

A: Con preghiera di darne comunicazione ed ampia diffusione

CASI CLINICI E PERSONALIZZAZIONE DELLA TERAPIA MEDICA:

CONTINUANO A ROMA LE GIORNATE DI STUDIO DEDICATE ALL'OMEOPATIA HAHNEMANNIANA. PRESENTATI NUMEROSI CASI CLINICI CURATI SECONDO LE CONOSCENZE DELLA DISCIPLINA CODIFICATA DA SAMUELE HAHNEMANN. Diverse le patologie prese in esame: dall'Artrite Reumatoide a quella Psoriasica, dalla Sindrome Dismetabolica, al Fibroma Istiocitico, dalle Linfangiti croniche post-radioterapiche, all'Emicrania Muscolo Tensiva, alle Crisi di Panico, ecc. . L'iniziativa è promossa dalla Scuola Italiana di Medicina Omeopatica Hahnemanniana (S.I.M.O.H.) e si svolge nell'ambito dei Corsi di Formazione post-universitaria rivolti ai laureati in Medicina e Chirurgia, in Odontoiatria ed agli Studenti universitari dei rispettivi corsi di laurea.

Roma, 1 Giugno 2007

''La personalizzazione della terapia non è una moda, nè un argomento culturale astratto, ma una precisa realtà medico-scientifica che la medicina omeopatica realizza ogni giorno nello studio e nella cura di ogni singolo paziente, nelle diverse forme cliniche di patologia funzionale o organica che determinano il suo essere malato''. Con queste parole si è rivolta ai colleghi medici la prof.ssa Maria Letizia Salvi, Vice Presidente e Direttore Sanitario della Scuola Italiana di Medicina Omeopatica Hahnemanniana (S.I.M.O.H.), aprendo a Roma, giovedì 31 Maggio, all'Aventino, presso la sede didattica dell'Istituto, l'ultima settimana di studio dedicata nell'anno alla formazione clinica dei medici e degli odontoiatri.

''Più volte come Istituto abbiamo detto che l'omeopatia non è e non può essere considerata in nessun caso una medicina alternativa o l'altra medicina'', ha aggiunto la Prof.ssa Salvi, già Professore di Biologia Molecolare della Facoltà di Medicina e Chirurgia Agostino Gemelli dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. ''Così come è del tutto fuori luogo parlare di medicina integrata" ha aggiunto la Docente. ''Terminolgia, questa, che lascia presupporre un possibile uso promiscuo e semplicistico delle diverse terapie a disposizione del medico, come se ci si trovasse all'interno di un quanto mai deprecabile supermercato della salute. Al contrario'' ha proseguito la Salvi ''l'omeopatia costituisce una specifica visione medico-clinica, teorica e pratica, che, a partire da precisi dati sperimentali elaborati attraverso studi farmacologici condotti su uomo sano e verificati nella clinica, avvalora in modo sostanziale proprio i concetti cardine della scienza medica in generale, che, da Ippocrate ai giorni nostri, si basa in modo imprescindibile sull'individualizzazione clinica, diagnostica e terapeutica del singolo paziente. Questo deve essere il punto di partenza'' ha proseguito la Professoressa ''per tornare a ridare forza, in tutto il campo medico, ad una vera medicina della persona umana, capace di cogliere e curare l'interezza della realtà biologica individuale di ogni paziente, non trattando solo dei singoli quadri morbosi o, peggio, dei singoli sintomi, ma curando l'intero individuo''.

L'Istituto Omeopatico italiano non è nuovo a questo genere di inziative. A Roma, nella Scuola voluta e fondata dal Prof. Antonio Negro, Decano dei medici omeopatici italiani, una volta al mese si riuniscono, per una settimana di studio, medici provenienti da ogni parte d'Italia, dedicandosi all'approfondimento clinico-scientifico della medicina omeopatica hahnemanniana. In un ambiente raccolto e dove regna la quiete (l'Istituto ha la propria sede didattica presso uno dei più antichi Monasteri nel cuore della Capitale) si studia e si ricerca ponendo particolare attenzione alla verifica dei casi clinici trattati e curati secondo le metodologie della disciplina codificata dal medico tedesco Samuele Hahnemann. All'interno di queste sessioni di clinica medica, i medici e gli odontoiatri che partecipano ai Corsi di formazione della Scuola, discutono, sotto la guida di Tutors, le diverse e concrete situazioni cliniche presentate a lezione, avendo la possibilità di interrogare direttamente i pazienti e di prendere visione dei loro dati clinici nonché dei risultati degli accertamenti diagnostico-strumentali effettuati.

Numerosi i casi presentati e discussi nel corso dell'intero anno accademico di studio e diverse le patologie curate attraverso lo studio individualizzato del singolo paziente. Si va dalle artriti reumatoidi, a quelle psoriasiche, dalle sindromi dismetaboliche ai fibromi istiocitici, dalle linfangiti croniche post-radioterapiche, alle emicranie muscolo tensive, alle crisi di panico, ai quadri di rettocolite ulcerosa, al morbo di Crohn. Tutti casi singoli, presentati secondo case report e rigorosamente trattati secondo i dettami dell'individualizzazione clinico-terapeutica promossa dall'omeopatia hahnemanniana.

Per informazioni:

Istituto Omeopatico S.I.M.O.H.

Direzione Didattico-Scientifica

Via Giovanni Miani, 8 00154 ROMA – Tel. 06.5747841 – Fax 06.57288203

ROMA – MODENA – MILANO – NOVARA

www.omeopatiasimoh.net – info@omeopatiasimoh.net

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Ufficio Stampa SIMOH/MC

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